Capitolo 1

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Il ticchettio dei tasti del computer non voleva lasciar in pace la mia mente permettendomi di dormire come un comune mortale.
Mi chiedo perché mai il mio coinquilino dovesse lavorare sul suo aggeggio sempre alle tre di notte, credevo che avesse davvero un qualche problema.

Dopo un'ora che quel rumorino risuonava in quella casa ancora spoglia, riuscivo -forse era solo frutto della mia immaginazione- a sentire ogni suo singolo respiro, il cigolio della sedia a rotelle ormai troppo vecchia per reggere il peso del ragazzo che ci si sedeva sopra e anche i battiti del suo cuore.
Così, cercando di non perdere il senno, decisi di alzarmi per prendere un po' d'aria sul terrazzo. Mi tirai su dal letto riscaldato dal mio corpo e lentamente andai nel corridoio.
Mentre camminavo verso il salotto mi fermai un secondo davanti alla porta di Gregorio e lo sentii borbottare qualcosa d'incomprensibile. Mi sarebbe piaciuto davvero tanto entrare nella sua stanza e dirgli di andare a letto e di fare quello che svolgeva di notte durante il giorno, quando magari io ero in biblioteca e non nel letto.
Mi dirigo verso la grande porta vetrata, la apro e mi appoggio alla ringhiera di metallo scrostato che però nessuno aveva voglia di aggiustare.
Iniziai a fissare il cielo stellato. Le costellazioni erano ben visibili. Il panorama di notte era molto interessante; le luci che uscivano dai vetri dei palazzi illuminavano le strade, che sembravano un secondo cielo stellato, quasi uno il riflesso del primo. Erano rare delle serate del genere in quella grande città che era Milano.
Il giorno successivo ci sarebbe stata un eclissi lunare e speravo vivamente di perdermela e di riuscire a dormire almeno per una notte.
La luce che proveniva dal corridoio e che illuminava sia il salotto che la cucina (le quali si potevano identificare come un unica stanza) si spense, e la casa si riempì di un buio spesso ed impenetrabile.
《Merda!》sentì urlare da Gregorio che uscendo dalla sua stanza sbattè la porta violentemente, si avvicinò al balcone per vedere per quale motivo ci fosse freddo e le tende -messe dalle coinquiline che c'erano prima e mai tolte da allora- si muovessero; mi vide grazie alla luce della luna alta sullo sfondo dietro di me, o almeno vide il contorno della mia figura. Alzai una mano come per dire che ero io e non un ladro pronto ad aggredirlo ed emisi un colpo di tosse.
《Sei sveglio? Come mai?》 Mi chiese. Avevo una grande voglia di rivelarne il motivo, ma allo stesso tempo non avevo alcuna intenzione di litigare con qualcuno con cui avrei dovuto condividere il bagno per un altro anno come minimo.
《Non riuscivo a prendere sonno. L'ansia per gli ultimi esami si sta facendo già sentire》
《Ti capisco! Ed io sono solo al terzo anno》 disse aggiustandosi gli occhiali rotondi, riuscivo a captare i suoi movimenti con difficoltà.
《Ti sei accorto che non c'è più la luce?》dissi cercando di fissarlo più attentamente
《Che sbadato! Ero uscito dalla camera proprio per andare a controllare il contatore...》
《È saltato? Come può essere? Hai pagato la bolletta vero?》
《Certo...che domande! Se non ti fidi valle a pagare tu》
《No figurati...però mi pare strano》
《Non lo so io perché, però di certo non possiamo rimanere al buio》fece una lunga pausa restando fermo davanti a me ...allora io vado a ripristinare la corrente...》 disse insicuro andando verso l entrata del appartamento.
Me lo ricordo come se fosse ieri, quel ragazzo mi era sempre sembrato molto strano, e ogni giorno che passava ne ero sempre più certo. Per fortuna però io trascorrevo molto tempo fuori di casa e quindi non stavamo spesso nella stessa stanza insieme.
Dopo qualche minuto la luce fece scomparire quel mare di oscurità . Gregorio mi salutò con un leggero segno della mano e tornò in camera sua.

Ormai erano le cinque e io dovevo trovare il modo di riposare, non potevo andare a scuola stanco morto, quindi mi riempì una tazza di ceramica di latte e lo scaldai nel forno a microonde e rimasi a guardare attraverso il vetro. Fin da piccolo avevo sempre avuto la voglia di smontare qualsiasi cosa mi capitasse sotto il naso però,per evitare una stringata da parte di mia madre, mi trattenevo e guardavo qualche tutorial su internet. A ventiquattro anni avevo ancora la curiosità di scoprire i meccanismi che facevano "girare il mondo", non solo attraverso video o letture.
Dopo aver bevuto il latte caldo, come un bambino riuscì finalmente ad addormentarmi seppur quel mio compagno di abitazione -si potrebbe dire anche così credo- continuasse a schiacciare quei tasti senza sosta.
Possibile che non li crescessero dei calli nelle dita?

Tre colpi di seguito alla mia porta in legno mi svegliarono da un tanto atteso sonno.
《Anthony, io vado a scuola. Ci vediamo stasera》 mi avvisò Gregorio facendo spuntare dalla porta la sua testa enorme per poi richiuderla.
《Non è possibile》 mugugnai stiracchiandomi, ancora sdraiato nel mio comodo materasso. Quella mattina la lezione del Professor Pollini iniziava alle 10, quindi avrei potuto tornarmene a dormire, però non me la sentivo a rischiare di non svegliarmi in tempo, quindi decisi di mettere un po in ordine la mia stanza.
Ormai erano due mesi che abitavo in quel buco di 65 metri quadrati, la mia roba era ancora amucchiata dentro le scatole, solo qualche tuta, un paio di jeans e una camicia erano appese nell armadio, e quello era il giorno giusto per mettere qualcosa al suo posto.
Mi era stata assegnata una delle due stanzette della casa, più che altro uno sgabuzzino con la finestra. I muri erano di uno schifoso colore verde che non si intonava per niente al giallo canarino presente in tutto il resto della casa. Il muro dietro la testata del letto era rovinato e perdeva intonaco; forse prima di affittare, il proprietario avrebbe dovuto fare qualche lavoretto.
Il bagno era minuscolo e conteneva una doccia dove a stento riusciva ad entrare Gregorio, -lo immaginavo visto la grandezza del suo girovita- un lavandino ed un improbabile water con il coperchio morbido con dei delfini disegnati sopra.
La cucina era tutta fatta di un terribile materiale che non era né legno, né plastica e neppure acciaio. In realtà non me ne sono mai inteso di mobili, però ero certo che quella cosa l'avessero scovata in un negozio di antiquariato a qualche euro, oppure direttamente presa da una discarica. Le sue condizioni lasciavano spazio all'immaginazione; i pensili erano molto instabili e sarebbero potuti crollare da un momento all'altro, dal lavandino saliva una terribile puzza di pesce e tre fornelli su cinque non si accendevano. C'era anche un divano di colore marrone -almeno sembrava di quella tonalità, o era solamente sporco- dove non si sedeva mai nessuno.
In giro per la casa si vedeva che qualche anima rosa era passata per questo luogo. Qualche vaso a pois con dei fiori ormai secchi, dei quadretti e qualche tovaglietta carina faceva capire che qualcuno, in qualche momento negli scorsi anni, aveva riempito d'amore questa casa.

Io e Gregorio invece era già tanto se lavavamo i piatti che usavamo la sera, oppure pulivamo il bagno una volta a settimana. Infondo eravamo maschi, non si poteva pretendere molto da due come noi.
Come ci eravamo trovati tutti e due in quel luogo non me lo ricordo in realtà. So di aver trovato l annuncio della camera in affitto mentre mangiavo qualcosa nel barretto sotto casa e di aver chiamato il proprietario che dopo tre giorni aveva già pronto per me il contratto.
Devo ammettere che non avrei mai voluto lasciare i miei genitori, però dovevo andarmene, ne sentivo il bisogno. Dovevo trovare la mia strada e in quei anni passati a Milano l'avevo trovata finalmente, facendomi dimenticare il mio passato.

Anthony Bright e la terza specie  (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora