Spesi più tempo di quanto dovessi per prepararmi. Ma pensandoci bene era più che lecito, era il mio primo giorno di scuola, caspita, il primo dopo anni di reclusione in casa. Mamma mi fece notare il mio ritardo nel modo più gentile possibile, anche se le sue smorfie tradivano la sua agitazione, da una parte per il poco tempo che avevamo a disposizione per arrivare in orario, e dall'altra per il solo fatto di dovermi lasciare da sola per mezza giornata. Il pensiero di non potermi controllare la preoccupava, lo sapevo bene, ed era comprensibile.
La macchina sfrecciava sull'asfalto, era tardi.
-Plus rapide, monsier, rapide!- incitò mia madre all'autista che si vedeva in difficoltà ad accogliere le richieste della signora, eravamo già oltre il limite di velocità.
Aurora esultava ad ogni curva slittando da una parte all'altra del sedile, e in modo particolare quando l'auto prese a tutta velocità una cunetta che ci fece saltare sul posto, tanto che mia madre sbatté la testa sul tettuccio.
-Vede di moderare la velocità!- rimproverò il povero autista contraddicendosi. Alla scena Aurora rise, cosa che non riuscii a fare io, da lontano riuscivo a vedere la scuola, e cominciavo ad essere tesa. Mia madre se ne accorse e inavvertitamente mi afferrò la mano e mi regalò uno dei suoi sguardi rassicuranti.
-Bene, direi che è ora- sospirai.
-Su con il morale sorellona, è anche il mio primo giorno di scuola, e guarda come sono felice!- mi mostrò il suo sorriso a 20 denti.
-Hai ragione, vado- con determinazione mi slacciai la cintura e scesi dall'auto. Dopo aver salutato tutti, ed aver aspettato di veder sparire il veicolo dietro l'angolo della strada, presi un respiro, e finalmente mi voltai.
Eccola lì, la High School. In tutta la sua imponenza. Un edificio gigantesco, pieno di studenti. Mi persi ad osservare le centinaia di persone schizzare da un lato all'altro del cortile, entrare ed uscire dal portico d'ingresso. C'era così tanto movimento. Sentii l'adrenalina salire, ero pronta a fare il mio primo passo, ma il piede rimase per un attimo sospeso, per poi tornare al suo posto.
-Nicole!- Una mano sulla mia spalla mi fece voltare e mi ritrovai faccia a faccia con una ragazza –Sei tu?- I suoi occhi divennero lucidi dalla commozione. L'altro suo palmo raggiunse la spalla libera, mi fissò sorridendo a labbra chiuse –Quanto mi sei mancata!- disse, e mi abbracciò. Un abbraccio che mi fece tornare anni indietro, un abbraccio che mi fece sentire come se il tempo non ci avesse mai diviso.
-Corinne- dissi il suo nome rafforzando la stretta, anche lei mi era mancata.
Quando ci staccammo ebbi modo di guardarla meglio, non era cambiata di una virgola, era sempre lei, solo più alta, leggermente meno di me, i capelli lunghi fino a sopra la spalla neri, e i suoi occhi azzurri erano contornati da una marcata linea di matita scura.
-Ma come sei bella!- mi prese le mani, e dondolammo le braccia sorridendo come due sceme –Pensavo che questo giorno non sarebbe arrivato mai.
-E invece eccomi qua! Non ci credo neanche io, mi sembra tutto così assurdo.
-Non hai ancora visto niente!- mi fece l'occhiolino. Rimanemmo lì a fissarci a vicenda, nessuno delle due credeva che l'altra fosse realmente lì, poi ci accorgemmo che attorno a noi la folla si era diramata, erano quasi tutti entrati a scuola –Cavolo è tardi! La lezione sarà già cominciata- Questo bastò a spaventarmi, mi sistemai meglio lo zaino sulla schiena, e insieme ci incamminammo a passo svelto verso l'entrata, "svelto" per così dire. Ci fermammo di fronte alla porta della nostra classe, era chiusa. Corinne non poté non notare il mio fiatone, che avevo, senza riuscirci, cercato di non far notare durante tutto il tragitto, e solo allora sembrò capire, o meglio ricordarsi.
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Con un cuore di carta
Ficção CientíficaL'amore, lo sanno tutti, riesce a farti del bene, ma talvolta è capace anche a ferirti, farti male. L'amore che ho provato è diverso, perché noi siamo diversi. Io volevo amare ardentemente, ma fino a che punto ci si può spingere per amore? Ma quant...