Epilogo.

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CAPITOLO DECIMO: Epilogo.



Sei mesi dopo.


Vivere da sola era un'avventura che Astrea non aveva mai affrontato fino ad allora. Sebbene orfana a soli quindici anni, aveva vissuto comunque in compagnia: con Thomas, con Remus, con Magnus e Alec, con Raphael a Lisbona, e anche al DuMort. Dopo la morte di Stan e l'incarcerazione di Sylvie, lei e Raphael si erano divisi: Astrea aveva trascorso qualche mese con Sally all'Hotel in attesa di trovare un posto tutto suo, mentre Raphael aveva lasciato New York. Lasciarsi era sembrata la cosa giusta da fare ad entrambi. Erano state troppe le perdite, troppe erano le ferite che si erano causati a vicenda, e troppi erano i sentimenti distrutti. Inoltre, il nuovo Console Rita Blackwell aveva indetto una riunione ufficiale durante la quale era stata pronunciata tale sentenza: «Astrea Monteverde, nata il ventotto novembre 1996 a Lisbona, con la presente direttiva viene riconosciuta parte dei Nascosti, in quanto possessore di poteri magici estranei ai Figli di Raziel, e pertanto viene estromessa dalla comunità dei Nephilim ed esiliata dalla patria di questi». Le era stato tolto lo stilo e le spade angeliche, così come era stata privata dell'Istituto e della possibilità di essere seppellita nelle Città di Ossa. Astrea non aveva protestato, non aveva parlato proprio, si era solamente alzata e aveva abbandonato Idris. Da quel momento in poi le cose erano cambiate, doveva imparare a vivere come i Nascosti, nonostante le rune. In realtà i Nephilim avevano paura di lei e del suo potere, anche perché non si identificava in nessuna categoria nascosta: non era una strega, ma neanche una Shadowhunters. Era un ibrido, da cui tutti volevano stare alla larga. Ecco perché abitava da sola in un piccolo appartamento nel centro di New York, in un palazzo a due piani, e una vicina anziana davvero fastidiosa. Astrea si era allontanata anche da Magnus e Alec, perché in qualche modo aveva il disperato bisogno di restare sola e trovare equilibrio. Non li vedeva da sei mesi ormai, ogni tanto mandava loro un messaggio per sapere come stessero i bambini. Quel giorno, mentre si allenava con i coltelli, abitudine che non aveva perso, sentì bussare alla porta. Era sicura che fosse la signora Murray, settantenne attempata, che si lamentava per i rumori, ma dovette ricredersi. Quando aprì la porta, le mancò il respiro: Magnus Bane era sulla soglia di casa sua in un elegante completo viola.


"Posso entrare?" la voce dello stregone le provocò una crepa al cuore, erano mesi che non parlavano. Senza dire nulla, Astrea si spostò di lato e lo fece accomodare. Magnus si sedette sul divano e si diede un'occhiata in giro.


"Hai trovato un bel posticino. E' arredata bene."


Astrea rimase in piedi, incapace di sostenere lo sguardo del suo amico.


"Che ci fai qui?"


"Sono qui per Raphael. Devo parlargli."


Astrea parve confusa, e prese posto perché le tremavano le gambe.


"Raphael non è qui. Ha lasciato New York mesi fa, e noi non stiamo più insieme." rispose la ragazza, le mani strette sul grembo, gli occhi remissivi. Magnus si scurì in viso, e allora Astrea capì che non si trattava di una scusa. Il suo cuore prese a battere velocemente per la paura.


"Magnus, che succede?"


Quando Magnus alzò gli occhi, le sembrava di essere tornata indietro nel tempo, nel soggiorno di casa Lightwood-Bane. Ma quante cose erano cambiate in sei mesi.


"Sai bene che l'ho aiutato quando è diventato un vampiro, e vorrei aiutarlo anche adesso. Deve essere difficile per lui essere tornato un mondano, perciò lo sto cercando."


"Nessuno sa dove sia andato. E' semplicemente...sparito. Pensi che gli sia successo qualcosa?" la voce di Astrea mal celava la preoccupazione.


"Sì, potrebbe essere nei guai, ma non possiamo esserne certi. Come mai vi siete lasciati?"

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