capitolo 9, Jeune et Jolie.

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All I want,
nei media.



kim taehyung / min yoongi.

J

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J. Pollock

When I'm in my painting, I'm not aware of what I'm doing.


È difficile accorgersi del cambiamento. Taehyung lo avvertiva. La sua arte soffriva insieme a lui.
Scoccate le prime ore dell'equinozio, proprio come un orologio svizzero, era stato travolto da così tante passioni da non voler lasciare la scrivania del suo appartamento. Pareva più volubile del tempo primaverile, sperimentando sulla pelle tutti i dolori del giovane Werther, con la sola differenza di essere così eccentrico da poter aggiudicarsi il ruolo da protagonista di una qualunque serie televisiva per casalinghe disperate.

I momenti d'ispirazione lo colpivano come una meteora. La sua vena artistica era un incessante saliscendi, tanto violenta da procurargli un mal di testa atroce ed un eventuale autopsia che lo condannava ad overdose per antidolorifici. Non riusciva mai a stare fermo sulla sedia, sempre in cerca della giusta angolazione, e i gomiti che spingevano i fogli ai lati fino a farli scorrere oltre i bordi del tavolo. Strofinava le dita sulla carta quasi nervosamente per dissolverne il colore, sporcando le sue mani di tracce, sfumature di un crimine che lo vedeva coinvolto fino al collo. Il suo modo di disegnare sorprendeva sempre chiunque fermasse il suo sguardo su di lui, pareva un evento ogni volta che sedeva dietro lo scrittorio. Non tutti ne gioivano. Jimin lo evitava fino alla fine della settimana, traumatizzato dalle manie di persecuzione che assalivano l'amico quando l'artista che era in lui si rivelava più terrificante di una maratona di Alien. La sua famiglia, d'altro canto, era sollevata da quando aveva deciso di mettere radici in quella piccola abitazione intorno al lago. Era intrattabile. Dimenticava di mangiare, piangeva ripetutamente per la frustrante consapevolezza di non essere desiderato, e odiava ogni suo lavoro perché l'amava troppo. Era odioso.

"Potresti essere più amabile?" gli ripeteva la Signora Kim quelle rare occasioni in cui si riunivano per cenare insieme. Ogni cena di famiglia si trasformava inesorabilmente in un tribunale, ognuno a buttare sul piatto le accuse che aveva lasciato ribollire troppo a lungo, finché Taehyung si lasciava sfuggire il nome del padre, cosciente che un simile azzardo gli avrebbe garantito un posto sicuro sullo zerbino di casa, la porta che si chiudeva con violenza alle spalle e i singhiozzi della sorella che lo divoravano di sensi di colpa.

Sulle stesse dita si aprivano fastidiose vesciche quando prendeva in mano la matita, la fronte sempre aggrottata a renderlo più brutto di come lo si ricordava. Passava sempre la mano dietro al collo per massaggiarlo, faceva male. Niente era più insolito dello scricchiolio delle sue stesse ossa. Le occhiaie erano poetiche, si giustificava, facevano parte della sua arte travagliata. In molti gli ridevano in faccia ad una simile affermazione, la prima era sicuramente sua madre.

Gondry - k.t., м.ү.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora