Mio padre è partito il primo gennaio, il giorno dopo il suo arrivo.
Non ho cenato con i miei la notte di capodanno e loro non hanno protestato, non so neanche se abbiano mangiato a casa o siano andati da qualche parte.
L'ho rivisto solo al momento dei saluti. Non ha accennato ad abbracciarmi, decisamente un comportamento poco spontaneo per lui, ma l'ho apprezzato. Mi ha detto di fargli sapere tutti gli eventi che ritenevo importanti.
Cos'è importante per me? Il futuro forse? Avevo deciso di non preoccuparmene. Andare in Canada? Cambierebbe davvero la mia vita?
Ma perché mi faccio tutti questi problemi?

La porta di casa si apre e Yasha lascia la mia stanza per eseguire il check-in ospiti. Un attimo dopo lo sento emettere una serie di strani versi, una sorta di allegro mugugnio. Si comporta così solo quando arriva Elia.
Mi affaccio dalla mia stanza accennando un saluto. Gli ho già raccontato com'è andata con mio padre.

ELIA -E così i miei regali ti hanno causato problemi.-

Non fosse stato per Yasha non mi ritroverei a dover partecipare a una riunione condominiale nelle prossime tre ore e non fosse stato per la pianta nessuno avrebbe mai visto Yasha.

IO -Direi.-

Elia saluta mia madre ed entra in camera.

ELIA -Strano che ti sia degnata di aprirmi la porta. Devo esserti mancato. Comunque indovina cosa ho visto mentre l'autobus stava imbottigliato nel traffico.-

IO -Si presume che io lo sappia?-

ELIA -Giorgio e la sua ragazza...-

IO -Giulia.- interrompo.

Infilo un paio di scarpe, le più comode che ho.

IO -Dici che va bene così?- chiedo indicando il mio outfit da sportivo depresso.

ELIA -E io che mi ero sforzato di vestirmi bene.-

Taccio.

ELIA -Scherzavo dai!-

Penso sia sincero quindi faccio una breve risata, poi alzo il cappuccio da totoro.

MAMMA -Voi andate che io compro il giornale e vi raggiungo.- ci fa gridando dal corridoio.

Inutile farle notare che è già tardi.
Le riunioni condominiali si svolgono in una sala fredda e polverosa all'ultimo piano, una volta da piccola ci sono andata. Pensavo di trovarci un varco magico o qualcosa del genere. Una grande delusione.

Dal momento che sto in compagnia, l'idea di uscire mi fa meno paura.
Apriamo la porta di casa.
Sento delle voci provenire dalle rampe inferiori.
Ma è...
Di scatto Elia mi posa una mano attorno alla spalla spingendomi a salire.

ELIA -Sì è lui. Andiamo.- mi sussurra nel cappuccio.

Saliamo in gran fretta, senza proferire parola, quasi trattenendo il fiato. Mi lascia solo quando siamo davanti alla porta. Non fosse stato lui mi sarei richiusa in casa ancor prima di uscire.
Un variegato miscuglio di sedie mezze rotte è stato ordinato a file parallele.
Prendiamo posto in un angolo. Accanto a me, dopo un cortese saluto a cui rispondo abbastanza serenamente, si siede la vecchietta del terrazzo.
Le due grandi finestre spalancate lasciano entrare il sole freddo di fine inverno e nonostante ciò c'è aria di chiuso.
Ci sono già altri condomini. Cerco di stare vicino ad Elia il più possibile senza che se ne accorga.
Subito arrivano loro.
Giorgio e Giulia, le voci che avevo sentito per le scale. Camminano avvinghiati. Lei nasconde il naso in un fazzoletto, di tanto in tanto starnutisce o tossisce e si sforza di secernere qualche lacrima e di apparire arrossata. Ci lanciano un'occhiataccia.
Elia ricambia, io sotto il cappuccio faccio finta di niente.
La madre di Giulia non ci degna di uno sguardo, come se nulla fosse.

(Ri)uscire al giorno. Storia di una hikikomoriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora