Capitolo 9

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SEBASTIAN, 21 0ttobre 2013

È passata più di una settimana da quando sono arrivato al cottage. Axel si prende cura di me come un fratello maggiore, ed è anche per questo che lo considero tale. "Mi tiene d'occhio", così dice lui.

Passiamo il tempo a bere birra, giocare a carte e, a volte, a fare passeggiate nella neve.

Mi vizia con le grigliate più sostanziose, e almeno è contento se ho ripreso a mangiare.

Mi sento più in forze, ma emotivamente sono ancora a pezzi.

La ferita è ancora aperta. E aver ricominciato a bere non aiuta.

Ho detto ad Axel che deve tornare da Eva, perché è troppo tempo che sono lontani. Nessuno dei due è abituato alla mancanza dell'altro, e non voglio essere la causa di problemi, tra loro.

Ho capito di essere bravo in questo: creare problemi in coppie che avrebbero ottime probabilità di sopravvivere alle crisi. Esistono corsi per diventare un "rovina relazioni sentimentali"? Forse dovrei formarne uno, magari scrivere un libro. Potrebbe essere un'idea, devo proporla a Roman.

Roman.

Chiama quasi tutti i giorni, quando non è impegnato a risolvere i problemi che gli ho causato annullando il tour. Poverino, sempre a gestire i miei casini.

Spesso mi torna in mente quella conversazione che abbiamo avuto nella sua stanza d'hotel. E con lei la sensazione che ci fosse qualcosa di strano.

Non ho detto nulla ad Axel, o ricomincerebbe con le sue macchinazioni. Ancora non capisce come possa essere successo tutto con così tanto tempismo. E soprattutto, come quelle foto, di una vita fa, quando ero un uomo distrutto, siano arrivate tra le sue mani.

Ho voglia di chiamarla.

Di getto, senza pensarci, prendo il telefonino e compongo il numero, non prima di essermi chiuso a chiave nella mia stanza.

Uno squillo... due squilli... poi sento una voce.

Sto quasi per attaccare, poi sento: "Segreteria telefonica, il numero da lei selezionato potrebbe essere spento o non raggiungibile".

Ormai ho imparato a memoria la frase. Per capire cosa dicesse, me la sono fatta tradurre in inglese.

Maledetta voce metallica.

Sono ancora lì in attesa, quando sento il segnale acustico. Mi paralizzo.

Non so che dire, poi faccio finta che ci sia lei dall'altro capo del telefono.

«Mi manchi... mi manchi da morire. È tutto un gran casino, lo so, ho mandato tutto a puttane. E tu adesso sei lontana e... Se solo ci penso mi manca il respiro...», mi si mozza il fiato e capisco che sto singhiozzando. «Non so cosa fare senza di te», dico, e so che è la verità, che me la sono tenuta dentro fino ad ora, ma che è un sentimento che tenevo in incubatrice da un po'.

Riattacco, rendendomi conto che lei non lo saprà mai.

OLIVIA, 25 Ottobre 2013

Arrivo a casa di corsa, e sono ancora sudata per il tragitto da scuola di danza a casa, oltre che per la lezione.

Tutto quel movimento mi mette fame, ma prima mi concedo una doccia.

L'acqua, ora, ha un pallido colore rosa quando lavo i capelli, e in un momento di sfrenato ottimismo arrivo alla conclusione che tutto, prima o poi, passa.

Però cavolo se è difficile.

Andare a lezione mi aiuta, mi distraggo, rivolgo i miei pensieri a sequenze, conti, musica, e così non penso al mio cuore ridotto in pezzi. Dentro quella sala sparisce tutto: problemi, dolori e tristezze, e la mia mente super attiva mi permette un po' di tranquillità. Per prolungare il senso di benessere, sto anche seguendo più lezioni al giorno, e anche se arrivo a casa a pezzi, la sera, sono soddisfatta per essere riuscita a non pensare a lui per tutta la giornata.

#Wattys2016 Saved Love - Una canzone per salvarciDove le storie prendono vita. Scoprilo ora