Capitolo 17

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Erano le nove precise quando il taxi si fermò nel quartiere Marais, proprio a pochi passi da piazza Saint-Paul. Si trovava al centro della strada, tra le due corsie e in essa nascevano lampioni, alberi e posti di parcheggio di biciclette e vespe. Zona popolata più da auto che andavano e venivano, che da persone. A circondare la piazza, poi, vi erano i palazzi. Alcuni residenziali, altri semplici uffici.

Camminando per il marciapiede, Modesty posò lo sguardo –coperto da degli occhiali da sole più grandi del suo viso- sulle varie targhette poste ai muri vicino alle porte. L'or più erano uffici di avvocati o medici. Più avanti, invece, si trovavano i negozi. Il fruttivendolo, un negozio d'alimentari, un barbiere e un bar. L'unico della piazza: Rouge Bar. Senza esitare, attraversò il breve tratto di strada che la separava dal locale e, gettandoci all'interno una rapida occhiata, entrò. Poche persone al suo interno. Due uomini anziani che bevevano birra e una coppia in fondo al locale, che magari sperava di passare inosservata, che mangiavano dei tramezzini.

Mentre avanzava verso il bancone, Modesty si chiedeva che aspetto avesse questa amica. Come avrebbe fatto a riconoscerla. Aveva più volte rigirato quel pezzo di carta, senza riscontrare nessun indizio in particolare. L'aveva nascosto nel guardaroba della sua biancheria intima, dove nessuno ci avrebbe frugato dentro. Se qualcuno avesse scoperto che riceveva biglietti anonimi, sicuramente avrebbero fatto domande o peggio... l'avrebbero detto allo zingaro. Al pensiero dell'uomo, Modesty sobbalzò. O almeno era ciò che credeva di aver fatto, anche solo con la mente.

Dopo l'episodio avvenuto la sera precedente, non l'aveva più visto e forse era anche meglio così. Uscendo non si era neanche imbattuta in Madame. Si era scambiata solo uno sguardo con Fatmir, passando davanti la camera di quest'ultima. Modesty si era chiesta se, per caso, la ballerina aveva sentito la discussione che aveva avuto con lo zingaro. Nel suo sguardo celeste e pacifico non aveva colto nulla. Fortunatamente non si era imbattuta nelle altre ballerine. Giustificare la guancia violacea, che cercava di nascondere con i capelli, sarebbe stato alquanto fastidioso. Senza contare che, qualsiasi scusa avrebbe inventato, non ci avrebbero creduto.

Da dietro il bancone, il barista le si avvicinò, facendo per aprire la bocca.

<< Sto aspettando una persona. >> Lo liquidò lei. Con un sorriso generoso, il barista si allontanò per dedicarsi all'ordinazione di uno dei due uomini anziani. Proprio in quel momento, la porta del locale venne aperta. Modesty se ne accorse da due cose. Da una folata di vento primaverile che entrò, mista al profumo di lavanda, e dal lieve rumore della porta.

Era lei. Ma non si voltò.

Non sapeva come spiegarlo ma il suo sentore le diceva che era lei la persona che stava aspettando. Forse era quella cosa che chiamavano intuito femminile. O forse il rumore dei suoi passi, dei tacchi che sul parquet del locale sembrava un chiodo che batteva sul legno duro. Come prima cosa non vide il suo viso, ma la sua borsa che veniva messa sul bancone. Blu scuro, lucido. Aveva una V di ferro, dorata, al centro. Si poteva intravvedere che, l'interno, era di colore bordeaux.

<< E' da molto che aspetti? >>

Cinque minuti. Ma non voleva di certo far sentire in colpa una sconosciuta. << Sono appena arrivata. >>

Fu allora che la vide. La sua mente andò a scavare a fondo per trovare quel volto, già visto da qualche parte. Anche perché, la sua amica misteriosa, aveva un viso grazioso, che difficilmente si dimenticava. Ed era anche recente, il ricordo che ne aveva. Molto. Istintivamente, lo sguardo di Modesty, volò al suo collo completamente privo di gioielli. Non portava neanche con orgoglio la sua collana. Mentalmente, Edith fece una smorfia.

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