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Volgeva gli occhi tutt'intorno, nella stanza fiocamente illuminata da una sola lucerna. Era in terracotta gialla a forma di lumaca: il grosso guscio era scheggiato in più punti. Riposava sopra un mobiletto di legno, accanto alla brocca di bronzo decorata a sbalzo: sul fondo era ritratto il possente Zeus in forma di cigno che si appresta a sedurre la mortale Leda. Tra le quattro sottili gambe del tavolino c'era il catino, vuoto e secco: dei ragni avevano costruito una bella ragnatela, dove la polvere non aveva fatto in tempo a depositarsi. Il letto era in ordine. Era strano. Niente vestiti, babilonica, nastri a riempirne l'intera superficie. Sembrava sciatto e sconsolato come la sua proprietaria. Sulla robusta testiera c'era ancora lo scacciapensieri che le aveva portato lo zio dalla Numidia: era fatto in cuoio, pelle, e piume colorate, una ciocca della criniera di un leone e perline colorate. Non si era mai domandata se funzionasse davvero. Se le capitava di dormire bene o male non lo imputava certo a quel ridicolo pezzo di antiquariato.

La luce le illuminava appena le mani poggiate in grembo e i piedi stesi a terra. Avevano una calda tinta dorata. Non sembrava così pallida, in fondo. Ma alla luce del sole era un'altra storia. Marcia l'aveva vista, e si era subito preoccupata. Lei rifiutava di guardarsi allo specchio... Anche quello lo aveva portato lo zio, dall'oriente. Era di una fattura squisita, con una cornice in madreperla bianca che mostrava motivi floreali e uccellini in volo o appollaiati. Era appeso sulla parete scrostata, accanto all'arca in legno ben chiusa. Nessun lembo di tunica che fuoriusciva.

Tutto sotto controllo.

Furnilla si passò una mano sulla pancia. Sapeva che era impossibile, ma le parve di sentirla muoversi. La cosa.

Premette i polpastrelli, soffiò dalle labbra e strinse gli occhi. L'incenso che avrebbe dovuto calmarle i nervi la stava soffocando. Aria. Aveva bisogno di aria fresca.

Ma rimase lì seduta, a pregare la cosa che si muovesse di nuovo. Le piaceva sentirla. Non si sentiva più tanto sola. Però la riempiva anche di malinconia. Le sarebbe piaciuto vederla nascere, diventare grande e bella come lei. Chissà perché, credeva fosse femmina. Forse perché era così tranquilla. Non le faceva più venire la nausea. Solo il mal di schiena restava, ma era tollerabile. Disagi passati, ma restava il problema.

Sì, sei un problema, piccola cosina mia, pensò Furnilla accarezzandosi. Non sembrava incinta. Servilia, avresti subito potuto dire che era al terzo mese, quando era arrivata in marzo. Anche lei era al terzo mese, e avanzato, ma non era ingrossata per nulla. Forse perché cercava di non mangiare tutto quello che le capitava sotto il naso... Forse Servilia si era lasciata più andare di lei. Ben le stava. Meritava di essere grassa e brutta. Furnilla avrebbe voluto vederla al momento del parto, col viso distorto in una maschera di dolore e panico e le urla stridule di un maialino sgozzato, e Pollione che con una smorfia guardava Furnilla e lei gli sorrideva, come a ricordargli che c'era sempre una via d'uscita. Forse lui avrebbe accolto l'invito. Ma Furnilla voleva quello? Voleva ricominciare da capo?

No. Ormai era andata ben oltre. Voleva di più. Voleva un marito, e voleva avere un figlio con questo marito. Voleva che Pollione venisse a prenderla, riconoscesse la bambina che portava dentro di sé e la sposasse. Voleva che la portasse a Roma, su uno dei colli. Le sarebbe piaciuto il Palatino. Forse perché lì ci abitava anche Cesare... Avrebbe accettato persino che suo marito continuasse ad esercitare in una nuova e splendente clinica, a patto che assolvesse anche ai suoi doveri di senatore.

Il sogno prendeva forma, e quasi Furnilla vedeva svanire i contorni fumosi della stanza avvolta in una nube grigiastra. Quasi le pareva di sentire i passi di Pollione sul pianerottolo, sopra l'energico russare di suo padre e i lenti movimenti della mamma che si girava nel letto, cercando di affrontare l'ennesima notte insonne.

Furnilla si accarezzava il ventre e pensava al momento in cui si sarebbe disfatta della cosa. Aveva paura. Forse era la bambina ad avere paura. Si agitava per quello. Tentava di distoglierla dal suo proposito.

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