L'isola

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Scende dalla barca seguito dalla sua truppa. Sul dorso quella vecchia cicatrice, i suoi occhi ora umili osservano.

È mattina presto. I suoi piedi sprofondano nella sabbia, le mani raccolgono una manciata di granelli che si fa cadere sulla fronte, sul naso, 

sugli occhi, sulle labbra, fra i capelli. Poi crolla a terra, si mischia fra quei granelli, lui, piccolo quanto loro, insignificante per il mondo, 

per l'universo quanto quei granelli per lui eppure si sente vivo, pulsante.

Si alza in piedi, guarda la giungla, cammina. Vi è davanti. Da lì in poi comincia la macchia.

Chiama Oscar, il suo uomo più fidato.

-Oscar lasciatemi solo ora.

-Capitano mi sento di doverla contraddire, ci ha parlato tanto di questo posto e nessuno riuscirebbe a sopravvivere più di un giorno là dentro.

-Oscar so quello che faccio, voi fate quello che volete, ora non c'è più nulla che posso e che potete darmi, è finita l'avventura, è finito il viaggio, ora è giunto per me il momento di ritornare.

-Ritornare dove capitano?

-Ritornare sull'isola.

-Ma perché è così tanto attratto da quest'isola?

-L'isola sono io, è li che ho fatto del mio corpo una macchina perfetta è li che ho commesso i miei più gravi errori. 

È l'isola che mi ha tolto tutto perché non ho saputo viverla. Voglio tornare,  ricominciare, con tutto quello che ho imparato da voi miei uomini, dal mare, dal tempo.

-Capitano le auguro il meglio.

-Oscar come ringraziarla?

-Non dica nulla Capitano.

-Buon viaggio Oscar.

-Buona vita Leopard.

Il cielo con quel grosso monocolo di sole guarda i passi attenti del Leopard che si addentra nella macchia scomparendo agli occhi dei suoi uomini.

Osserva ogni dettaglio. 

Una liana. La tocca. Poi l'afferra. Il suo bicipite si gonfia. 

Negli occhi la consapevolezza dei suoi limiti e delle debolezze. 

Ora l'afferra anche con l'altra mano, è ora l'intero petto a gonfiarsi. 

Riesce a sollevarsi: è appeso.

Si lascia andare ed è nuovo in piedi.

Prosegue la camminata. 

Un fosso largo circa un metro davanti a se, deve saltare ma non se la sente. 

C'è un piccolo ponticello naturale poco oltre, userà quello senza pensare. 

Ora non è tempo per ragionare,  lo ha già fatto in mare per tanto tempo.

Ora deve mettere in pratica quello che ha imparato.

Salito sul ponte per attraversare il fosso sentiva quel richiamo naturale, quello stimolo primitivo che voleva eruttare. 

E dall'altro lato il freno che ancora non avevo levato, quell'eco di paura che lo fermava e ancora lo indeboliva. 

Ma ciò di cui era soddisfatto e pieno era che quel canto primitivo ed esistenziale sì, c'era.

Leopard si darà delle risposte vere, non date per far contenti gli altri o per creare la maschera di una persona che piace agli altri. 

Leopard sarà Leopard nel bene e nel male.

Così comincia la sua nuova vita sull'isola. 

Era tutto nuovo, le piante, la terra, i profumi, i sapori. 

A volte trovava le sue vecchie impronte, vecchi disegni incisi su pietra, lance spezzate, arnesi in legni che utilizzava. Il giorno esplorava l'isola cercando di gestire le paure, la notte era perso. Perso nella nebbia dell'isola. 

Nebbia attorno a lui. Quella sostanza gassosa che lo circondava entrava dentro la sua testa ed affogava le luci annebbiando il razionale. 

Il suo corpo era vigile e più dinamico sull'isola, meno macchinoso ora che si stava riabituando alla terra ferma. 

Ma la sua mente era vuota, non prendeva le parti ancora per paura di non far la scelta giusta.

Perché davvero ora Leopard voleva ascoltarsi, risvegliare la sua natura e gridare le urla che per due anni avevano taciuto!

Un albero pieno di scimmie impazzite  che sbraitavano e si picchiavano era la sua testa e Leopard voleva porre fine a questo circo. 

Voleva trovarsi.

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