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Toc, toc.

Qualcuno ha bussato.
Mia madre non bussa solitamente.
Chiede se si può.
L'ho sentita parlare con qualcuno.

Non mi piace quando ci sono altre persone in casa. Potrebbero entrare in camera, magari sbagliando porta o, se mi conoscono, per salutarmi. Se succedesse non saprei che dirgli.

Toc, toc.

Ma soprattutto mi irrita che chiedano di me per sentirsi spiegare la mia situazione e farsi idee. Strana. Sbagliata. Disagiata. Particolare. Odiavo queste etichette già prima di chiudermi qua dentro.

La maniglia si sta abbassando.
Non ho risposto a chi stava bussando. E adesso?
La porta si apre appena.
Uno sguardo sconosciuto sbircia.
Mi vede.
Entra.

È un ragazzo. Mai visto. Avrà più o meno la mia età. Slanciato, occhi chiari.
Cosa vuole? Mi viene l'ansia.
Dovrei parlare? Non mi piace che altri tocchino le mie cose o contaminino il mio spazio.

-Esci.- gli dico. -Per favore va'fuori dalla mia stanza.-

Esce.

Sono quasi sicura di essere sbiancata ma non credo lo abbia notato, qui è una penombra perenne.

Toc, toc.

Allora ce l'ha proprio con me. -Cosa vuoi?- domando.

-Senti io, io sono qua per caso ma sembra che tua madre ci tenga molto al fatto che io provi a farti uscire di lì.-

-Non mi piace parlare direttamente con le persone.- È complicato seguire un discorso in tempo reale. Devi capire i suoni e il senso di ciò che a gente dice. Devi rispondere in modo intelligente e con tono chiaro. È difficile.
Raccatto carta e penna dal pavimento e scrivo un numero di telefono. Faccio passare il foglietto sotto la porta. -Se proprio devi parlarmi usa questo.-

Ora mi scriverà. Perché l'ho fatto? Non è il primo che vuole farmi riuscire da qui. Io non voglio.
Però l'idea di non avere più contatti con nessuno un po' mi spaventa. Lui sembra abbastanza tranquillo, magari è anche simpatico.

Trin.
Messaggio. "Ciao, mi chiamo Elia."

Risposta "Perché sei a casa mia?"

Trin.
"Storia complicata."

È questo il bello dei messaggi. Si pensa a quello che si scrive. Si pensa a quello che si legge. Si pensa a come rispondere. Con calma.

Sono curiosa "Se ti va spiegala."

Trin.
"Ho iniziato a fare alternanza scuola-lavoro. Alla mia classe è toccata un'associazione di collaboratori sociali che mi ha mandato qua."

Sapevo che mia madre era in contatto con questa gente.

"Cosa sai di me?"

Trin.
"Che non esci di casa da cinque mesi e passi molto tempo tra "maledetti aggeggi tecnologici"."

Allora sono cinque mesi.

"Non voglio il tuo "aiuto", ma se devi fare questa cosa per forza puoi fare finta."

Trin.
"Fare finta era la mia idea fin dall'inizio ma tua madre sembra ci tenga molto."

"Che ne sai?"

Trin.
"Ci stavo parlando prima. Era triste."
Dannazione. Odio il fatto che mia madre sia triste per me. Mi sento in colpa.

"Non parliamo di mia madre okay?"

Trin.
"Okay..."

"Comunque adesso ho sonno quindi dormirò."

Trin.
"Alle cinque e mezza di pomeriggio?"

Quindi sono le cinque e mezza.

Trin.
"Comunque io devo andare. Torno mercoledì prossimo."

Quindi è mercoledì.

"Puoi tornare anche tutti i giorni, tanto non otterrai nulla."
Trin.
"Okay..."
Non sembra molto loquace, per fortuna.

Lo sento salutare mamma.

-Certo che è strana sua figlia.- dice lui appena prima di uscire.
Strana. Come se gli altri fossero normali.
Che sonno.

Spero la storia vi piaccia.
Fatemi sapere se volete che la continui.

(Ri)uscire al giorno. Storia di una hikikomoriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora