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La pistola d'oro.

Lungo il vialetto Frank si alzò finalmente i pantaloni e in macchina guardò male il suo amico come se volesse piazzargli un bel destro sul naso, desiderio che aveva avuto più volte da quando lo conosceva, ma mai realizzato, purtroppo.
«Ma che cazzo! Quella è una ragazzina! Per una scopata ci sono altri modi e poi mi stavi per far perdere il mio spacciatore di fiducia! E non ho neanche finito di pisciare!» lo rimproverò sbraitando come si fa ad un bambino che colora i muri con i pennarelli.
«E' figa e poi cosa gliene fotte a lui! Sa benissimo che non sei come quel ragazzini del cazzo che pagano con le gomme da masticare... E cazzo, abbassati la cerniera e piscia dietro un albero, no?» rispose alzando un sopracciglio come a sottolineare l'ovvietà della cosa.
Frank sospirò per poi ruotare gli occhi in alto, quell'afro era un caso senza speranza, un giorno gli sarebbe piaciuto entrare nella sua testa per vedere cosa diavolo ci fosse, ma magari si sarebbe portato un giubbotto anti-proiettile e anche un casco da motociclista, giusto per sicurezza.
«E poi oggi è martedì...» continuò come a giustificarsi.
«È sabato imbecille!» rise di gusto per quella frase.
Il modo in cui quell'uomo riuscisse a farlo tornare di buon umore in un nanosecondo era sempre stato il punto forte del loro rapporto, anche se effettivamente lui non lo faceva di proposito, era Frank a ridere delle cose serie che diceva.
«Te la trovo io una tizia qualunque e col cazzo che piscio per terra, io sono civilizzato!» disse ancora, ritornando un po' più serio.
«Tu riesci solo a trovare peni, quindi lascia perdere Frank» rise il riccioluto prendendosi una sigaretta, che strinse fra le labbra e facendo girare la chiave nel quadro.
Il motore si accese, e poi che venne messa la prima, la macchina partì.
«Lo sai che non si guida fumando?» rispose l'altro strappandogli la sigaretta di bocca, si meritava qualcosa dopo essere uscito da quella fottuta casa in mutande.
«E dove sta scritta questa cosa?».
«Sul mio culo, vuoi controllare?» ghignò accendendola con l'accendino che tenevano in macchina.
«Okay... Mi fido amico...».
Frank rispose con una bella risata soddisfatta.

Prima che potessero rendersene conto si ritrovarono nel palazzo che Mister Black gli aveva indicato.
Prontamente scesero dalla macchina con la consapevolezza di dover fare bene quel lavoro che gli era stato assegnato.
Il più basso era pronto ad entrare, ma Ray si fermò ad aprire il cofano.
«Che fai?» chiese incuriosito da un atto che non era prassi.
«Prendo la mia nuova bimbina» rispose estraendo una pistola dorata che sarebbe stato più corretto chiamare cannone a mano, se quella era piccola, Frank era alto uno e ottanta.
«L'ho chiamata "Loretta", bel nome vero? Un giorno me la sposerò! E' ancora vergine sai? Non ha mai sparato ad un figlio di puttana, ce l'ho da tre giorni».
«E' bella effettivamente, ma forse troppo vistosa».
Frank era sempre stato fedele al nero classico.
«Non ne capisci niente!» rispose infilandola nei pantaloni e chiudendo il cofano con un tonfo.
Senza aggiungere una parola, si diressero verso l'edificio.
Entrare fu facile, il portone era aperto, ma questo lo sapevano già.
«E comunque attento stasera con il marito di Mister Black» sospirò Ray entrando in ascensore fissando il vuoto e schiacciando il bottone del quinto piano.
«Sinceramente non mi ricordo manco come si chiama, come si chiama?».
«Gerard Way».
«Boh, bene, dubito che possa farmi qualcosa, me lo hanno descritto come una donnicciola rispetto a "marito numero tre", i gusti di Mister Black sono cambiati a quanto pare».
«Sono cambiati già dopo che è passato da quella figona della "moglie numero due", credo si chiamasse Mia, a quel colosso palestrato che gli aveva rotto un fottuto dente con un pugno!».
Il "tin" dell'ascensore li fece uscire con calma non appena le porte si aprirono.
«Non pensavo fosse così idiota da fare una cosa del genere! E che fine ha fatto?».
«In Brasile».
«Almeno là balla la samba, no?».
«Dubito che possa ballare considerando che non si alza dalla sedia molto facilmente e a quanto si dice ha perso anche i gioielli di famiglia».
«Molto tenero il capo questa volta».
«Per questo devi stare attento, si dice anche che, Butch, te lo ricordi? Il pelatone» chiese fissandolo.
«Il parrucchiere?» rispose con aria riluttante.
«Esatto, il parrucchiere, si dice che abbia perso ben tre dita, un piccolo regalino di Mister Black da parte di alcuni nostri colleghi per aver fatto uno shampoo... Come dire... Troppo affettuoso al suo caro nuovo maritino».
«Hanno scopato?».
«No idiota, niente di così grave, era il suo parrucchiere, te l'ho detto, quello gli ha fatto uno shampoo che non è piaciuto al capo e boom!» disse Ray fermandosi un attimo lungo il corridoio per enfatizzare il momento.
«Via pollice, indice e medio» continuò facendo la mossa della mano mutilata mettendo le tre dita incriminate nascoste sotto il palmo.
«Mi sembra un po' esagerata come cosa, che cazzo! E' uno shampoo non un pompino!».
«Mister Black ha un fetish per i capelli rosso fuoco del marito, mi hanno detto che quando si deve fare la ricrescita, nella tinta fa mettere un pochino di "salsa speciale"» spiegò alzando le sopracciglia.
«Che sarebbe...?».
«Varia roba, tra cui il suo sangue, per quello sono rosso... Sangue, appunto».
«Puttanate, e poi dubito che Mister Black abbia del sangue nelle vene» rise Frank.
Ray rise a sua volta.
«E comunque stasera vedrò questi fantastici capelli sempre se sono così fantastici».
«E ti conviene guardarli e basta, credo che Black senta quando qualcuno tocca i capelli di suo marito, ma considerando che la sua anima è maledetta, ci credo che lo sente e magari sente anche quello che diciamo noi adesso!».
«Ma che minchiate Ray! Ti lascio per un anno e sei diventato una pettegola da circolo del cucito peggio di come ti avevo lasciato!»
«Se sono minchiate come ti spieghi che nessuno conosce il suo vero nome? Guarda caso perché se venisse detto tre volte davanti allo specchio, morirebbe all'istante porca troia!».
«Forse non gli piace il suo fottuto nome e non lo dice per questo? Tante persone si sono ritrovate nomi orribili o genitori stronzi che gli hanno dato nomi di merda! A te piace "Raymond"?».
«Certo che mi piace, è da gran figo degno di me! Ma per lui non è così semplice, dai non lo sai neanche tu che lo conosci da quando era un ragazzino coglioncello che vendeva alcol di contrabbando al vicinato e fumava camomilla!».
«Non è che solo perché adesso è uno dei boss più potenti del Jersey sia un specie di Lord Voldemort! E poi io sono leale, non guarderò neanche questo tizio, gli farò solo compagnia per una sera e basta, sai, come quando porti a cena o al cinema la moglie del tuo migliore amico, è solo buona compagnia, tutto qui, non è un appuntamento».
«Pensala come vuoi ma fai attenzione a marito numero quattro!».
«Senti, cambiamo discorso, entriamo nei personaggi, e pensiamo che oggi è un lavoro pulito, quindi io mi faccio una pisciata, tu parli un poco di stronzate con i due o tre tizi, io torno dal cesso, prendiamo la valigetta, facciamo le nostre cose e ce la svignamo! Capito?».
«Non puoi fare pipì dopo che abbiamo finito?».
«Non mi concentro se la devo fare, tu pensa solo a fare ciò che ti ho detto!».
«Come vuoi, magari potrei mostrargli la mia piccola».
«Non credo che gli importi della tua stupida pistola!».
«Ma è dorata, cazzo! D O R A T A. Ho dovuto aspettare due mesi che arrivasse dal Giappone o da dove cazzo doveva arrivare, tutti lo devono sapere!».
«Va bene, va bene, mostra il tuo stupido giocattolino nuovo allora, basta che li distrai».
«Okay amico, adesso entriamo».
Alzò un braccio, ma fu interrotto dalla mano di Frank che lo sfiorò.
Ray si girò con aria confusa.
«Come si chiama?».
«Chi?».
«Il marito di Black».
«Gerard. Perché cazzo me lo hai chiesto di nuovo?».
«Perchè non lo voglio dimenticare! E adesso bussa!».
Meccanicamente Ray bussò, non prima di fare un'espressione scazzata diretta al collega.
«Ogni tanto potresti bussare anche tu!» sussurrò a bassa voce per non farsi sentire dal ragazzo che dall'altro lato stava aprendo la porta.
Frank rispose facendo spallucce.
Dall'appartamento il ragazzo appena vide i due, ebbe una strana espressione, quasi impallidì, nonostante non sapesse manco chi fossero.
Senza indugi Ray e Frank entrarono mantenendo lo sguardo fisso per poi guardarsi intorno, c'erano solo due ragazzi, la situazione era sotto controllo, era andata meglio del previsto.
La casa era piccola, puzzava di muffa misto a fumo, e sembrava stesse per crollare un momento all'altro, neanche la tappezzeria voleva stare attaccata a quei muri sporchi, ricordava uno di quei posti che si affitta per produrre meta, peccato che quei tizi ci vivessero là dentro.
«Buongiorno ragazzi! Come va? Siamo soci del vostro amico Mister Black, vi ricordate di lui, sì? Frankie secondo te si ricordano di lui?».
«Certo, come si potrebbero dimenticare una bella presenza come quella del capo?».
Riuscivano ad essere terribilmente convincenti quando si mettevano d'impegno, facevano comunella senza neanche mettersi d'accordo sulle battute da dire.
«Sa... Salve...» disse il ragazzo seduto che aveva appena posato l'hamburger che aveva in mano.
«Hey tranquillo, continua pure a mangiare, gli amici del capo sono anche amici nostri! Vero Brad? Sei Brad giusto?».
Il ragazzo, ancora seduto, annuì un po' rincuorato da quella cordialità.
Lì Ray sfoderò le sue migliori doti da attore, iniziando a parlare del più e del meno, ma allo stesso tempo mantenendo la sua aria austera dietro alla giacca, voleva incutere timore, anche se forse, ad inspessire quel velo di terrore nelle teste dei due ragazzi era la pistola che aveva fatto uscire dai pantaloni per mostrarla tutto felice e contento come fosse un pacco di caramelle o un peluche.
Diciamo che non poteva suscitare pace zen, soprattutto quando non c'era messa la sicura.
Frank chiese di poter usare il bagno, e la risposta fu ovviamente positiva, gli bastò girare l'angolo della cucina per trovarlo, o meglio seguire la leggere puzza di acqua stantia, era piccolo come un buco di culo, anche se forse quello era un complimento, c'era una finestrella per fortuna e non era messo malissimo, il bianco della tazza era ancora bianco, solo con uno strato di polvere e qualche pelo che non importava sapere da dove fosse arrivato, il cesso di Bob era molto più pulito, ed era casa di uno spacciatore eh. Tuttavia a lui importava svuotarsi la vescica, non doveva starci un'eternità là dentro, e quindi, non toccando nulla, finalmente, fece ciò che doveva fare, non credeva che fosse così tanto difficile fare la pipì in maniera decente, forse sarebbe stato meglio andarci a casa prima di uscire.
Si mise a fissare il soffitto e pensò distrattamente al "maritino", non poteva negare di essere curioso di vederlo, se lo immaginava parecchio altezzoso ed effemminato, magari si sarebbe truccato e messo anche i tacchi quella sera, giusto per imbarazzarlo più di quanto non fosse necessario, in fondo glielo avevano descritto in maniera strana, quindi non era poi tanto impossibile pensarlo così, sicuramente non gli sarebbe piaciuto neanche un pochino. Non sapeva da dove derivasse quella antipatia spontanea, ma era una caratteristica della sua persona, anche se per questo Way, che tra l'altro faceva rima con "gay", aveva un'antipatia particolare, ma tanto sarebbero stati insieme solo per qualche ora, poi lo avrebbe mandato a fanculo, okay, non in faccia probabilmente, anche perché si sarebbe ritrovato un Mister Black molto incazzato e sapeva cosa succedeva quando quell'uomo era incazzato, ed era meglio non saperlo, quindi avrebbe "fanculizzato" mentalmente quell'idiota tinto di rosso. Che poi che senso aveva cambiare colore di capelli? Non che non lo avesse fatto manco lui, ma solamente quando era un ragazzino punk che metteva l'eyeliner! Che poi che stress mettersi a tingere ogni fottuto mese, lui già si rompeva a farsi la barba ogni due giorni, figuriamoci a tenere quella roba sulla testa! Arrivati ad una certa età si cresce e la tinta cominciava ad essere cosa solo per le donne, cosa che forse sto Gerry o come si chiamava, era.
Lasciando da parte questo trip mentale, che manco Ray il martedì, fece per alzarsi i pantaloni, ma una nuvola di polvere gli arrivò dal muro alle sue spalle, girò la testa di scatto ed ebbe un sussulto che lo fece saltare sul muro opposto in un secondo, cosa che lo salvò dalle schegge dello specchio, che si trovava sopra il lavandino, appena frantumato, ma comunque una gli arrivò in fronte, poco sopra l'occhio destro, urlò più per paura che per dolore, ed ebbe la prontezza di prendere della carta igienica per tamponare il sangue. Con la schiena appiccicata alla parete, osservò quei pezzi ancora attaccati alla plastica bianca dove era appiccicato lo specchio, per poi spostare lo sguardo dove era pochi secondi prima, lo fece più volte, come a rendersi conto della distanza mostruosamente piccola che c'era, perché era veramente poca, poi si fermò, quasi stanco di quei movimenti meccanici, si avvicinò al lavandino, dove ci buttò il pezzo di carta impregnata di sangue, di nuovo, vide il suo riflesso moltiplicato in tutte quelle schegge, faceva impressione, poté scorgerlo bene solo in un frammento più grande, sapeva che gli sarebbe potuta andare molto peggio, lo specchio si era distrutto in mille pezzi e tutti e mille potevano essere nella sua pelle, uno non era poi tanto male. Si girò, era ancora scosso, il muro era stato bucato da un proiettile bello grosso, ma di che cazzo erano fatti quei muri? Di cracker al rosmarino? Si vedeva che quella era una fottuta topaia.
Che poi se si fosse ritrovato in quel preciso punto, la pallotta avrebbe preso la sua testa, quindi era decisamente andata bene.
Nelle sue testa passò moltissimo tempo, ma nella realtà solo pochi secondi.
Da fuori si distinse un sonoro e ben piazzato "porca puttana" e quella era la voce di Ray in modalità "WTF?".
Subito dopo altri tre spari, l'uno immediatamente dopo l'altro, quello non voleva dire niente di buono.
Davanti alla porta decise di alzarsi i pantaloni, non li avrebbe tenuti bassi anche questa volta, ma non fece il minimo rumore, anche perché la situazione poteva essere in molti modi diversi e non sapeva chi aveva sparato quei colpi.
Impugnò saldamente la sua arma, e con la mano libera fece una leggera pressione sulla porta in modo che si aprisse lentamente, era pronto al peggio del peggio.
Avanzò fino ad arrivare all'uscio della cucina senza respirare.
«FRANK!» sentì urlare il suo collega.
In quel momento si precipitò in soggiorno pronto a fare fuoco, doveva difendere o vendicare il suo amico, l'avrebbe fatta pagare a quei figli di puttana, eccome!
Era prontissimo a premere il grilletto, una semplice pressione e giustizia sarebbe stata fatta.
Silenzio.
Ci mise qualche minuto ad elaborare per bene la scena surreale, non appena lo fece, abbassò la sua trentotto con un sospiro misto di sollievo e rabbia.
Il riccio lo stava fissando con aria sconsolata mentre reggeva in mano la sua pistola dorata ricoperta di sangue, anche lui effettivamente lo era, e non solo di sangue ma anche di altro schifo che non riuscì a distinguere cosa fosse, non prima di vedere il muro, paragonabile a quelle macchie che gli strizzacervelli ti fanno vedere e tu devi dire cosa vedi, e in quel momento Frank vedeva solo una montagna di merda. Si distingueva molto bene anche il buco che si era creato e che lui aveva visto dall'altro lato. Brad era caduto con tutta la sedia ribaltandosi e arrivando con i piedi sul tavolo, la testa gli saltata in aria, quelli dappertutto erano pezzettini di cervello e pensò che quello fosse lo spettacolo più schifoso che avesse visto, e lui aveva uno stomaco abbastanza forte, ma nonostante questo gli veniva da vomitare lo stesso.
Poco distante c'era il ragazzo che aveva aperto la porta, di cui non ricordava il nome o semplicemente non gli importava, sul divano, immobile.
A quanto pareva, quei quattro colpi erano partiti tutti da Loretta e aveva evidentemente perso la sua verginità.
«La mia bambina! Me l'ha rovinata il cervello di questo coglione!» urlò Ray provando a pulirla con la giacca, ma peggiorò solo la situazione, era tutto sporco anche lui.
«Ma vaffanculo! Che hai fatto? Non potevi aspettarmi cinque minuti?» chiese infuriato.
«Ho sbagliato cazzo! Mi è partito un colpo mentre mostravo la mia piccola a quel figlio di puttana! Non volevo fargli esplodere le cervella!».
«Come cazzo hai fatto a farti partire il colpo? Neanche un principiante si fa partire un colpo, per giunta facendo esplodere teste!».
«Fanculo Frank! Che ne so! Fanculo!».
Frank si allontanò di qualche passo sedendosi sul bancone della cucina, per poi estrarsi il frammento dalla fronte, fece qualche versetto di dolore, ma dopo averlo tolto si sentì meglio nonostante il sangue che scendeva sulla sua camicia, lanciò quel coso per terra, si prese la testa fra le mani e osservò di nuovo la scena, era persino comica.
«Stai bene?» domandò all'afro dopo essersi calmato e posando Loretta sul tavolo.
«Se non consideriamo che ho rovinato un vestito che mi piaceva e la mia piccola, sì sto bene... Tu amico?».
«Ho solo bisogno di un bel cerotto».
Ci fu di nuovo silenzio.
«Almeno Loretta ha fatto quello che dovevamo fare noi due» scoppiò a ridere scendendo dal bancone.
«Voleva far riposare il suo papà» continuò Ray ridendo a sua volta.
«Ma non era la tua futura moglie?!».
«Zitto un po'».

Salve!
So di averci messo una vita, ma proprio non riuscivo a scrivere 🙈
Comunque spero abbiate riconosciuto l'ambientazione della casa dove Jules e Vince uccidono quei tizi, ovviamente le cose sono andate diversamente, ma come luogo immaginate quello 🌈
E comunque non ho niente conto la tinta, io per prima sono rossa tinta lol
A presto!
xoxo

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