Capitolo Uno

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Mi sveglio lentamente, abituandomi alla debole luce che illumina la tappezzeria rossa della mia stanza. Guardo fuori dalla finestra. Il cielo é coperto da nuvole grigiastre. Il tipico mattino londinese. La gente fuori é munita di ombrello, ma nessuno pare voler far veramente caso al tempo. Tutti sono presi dal lavoro, dalla scuola da vari impegni. Non c'è il tempo per badare a cose banali come il cielo. Mi stiracchio e lancio una veloce occhiata alla sveglia, chiedendomi perché non l'ho sentita suonare. Mi accorgo di essere di venti minuti in ritardo per le lezioni.

Ovviamente.

Mi infilo velocemente la camicia bianca, faccio un rigoroso nodo alla cravatta purpurea e mi infilo i pantaloni mentre agguanto i libri e me li stringo al petto. Percorro di corsa i corridoi marmorei del college, i miei passi che rimbombano nel silenzio.

Spalanco arrancando la porta della mia classe guadagnandomi un'occhiataccia da parte della professoressa e una serie di risatine dai miei adorabili compagni.

-Di nuovo in ritardo, Watson?- mi chiede la professoressa inarcando un sopracciglio.
Certo che sono in ritardo idiota, non lo vedi per caso?

-Mi scusi- dico semplicemente. L'ultima cosa che voglio é mettermi a battibeccare con la mia insegnante di prima mattina.

Mi siedo nell'unico banco libero in fondo alla classe.
Solo dopo essermi sistemato noto il ragazzo sconosciuto in piedi accanto alla professoressa.
É alto e magro con la pelle chiara. Ha gli zigomi pronunciati che gli danno un'aria quasi spettrale e un naso lungo e stretto. Gli occhi sono azzurri ed intelligenti e srutano attentamente la classe come se volessero impararla a memoria. I capelli sono un groviglio di ricci corvini che contrastano con la sua carnagione pallida e le mani hanno dita lunghe ed affusolate, adatte a movimenti di destrezza.
Mi accorgo che lo sto fissando e che lui sta facendo lo stesso con me. Il suo é uno sguardo penetrante, che sembra in grado di leggerti dentro. Uno sguardo che sembra capire cosa tu stia pensando.

-Ragazzi, avremo un nuovo alunno qui al college. Mi auguro che lo accoglierete come si deve e lo facciate sentire a casa.- la professoressa pronuncia queste parole con un tono annoiato, come se fosse una tiritera che deve ripetere tutte le volte.

-Di' pure il tuo nome a tutti-

-Sherlock Holmes.- La voce del ragazzo é bassa ma limpida e chiara, capace di farsi sentire da tutti.

Noto che alcuni dei miei compagni di classe lo adocchiano sogghignando, come se stessero decidendo quali torture infliggergli.
La testa nel gabinetto, forse? Per me quella é una routine. Chissà, magari avrò compagnia.

-Bene Holmes, si sieda li infondo, accanto a Watson-

Lui non dice una parola e fa come gli é stato detto. Non sembra minimamente preoccupato o imbarazzato. Sembra che andare in una scuola sconosciuta fosse più o meno come andare a fare la spesa.

Quel ragazzo ha un che di strano. Non so cosa ma tutto, dal suo aspetto fisico fino ai suoi modi di fare, suggerisce che sia una persona particolare, fuori dal comune. I miei occhi ne sono calamitati e, nonostante cerchi vanamente di guardare altrove, il mio sguardo cade di nuovo su Sherlock Holmes. Lui fortunatamente non sembra accorgersi che continuo a guardarlo. Sarebbe imbarazzante.

"No John. Tu sei imbarazzante." penso.
Quanta autostima.
Con uno sforzo immane, mi concentro sulle figure del mio libro di scienze anche se con la mente sono altrove.
Passo le ore successive così, cercando di spostare lo sguardo dalla figura taciturna che siede accanto a me. Quando finalmente suona l'intervallo, rimango in classe per un po', raccogliendo tutti i libri. Sto uscendo  quando qualcosa mi blocca.

-Perché mi fissavi?- mi volto verso la fonte della voce e trovo Sherlock Holmes appoggiato allo stipite della porta, che mi fissa.

-Come, scusa?- rispondo io, colto alla sprovvista.

College. ||Johnlock||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora