Capitolo 6 - Perché ti crei tante muraglie?

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Perché ti crei tante muraglie?

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Mi risvegliai con il mormorio di Aleksandr nelle orecchie. Aprii gli occhi e me lo trovai davanti, inginocchiato accanto al mio letto. Sorrideva dolcemente, uno stratagemma per farmi fare qualcosa che non volevo assolutamente fare.

«Oggi non c'è scuola» dissi con voce impastata.

«Vieni con me, Mike e Lara in cortile? Hanno appena messo una piscina».

«Ma non è vietato montare i giochi senza il permesso di Kate?»

Kate era l'amministratrice di condominio, nonché nostra vicina di casa. Era contraria ai giochi per bambini in cortile, da quando aveva perso suo figlio Vincent. Non riusciva a superare il lutto, e decise di proibire qualsiasi attività divertente in cortile, che fosse stata banale o meno.

«Tranquilla, a quello ci penserò io. Su, alzati, pigrona.» Mi tirò via le lenzuola di dosso, lasciando che ammirasse il mio pigiama con i coniglietti. Aleksandr rideva sempre. Da ragazza dura che ero, indossavo i coniglietti e i gattini, il che andava fuori dal mio carattere. Mi mostravo sempre acida.

«Smettila di guardarmi il pigiama» protestai.

«Non ci riesco. Detesto doverlo dire, ma sei davvero ridicola».

Mi alzai e rimasi seduta sul letto con le braccia incrociate, un po' offesa. Sentii il suo ridacchiare tremendamente fastidioso, ma come potevo mettere il broncio con lui? Lo faceva solo per scherzare. Forzai un sorriso. Non ci mettevo mai sentimento quando sorridevo, non mi piaceva. Non mi sentivo me stessa. In poche parole, non mi conoscevo. Forse non abbastanza.

«Ha parlato colui che indossava i boxer arcobaleno».

«Avevo otto anni, stronza».

«Sì, ma eri adorabile» lo presi in giro.

Scherzò anche lui, cominciando a ridere peggio di una iena. Lo guardai impressionata. Nonostante le cattiverie che gli dicevo – ogni tanto – non le prendeva sul serio anzi, ci rideva sopra. Era un tipo troppo vivace, il contrario di me.

«Mettiti il costume».

Spalancai gli occhi, sorpresa.

«Perché devo...»

«Non vorrai perderti la festa.»

Strizzò l'occhio e facendo un leggero singhiozzo, uscì dalla mia stanza. Decisi di non farmi troppe domande ed aprii il cassetto del mio comò, posto accanto all'armadio, vicino all'entrata. Il mio letto era proprio davanti. Mi dispiaceva lasciare le lenzuola, ma non potevo dire di no al suo sorriso. M'incantava sempre con la sua allegria. Era contagiosa.

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