La scuola è ricominciata.
Ne sono sollevato, anche se questo potrebbe farmi sembrare il tipo di adolescente meno adolescente che esista.
Forse avrei dovuto semplicemente passare i minuti prima di entrare al college nella depressione più totale, lamentandomi a gran voce di qualsiasi cosa si muova.Eppure, sono contento.
Sono di nuovo con Sherlock, dopo un mese intero di sole lettere, e starò lontano dalla mia famiglia.
Due punti a favore del college.Ora, in classe regna il solito disordine mattutino, quello che precede l'ingresso del professore, quello dove almeno un alunno fa da sentinella davanti alla porta, lo stesso disordine in cui gli alunni si concedono di sedersi sui banchi piuttosto che sulle sedie.
Io e Sherlock, come tutti gli altri, ci godiamo questi brevi minuti di relax, lui appoggiato al muro, io seduto su un banco -dovrò pur aumentare la mia altezza, in qualche modo- parlando del più e del meno.
-Ho scoperto che mestiere voglio fare, John.- Esordisce improvvisamente. Lo guardo, incuriosito. Non ero mai stato capace di figurarmi Sherlock in una professione.
-Sarebbe?-
Lui alza lievemente un angolo della bocca, incrociando le braccia al petto, assumendo un'espressione soddisfatta.
-Farò il consulente investigativo-.
Ora, il punto da chiarire è uno solo.
-Cosa cacchio è un consulente investigativo?!-
Lui ride, piano, alla mia reazione. Una risata contenuta e roca, che gli trasforma la bocca in una piega sottile, un sorriso appena accennato che si riflette nei suoi occhi.
-È normale che tu non lo sappia. Ho inventato io questa professione-.
Sorrido, leggermente.
Avrei dovuto aspettarmelo.-E come mai te la sei inventata?- chiedo, divertito.
Lui sorride, orgoglioso, lieto di sentirsi porre una domanda del genere.-Ecco, devi sapere che quest'estate mi sono interessato particolarmente agli omicidi.-
Lo guardo, allarmato, suscitando un'altra sua risata.
-Fammi finire, John. Intendo dire che mi sono interessato agli omicidi da risolvere. Ma, chiaro, non parlo solo di omicidi. Qualsiasi caso poliziesco che abbia un minimo di difficoltà.-
Inarco le sopracciglia, interessato.
-Quindi una specie di investigatore privato?-
Fa una smorfia, quasi con compatimento, come se stesse spiegando ad un bambino come si fanno le addizioni.
-Sì e no. Io lavorerei ai casi della polizia, ma la polizia non chiama investigatori privati. E qui entra in gioco il consulente. Quando la polizia brancolerà nel buio, ovvero sempre, contatterà me.-
Ora è tutto più chiaro.
Provo per un momento ad immaginarmi Sherlock su una scena del crimine, inginocchiato accanto ad un cadavere e parlando rapidamente, esponendo la sua soluzione ad un gruppo di poliziotti attoniti.Semplicemente perfetto.
Lui inarca un sopracciglio, come ansioso di un'opinione.
-Quindi?- domanda.
-Quindi penso che sia geniale. Insomma, davvero forte.-
Mi interrompo per un momento, colto da un'idea folle e improvvisa, quindi sorriso, sbattendo le ciglia e parlando con un tono esageratamente mieloso.-E potrei aiutarti?-
Sherlock mi guarda, inizialmente stupito, poi sorridendo lievemente, con gli occhi luminosi, mentre tenta di fingersi indifferente.
-Sì, suppongo che tu possa darmi una mano, dottor Watson.-
Rido lievemente, ma non faccio in tempo a ribattere che la sentinella ci grida dell'arrivo della professoressa.
Rapidi, ci sediamo ai nostri posti in maniera assurdamente rumorosa, sempre convinti e fiduciosi del fatto che qualunque professore sia abbastanza stupido da non sentire il fracasso.
Io e Sherlock, naturalmente, siamo seduti vicini e mi rendo conto realmente di quanto mi sia mancato.Quindi, sotto il banco, piano, intreccio le dita con le sue, guardando avanti, con un lieve sorriso. Sento Sherlock sorridere lievemente. Emette sempre un piccolo sbuffo dalle narici, quando lo fa. Come se ogni suo sorriso scaricasse la tensione accumulata.
Ricambia la stretta, e mi sforzo di non allargare il sorriso. Perciò, mi concentro sulla professoressa che ha fatto il suo ingresso in classe. È seguita da un nuovo ragazzo.
Per un momento, mi torna in mente la stessa scena, con Sherlock al posto del nuovo arrivato.
Questi, è alto quanto me, con capelli nerissimi e occhi altrettanto neri e penetranti. La carnagione è chiara, quasi diafana. Un naso lievemente adunco si piega sulla bocca sottile, piegata in un sorriso ironico e sarcastico. Il nuovo ragazzo scruta la classe, attento, esattamente come Sherlock aveva fatto al suo arrivo.
Per un momento, gli occhi del ragazzo incontrano il mio sguardo, e non posso fare a meno di rabbrividire.Un brivido involontario, forse.
Forse è una coincidenza.Ma sono abbastanza certo che quella luce fredda e maligna che ho intravisto negli occhi dello sconosciuto, abbia a che fare con il mio rabbrividire.
Nemmeno mi accorgo che la professoressa inizia la sua classica e vomitevole tiritera.
-...e fatelo sentire a proprio agio!- dice.
-Ora, di pure il tuo nome alla classe-.
Il ragazzo, prima di parlare, fissa lo sguardo su Sherlock, alzando lievemente un angolo della bocca, la freddezza nei suoi occhi più evidente che mai. Sposto lo sguardo su Sherlock, accanto a me. È più pallido del solito, gli occhi azzurri sono colmi di rabbia contenuta a stento, i lineamenti contratti in una smorfia di rabbia. Guarda lo sconosciutoin cagnesco e fa dei silenziosi respiri profondi, tentando di calmarsi, mentre una mano stringe il bordo del banco, fino a farsi sbiancare le nocche e l'altra stringe dolorosamente la mia, sotto il banco.
Poi lo sconosciuto parla, con una voce fredda, che mi terrorizza ancora di più dei suoi occhi.
-Jim Moriarty. Ciao!-
Angolo Autrice:
Okay, okay, scusate. Lo so che è un capitolo corto e brutto, ma con l'emicrania è difficile scrivere.
Anyway, spero vi soddisfi, almeno un po'.TANTI BAZINIH.
-Camilla.
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College. ||Johnlock||
FanfictionDal testo: -É strano.- dice lui. -Che cosa?- -Amare.- Continua ostinatamente a lasciare il suo sguardo nel mio. -É la mia prima volta. Pensavo che non avrei mai amato, in verità. Pensavo che l'amore fosse soltanto una delle tante emozioni futili del...