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L'indomani Furnilla tornò al Rudere. Rassicurò lo zio che non aveva alcun timore di suo padre e Quinto, dal canto suo, giurò sulla propria testa che non le avrebbe torto un capello, e che gli dei lo fulminassero se le avrebbe di nuovo mancato di rispetto.

Finalmente ristabilita la calma all'interno della domus, Marcia cercò di concentrarsi su alcuni difficili calcoli con l'abaco, sotto gli occhi dello zio, ma all'ennesimo errore Surano le domandò cosa avesse. Marcia rispose: «Sono distratta da tutto quello che è successo.» E da altre cose che non sai, avrebbe voluto aggiungere, ma tenne a freno la lingua. Aveva promesso a Pollione... e lei non era il tipo da rimangiarsi le promesse fatte agli amici.

Si decise dunque ad andare dal suo piccolo negretto, e preparò un pranzo sostanzioso a base di carne di lepre affumicata. Lungo la strada incrociò una robusta figura saltellante che le gridò dietro: «Ehilà!»

«Buongiorno» la salutò senza soverchio entusiasmo Marcia. Aveva davvero bisogno di riordinare i propri pensieri e poteva riuscirci solo stando da sola, o al massimo con Vannio.

«Ehi, ho sentito del ragazzo di tua sorella» arrivò subito al punto Ulpia, dandole un pizzicotto. «Il Pastore. Quindi era lui che l'ha messa incinta?»

«Non lo so.»

«Ha avuto grane col capo?»

«Mmmh?»

«Tuo padre.» Ulpia ondeggiò la testa, sollevando le sopracciglia folte. «Sbaglio o non ci sei con la testa?» Il tono cambiò, divenne cauto. «Sei arrabbiata con me? È per la cena dell'altra sera?»

«No no. Tu non c'entri proprio nulla. È che... è tutto così difficile.» Marcia si portò una mano agli occhi, sospirando. «Furnilla non la passerà liscia questa volta. Ha davvero passato il segno. Ho paura che Quinto possa mandarla via.»

«Ma dai!» le diede di gomito Ulpia. «Non può essere così drastico. In fondo, tua sorella non ha fatto altro che innamorarsi di un bovaro.»

«Il problema non è questo...»

«E qual è?»

Il problema è Fulvio, pensò Marcia, ma con sguardo addolorato mormorò: «Non posso...»

«Va bene, d'accordo» si arrese subito Ulpia, con un sorrisone. «I panni sporchi si lavano in famiglia, giusto? Comunque non credo che tuo padre la caccerà di casa. Tutti meritano una seconda possibilità.»

«Lui non ne dà mai a nessuno» mormorò Marcia in tono lugubre.

Ulpia rimuginò qualche istante in silenzio. Quindi la prese sottobraccio. «Ehi, la vuoi sapere una cosa? Mio fratello parte per Atene! Va a studiare il greco all'Accademia platonica con Leucippo, uno della nostra classe. Lui è proprio ateniese, e ha detto che lo ospiterà a casa dei suoi.» Pestò il piede a terra. «Mascalzone, volevo andarci anch'io in Grecia!»

«E i tuoi non vogliono?»

Lei roteò gli occhi. «Dicono che è pericoloso. Bleah. Dicono anche che sono troppo piccola, ma Marco ha solamente un anno più di me. E poi, a lui non serve andare ad Atene. Il greco lo parla già fluentemente. A me invece servirebbe.»

«A te non interessa parlare il greco, Ulpia.»

«Ebbé?» ridacchiò lei. «Mi farei comunque un bel viaggetto! Mi sa che all'ultimo momento salirò anch'io sulla bireme di Marco e Leucippo. Credi che si accorgerebbero di un'intrusa? Bah, se anche fosse, sarebbe troppo tardi. Saremmo in pieno Mare Egeo per il tempo che ci metteranno a scoprirmi!»

Continuò a chiacchierare per un bel pezzo. Infine, forse capendo che Marcia desiderava un po' di solitudine, si fece promettere che sarebbe andata alla cena d'addio in onore di Marco la sera successiva, e Marcia non poté fare altro che accettare, domandandosi che cosa le avrebbe portato il domani.

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