Donnie si risveglia nel suo letto 28 giorni, 6 ore, 42 minuti e 12 secondi prima. Solo quella mattina ha sperimentato l'episodio di sonnambulismo che lo ha portato in cima ad una familiare collina. Solo poco prima, a cena, Donnie ha avuto un diverbio con sua sorella maggiore; diverbio che si sarebbe facilmente potuto evitare. Sua madre è appena passata a parlargli, Elizabeth è da poco uscita. Donnie ha già vissuto tutto ciò. Eppure sa che non lo vivrà nuovamente. Donnie sa che non udirà nessuna voce rimbombargli nella testa, quella notte; Donnie sa che nessuno lo sveglierà, né condurrà al di fuori dell'abitazione, quella notte. Donnie sa che non incontrerà nessun coniglio di m 1.80 in nessun viale buio e freddo. E, cosa più importante, sa che il mondo non finirà. Ma tutto ciò (Donnie ne è perfettamente consapevole) solo ad una condizione. Il ragazzo sarebbe dovuto morire. Come un capro espiatorio. Un animale da macello che si fa carico di tutti i mali del mondo prima di redimere il genere umano. Donnie lo sa. Lo sa ed accetta. Il ragazzo sta per essere colpito a morte da una pallottola che non può né vuole evitare. Non una seconda volta.
Un ineffabile senso di solitudine sovrasta il ragazzo. Con ragionevole certezza, infatti, nessuno ricorda né ricorderà mai. Nessuna delle persone con cui Donnie è entrato in contatto nel periodo più significativo della propria esistenza avrebbe ricordato un solo istante vissuto con Donnie. Il ragazzo, lui solo ricordava. Ma ricordava cosa? Parole mai pronunciate, azioni mai compiute: nulla più di questo.
Donnie è sopraffatto da un riso folle e incontrollabile poiché vede. Vede il disegno completo. Un disegno meraviglioso e perfetto. Donnie ripensa a tutto quanto accaduto fino a quel momento, pur consapevole che nulla sia mai veramente successo. Il ragazzo è certo che nulla abbia veramente una fine. Donnie è certo che ci sia ancora così tanto da scoprire, così tante cose da contemplare. È tutto ciò... quando tutto sarà finito.