Svolto il primo angolo e mi fermo per rimettere la giacca. Cavoli se fa freddo. Per giunta tira un vento insopportabile, di quelli che fanno congelare tutta la faccia e riempiono gli occhi di polvere.
Elia ha detto qualcosa di una fermata dell'autobus dietro il cinema.
Vuole che ci vediamo lì?
O era tanto per dire e devo tornarmene a casa da sola?
E se restando per strada incontrassi Giorgio o la sua ragazza? Dovrò spiegargli perché sono ancora in giro.
Non so davvero dove andare.
Adesso il conoscente di Elia si ricorderà di me, penserà che io sia strana. Anche la sua ragazza lo penserà.
Non mi sento bene, ho mal di pancia e mi gira la testa. Non ho mai avuto un vero attacco di panico ma credo che me ne stia venendo uno adesso.
Immagino che la cosa migliore sia fermarmi da qualche parte. Tanto vale andare a cercare la fermata di cui parlava Elia e vedere se arriva.Cammino in fretta per arrivare alla parallela dietro il cinema. Anche ammesso che Elia stesse dicendo di rincontrarci, non penso avesse in mente una fermata specifica, sarebbe strano se ricordasse così bene una zona in cui non vive. A meno che non si tratti di un autobus che prende per venire da me.
Dietro al cinema non vedo nessuna fermata, ma ce n'è una all'isolato prima e una a quello dopo.
E adesso?
Fa freddo.
Fatico a respirare.
Mi guardo intorno per cercare un posto per sedermi ma non trovo niente di meglio del margine del marciapiede. Di marmo. Freddo. Sporco. Una raffica di vento mi fa raggelare e mi tira qualcosa nell'occhio.
Scoppio in lacrime.
Non so bene cosa mi stia succedendo.
E se passasse qualcuno?
E se passasse Giorgio e ricominciasse con la storia del cappuccio? A quest'ora starà ridendo di me con la sua ragazza.
Mi sento soffocare...
D'un tratto sento qualcuno correre sul marciapiede. Si sta avvicinando. Mi ha notata. Non mi interessa se sta venendo per aiutarmi o per farmi del male, non voglio che faccia nessuna delle due cose. Spero che non stia correndo per me e che passando mi ignori.
Dannazione, si ferma proprio alle mie spalle.
Adesso che gli dico?
Dovrei affermare di star bene mentre piango?ELIA -Come andiamo?-
Riconosco la sua voce. Meno male.
Sto ancora piangendo e sono scossa dai tremiti.IO -Mi sento male.- riesco a dire tra i singhiozzi. -Credo sia un attacco di panico.-
Lo sento fare un respiro profondo. Poi si siede accanto a me.
ELIA -Tranquilla Emily, tranquilla ci sono io.- Mi mette un braccio attorno alle spalle. -A volte aiuta.- dice.
Di solito evito il contatto fisico. Ho paura che gli altri notino tremori, piccoli movimenti, il sudore... Però c'è la felpa in mezzo e poi così fa meno freddo.
ELIA -Aspettiamo un attimo e poi torniamo a casa eh.-
Stiamo un po' così, da una parte mi mette ansia ma pian piano riprendo a respirare normalmente.
Cosa mi stava succedendo?
Mi gira ancora la testa.ELIA -Forse ora è meglio che andiamo, sto morendo di freddo. Ce la fai?-
Mi alzo. Appena in piedi ho un giramento di testa. Mi aggrappo al suo braccio per non cadere.
IO -Scusa, mi gira la testa.-
ELIA -Non preoccuparti. Facciamo così.- e comincia a spostare il mio braccio attorno al suo collo così che possa aiutarmi a camminare.
IO -No.- mi ritraggo di scatto.
Un simile contatto fisico non farebbe che rendermi ancora più nervosa, farei più fatica a camminare.
ELIA -Va bene, andremo piano.-
Ci avviamo sul marciapiede. Lui mi sta molto vicino, credo temo che io caschi da un momento all'altro, il che è possibile.
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(Ri)uscire al giorno. Storia di una hikikomori
Fiksi RemajaEmily non sa da quanto tempo non esce dalla sua camera, non sa neppure se è giorno o notte. Poi arriva Elia, che si impegna nel sociale per svolgere le ore di alternanza scuola-lavoro. Riuscirà a tirarla fuori da lì o peggiorerà solo la situazione...