Capitolo Nove

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Metto la ultime cose nella valigia, prima di chiuderla e lasciarla accanto alla porta. Questo pomeriggio si torna a casa.
Finalmente la scuola è finita e iniziano le vacanze estive. Usciamo e
nonostante sia ormai estate, c'è un piacevole venticello, fuori dal college.

Camminiamo tra i ragazzi che fremono all'idea di rincontrare le loro famiglie. Un gruppo di ragazze poco più grandi di noi, chiacchierano animatamente. Un paio di ragazzi, discutono sulla loro vacanze.
Tutti sembrano essere eccitati dell'imminente partenza.
Tutti tranne me.

È vero, sono contento che l'anno scolastico sia termimato, ma non c'è nulla ad aspettarmi a casa. Soltanto mio padre, che ha intenzione di mandarmi all'Accademia Militare, mia sorella Harriet e mia madre. Non andremo in vacanza, non andremo a visitare un bel niente.
Starò tre mesi interi a girarmi i pollici, forse aspettando con ansia l'inizio della scuola.
Soltanto tre mesi di litigi familiari. Almeno qui accade qualcosa.

-Cosa farai durante l'estate?- chiede Sherlock, che si è seduto su una panchina del cortile. Prendo posto accanto a lui, sospirando e stringendomi nelle spalle.

-Assolutamente niente. Tu?-

-Non lo so. Penso che resteremo a Londra. Mio fratello dovrà sicuramente lavorare-.
Almeno non sono l'unico che si annoierà. Evviva.

-Non ci aspetta un'estate grandiosa-. Conclude allacciandosi le mani in grembo. Scuoto la testa, abbandonandomi all'ennesimo sospiro.

-Pensi sia il caso di dirlo? Ai nostri genitori, intendo-. Chiedo, abbassando notevolmente il mio tono di voce e accostandomi il più possibile a lui, per evitare di essere sentiti.

-Dire che cosa?-

-Lo sai benissimo. Non posso dirlo ad alta voce.-

-Temo proprio di non capire, Watson- Mormora pragmaticamente, mentre l'ombra di un sorriso divertito gli offusca le labbra.
Lo sta facendo apposta.
Brutto bastardo, lo stai facendo apposta.

-Ci provi gusto? E va bene. Giochiamo come vuoi tu. Secondo te dovremo dire ai nostri genitori che... che stiamo insieme?- Sussurro quest'ultima frase talmente piano che temo che non mi abbia sentito nemmeno Sherlock.
Fortunatamente, il suo sorriso si smorza leggermente, lasciando spazio ad un'espressione pensosa.

-Non lo so. Non credo che lo dirò. I miei non si farebbero problemi, in ogni caso, ma sento che non è la cosa giusta da fare. Semplicemente spero che lo capiscano da soli. In famiglia siamo tutti abbastanza bravi, con le deduzioni-. Sorride leggermente spostando lo sguardo di un punto indefinito davanti a sé.

-Tu, John? Glielo dirai?-

-Prova a dedurlo-.
Sposta lo sguardo di nuovo su di me e assume la sua aria misteriosa da detective.
Dopo qualche secondo di osservazione, parla.

-No, non glielo dirai. Sentendo con quanto poco entusiasmo parli delle vacanze estive, è ovvio che non muori dalla voglia di rivedere la tua famiglia. Quindi, non te la passi molto bene, a casa. È abbastanza ovvio che sei in conflitto con uno, o più, dei tuoi familiari. Tuo padre, forse? Sì, tuo padre. Credo sia una persona abbastanza rigida, quindi non vuoi nemmeno provare ad immaginare la sua reazione se sapesse che tu sei... quello che sei. Ora, prima che tu elargisca in ogni linguaggio esistente quando sono stato fantastico, dimmi; quanto di ciò che ho dedotto e corretto?-

-Tutto. Hai ragione su tutto. Mi spieghi come diamine fai?-

-Il mondo è pieno di cose ovvie, che nessuno mai osserva. A proposito, perchè sei in disaccordo con tuo padre?-

-Vuole mandarmi all'Accademia Militare. Sono secoli che discutiamo, ma non riesco a fargli cambiare idea. Scommetto che non appena divento maggiorenne, mi ci spedisce senza alcuno scrupolo-.
Sospira e si alza dalla panchina, spazzolandosi i vestiti.

-Vieni, è ora di pranzo-.

Non abbiamo parlato ancora dell'argomento estate, in mensa, ma era quasi palpabile la tensione che aleggiava tra di noi, come se fossimo incerti.
Ora, stiamo nuovamente passeggiando per il cortile, senza una metà precisa, nel vano tentativo di spendere i minuti che ci rimangono prima che i nostri familiari ci riportino a casa.

-Non pensavo che l'avrei mai detto, ma mi mancherà la scuola, in questo tre mesi-. Esordisce dopo un po' Sherlock, con le mani infilate nelle tasche del suo cappotto scuro e i ricci scuri scompigliati dal vento estivo.

-A chi lo dici. Qui non ci si annoia, almeno-.

-Se escludiamo le lezioni di storia, sì. Ti do ragione, non ci si annoia mai.-
Riesce miracolosamente a farmi sorridere, cosa che non credo sarei riuscito a fare spontaneamente, oggi.
L'idea di tornare a casa, ingrigisce tutto quanto, e Sherlock è l'unico appiglio luminoso su cui posso contare.

-Oh. Eccoli che arrivano-. Una lunghissima carovana di automobili di avvicina lentamente al cancello principale del college. Scorgo la particolare macchina nera che spicca tra le altre, e che ho spiacevolmente imparato a identificare come "L'automobile della mia famiglia".
Attendiamo dieci minuti buoni, prima che tutte le automobili si parcheggino. Afferriamo le valige, che dopo il pranzo eravamo andati a recuperare in camera, e ci giriamo uno verso l'altro, Sherlock sovrastandomi con la sua altezza, io che gli arrivo appena al collo.

-Cosa dovremo fare adesso?- Chiedo, incerto se abbracciarlo, baciarlo in pubblico o salutarlo semplicemente.

-Penso che una stretta di mano sia sufficiente-. Dice, accennando un sorriso. Mi tende la mano e gliela stringo, notando che è sorprendentemente ruvida. Non la ricordavo così.

-Mi mancherai, durante l'estate, John-.

-Anche tu.-
Mi lascia andare la mano e sento qualcosa nel palmo della mia. Guardo e vedo un bigliettino ripiegato con cura.

"Dodici luglio, British Museum, undici e un quarto del mattino.
-SH"

Sorrido, mentre mi avvicino con passo inaspettatamente deciso verso la mia famiglia. Mia madre mi saluta con un caldo sorriso e mi bacia su una guancia. Mia sorella fa lo stesso mentre mio padre mi scocca una delle sue occhiate severe, prima di farmi un cenno con il capo.

-Allora tesoro, com'è andato quest'anno?- chiede mia madre con il suo tono zuccheroso.
Mi volto un momento, verso l'alta figura atletica che cammina verso un'automobile grigiastra.

-È stato un anno fantastico-.





Angolo Autrice:
Vi chiedo umilmente perfino per la lunga assenza e per il capitolo corto e tremendamente brutto. Cercherò di farmi perdonare con i prossimi capitoli che, vi prometto, saranno migliori.

College. ||Johnlock||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora