Capitolo Undici

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Il taxi non ha impiegato molto tempo ad arrivare. Un quarto d'ora e si è già fermato davanti all'enorme piazza circolare costeggiata da aiuole di erba verde. Alla fine si erge, altissima e maestosa, una struttura che ricorda molto i templi dell'Antica Grecia.
Il museo.

Pago e ringrazio il tassista, avventurandomi tra la folla soffocante di turisti, armati di macchine fotografiche e ridicoli cappellini.
Mi siedo sulla scalinata che porta all'ingresso del museo. Per la prima volta in vita mia, sono arrivato in anticipo ad un appuntamento, quindi credo che mi toccherà aspettare un po' prima dell'arrivo di Sherlock.

Chissà se anche lui ha avuto problemi. Chissà se anche i suoi genitori gli hanno impedito di venire, facendogli progettare una complicata fuga, come la mia. Ne dubito altamente.
Piuttosto, devo preoccuparmi di cosa succederà, quando mio padre di accorgerà che non mi trovo più in camera. Senz'altro, capirà dove mi trovo e mi verrà a cercare, poco ma sicuro. Devo solo sperare che non se ne sia già accorto, perchè non voglio correre il rischio di vederlo spuntare all'improvviso e farmi trascinare per un orecchio a casa. Sarebbe umiliante.

-John Watson che arriva puntuale ad un appuntamento? Inaudito.-
Sussulto, e alzo lo sguardo sull'alta figura riccia che si staglia su di me. Prima o poi, scoprirò come diamine fa a spuntare così all'improvviso.

-Visto? Imparo un fretta-. Dico, alzandomi e spazzolandomi o vestiti.

-No, io invece credo che tuo padre di abbia impedito di venire, ti abbia trascinato per un orecchio in camera, a proposito, ti fa male? E che tu ti sia calato giù dal tubo della grondaia, abbia preso un taxi e sia arrivato con qui. Sbaglio?-
Dice Sherlock, con la sua solita espressione pacata.

-Tu... Non..-

-È inutile che tu dica che sono stato fantastico, perchè l'hai già espresso in tutti i modi possibili di questa lingua.-

-Io... Come hai fatto?-

-Semplice. Il fatto che tuo padre ti abbia impedito di venire, la persona più rigida della tua famiglia da quanto avevamo appurato il mese scorso, l'ho capito dal tuo orecchio. Molto gonfio e rosso. Quindi, a meno che tu non ti sia rigirato l'orecchio per il puro piacere dell'autolesionismo, è ovvio che qualcuno della tua famiglia te l'abbia tirato, e anche molto forte. Ora, per quale motivo qualcuno della tua famiglia ti dovrebbe tirare l'orecchio? Probabilmente perchè gli hai disobbedito o, più probabilmente, discusso animatamente con lui. Hai discusso con lui perchè ti ha impedito qualcosa, altrimenti perchè? Quindi, tu hai tentato di tenergli testa e per impedirti di venire, ti ha trascinato in camera tua e ti ha chiuso dentro. Stamattina, ti sei calato giù dal tubo della grondaia. L'ho capito dai tuoi pantaloni e dalla tua gamba sinistra. Ha una striscia nera di sporco, procurata di certo strisciando di qualcosa. E cosa, se non il tubo della grondaia?-
Finalmente riprende fiato e mi guarda con un sorrisetto soddisfatto.

-Certo. Semplice.- Dico. Segue un silenzio imbarazzato, nel quale io prendo un improvviso interesse per le mie scarpe e Sherlock per l'albero spoglio alla sua destra.

-Allora... Andiamo?- Tento.

-Sì, andiamo-. Esclama.
Ci avventuriamo insieme tra le colonne doriche che tengono in piedi l'enorme tetto triangolare e ci dirigiamo al botteghino dove un'annoiata donna, ci da i biglietti d'ingresso, accogliendoci con un altrettanto annoiato:
"Arrivederci e buona giornata".

Passando per le varie ale del museo, Sherlock non la smette un momento di parlare d'arte, commentando la varie opere con parecchio entusiasmo cosa che, sinceramente, mi stupisce non poco.

-Pensavo non ti interessassero certe cose-.

-Il fatto che non mi interessino non significa che non le apprezzi-.

College. ||Johnlock||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora