Capitolo 2

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OLIVIA, 30 Luglio 2013

Quei venti giorni passarono più velocemente del previsto. In un attimo era il giorno prima della partenza, e l'eccitazione era alle stelle. Non so quante telefonate ci scambiammo io e Savannah nella settimana prima della partenza per accertarci di aver preso tutto il necessario per "fare strage di cuori", così diceva sempre lei.

Ma io a dir la verità ero interessata ad un solo cuore, anche se ormai sapevo che non avrebbe fatto differenza quanto sarei stata carina in questo o quel vestito. Andrea non avrebbe mai cambiato idea su di me. Non gli piacevo, punto.

Il problema era che, per quanto ne fossi consapevole... sono sempre stata una dannata ottimista. E uno dei miei difetti peggiori è sempre stata la testardaggine, purtroppo. Non accettavo il rifiuto, non volevo.

Quindi forse mi sbagliavo... mi piaceva così tanto?

Il giorno prima di partire, alle 17,15, presi il treno che mi portò a casa di Savannah. Mia madre mi salutò con un abbraccio più caloroso del solito. Ne gustai ogni istante. Mi sarebbe mancata moltissimo. «Fai attenzione, mi raccomando. E mandami un messaggio quando arrivi a casa di Savannah».

Il viaggio in treno fu rilassante, e in poco meno di mezz'ora arrivai, le solite cuffiette nell'orecchio e lo sguardo fuori dal finestrino.

Savannah abitava a circa venti chilometri di distanza da dove abitavo io, ma nonostante la distanza ci vedevamo spesso. Eravamo, in pratica, cresciute insieme, ed è lei l'unica compagna di banco che ho avuto durante tutta la mia carriera scolastica.

Lei e nessun'altra.

Anche se eravamo diverse come il sole e la luna, molto spesso ci scambiavano per sorelle, e la cosa non ci ha mai sorpreso.

Savannah è mora, con due meravigliosi occhi verdi e un fisico mozzafiato – a dispetto di quello che dice lei – mentre io... beh, avete presente quelle ragazze nella norma, castane, occhi scuri, neanche brutte tutto sommato, ma che non riescono ad attirare l'attenzione di nessuno, per quanto ci possano provare?

Ecco, io sono così.

Non ho mai visto – e a quanto pare anche gli altri – niente di speciale in me, e c'è stato anche un periodo nella mia vita in cui lo specchio è stato il mio peggior nemico... ma si tratta di un capitolo concluso, ormai, anche se la mia autostima non è mai tornata la stessa. Complice anche la mia passione per la danza classica, ho sempre avuto un rapporto molto contrastante e sofferto con il mio corpo. Ma, a distanza di tempo, ho quasi imparato ad amarmi così come sono, nascondendo i miei difetti dietro una buona dose di autoironia.

Ad ogni modo, quando la famiglia di Savi si è trasferita nella casa dove abita ora, tre anni fa, è stato un duro colpo per entrambe. Nonostante tutto non abbiamo permesso che i chilometri ci ostacolassero. Avevamo frequentato le superiori insieme, anche se questo aveva voluto dire viaggi interminabili per lei durante la settimana, e per me durante il week end.

Scesi dal treno e la trovai lì, ad aspettarmi, seduta sul cofano della sua macchina.

Si sollevò gli occhiali da sole sulla testa per domare i suoi ricci e si diresse verso di me per aiutarmi con le valige.

«Mio Dio, ma cosa ci hai messo qui dentro? Un cadavere?», si lamentò mentre caricava il bagaglio più grosso in macchina.

Casa sua era una villetta a due piani, di quelle con il prato all'inglese che si vedono nei film, piscina sul retro e tutto il resto.

Notai che era deserta.

Se c'è una cosa da sapere sulla famiglia Spencer è che la loro casa non è mai vuota.

#Wattys2016 Saved Love - Una canzone per salvarciDove le storie prendono vita. Scoprilo ora