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Dieci minuti dopo erano di sotto. Furnilla si portò le mani alle guance imbellettate. «Ma', sei incantevole! Oh, pa', sei più bello dell'imperatore!»

A Marcia dava più l'impressione di un orso vestito a festa, mentre la mamma sembrava più vecchia con addosso tutte quelle spente tonalità di grigio e le perle nere al collo e alle orecchie. Quinto fece un grugnito, che tradiva apprezzamento. «Anche tu stai bene, Furnilla, ma gradirei che ti truccassi di meno la prossima volta. Non sei un'attrice.» La sua espressione si trasformò in cipiglio, quando posò gli occhi sulla figlia minore. «Dove hai preso quella spilla?»

Marcia si toccò la graziosa libellula dalle ali color crema che posava sul suo petto. «Me l'ha prestata Furnilla.»

«Mi pareva infatti di non averla regalata a te. Sapete che cosa penso sul prestare oggetti agli altri.»

Le due ragazze si guardarono, e Marcia mormorò: «Ma siamo sorelle...»

«Potreste anche essere madre e figlia: un regalo è un regalo e va tenuto.»

Furnilla strizzò di nascosto l'occhio alla sorella e volò al braccio di Quinto, alzando gli occhioni imploranti su di lui. «Pa', è solo per questa sera! Non vedi come le sta bene quella spilla? Non ne sento la mancanza: anche questa è un tuo regalo e mi dona molto di più, con quest'abito.»

Quinto borbottò qualcosa a denti stretti. Poi girò sui tacchi e uscì dal Rudere. Furnilla prese il braccio della sorella, con un sorrisone che Marcia si vide costretta a ricambiare.

La domus di Surano era l'ultima del quartiere di Chiacchieropoli, come l'avevano affettuosamente soprannominato i suoi stessi abitanti, dal momento che era la fonte di notizie per tutta la Spagna occidentale. Tra Chiacchieropoli e la costa c'era Fetentopoli, i cui abitanti erano per la maggior parte uomini di mare, mercanti di pesce e allevatori di murici, orate e anguille. Essendo tanto vicina al limite ultimo prima di quel delizioso quartiere, la casa dello zio Surano passava alla storia per essere anche la più profumata: in ogni angolo, durante i mesi più caldi, venivano messi a bruciare gardenie, lavanda e gelsomini. In inverno e nel tardo autunno, Surano prediligeva la calda fragranza dell'ambra grigia; inebriante, sontuosa, portava alla mente di Marcia immagini di remote profondità oceaniche, forse perché veniva ricavata dal capodoglio. La Vedova vendeva l'ambra grigia alle donne che avevano bisogno di riconquistare il proprio compagno.

Dal momento che si era in piena primavera, per la famiglia Sura fu una sorpresa annusare il femminile profumo dell'ambra non appena varcarono la soglia, posando per primo il piede destro, secondo le indicazioni di Topeu, l'ostiarius orientale con gli occhi stretti, dato che il piede sinistro posto per primo nella soglia di un abitazione scatenava il malocchio su di sé, sulla propria discendenza e sul padrone di casa.

«Che meraviglia» sospirò la mamma, rimirando i fiori di loto appesi agli archi e alle finestre, le ginestre che si avviluppavano intorni ai fusti scanalati delle colonne dell'impluvium, le statue di dee leggiadramente panneggiate ricoperte di petali color carminio e gli splendidi mosaici pavimentali sparsi di rose bianche.

«Surano sa come mostrare appieno le potenzialità di quattro mura e un soffitto» commentò Quinto.

Era una descrizione un po' ingiusta per quella sontuosa dimora. Poteva darsi che non fosse enorme – nessuna domus di Chiacchieropoli lo era –, ma era arredata con il buongusto espansivo tipico di un romano di antica stirpe che aveva soggiornato per molti anni in Egitto. Tende di finissimo lino bianco tessuto dalle scura dita alessandrine, immagini stilizzate di frumento, orzo e raccoglitori di canapa in rilievo sulle pareti color zafferano, bassi mobili in legno, sedie con zampe di ghepardo e cestini di finti cocomeri, melograni, fichi, giuggiole e meloni posati su colonnette mozze al posto dei tradizionali busti degli antenati.

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