Capitolo Sei

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Mi sveglio con una debole luce che entra dalla finestra. Deve essere ancora presto. Guardo la sveglia. Le sei del mattino. Diamine, ho dormito pochissimo.
Solo dopo noto che la poltrona é stata spostata davanti alla finestra. Riesco ad intravedere un ciuffo di capelli neri che sbuca fuori dallo schienale.

-Da quanto tempo sei sveglio?-

-Non ho dormito-. Risponde secco.

Giusto. Quando é nervoso o arrabbiato non dorme mai. E diventa intrattabile. Spero che gli passi, anche perché oggi dovremo cercare di parlare di ieri sera. E non credo di riuscirci, specialmente se ha intenzione di restare imbronciato tutta la giornata.

-Sherlock io...-
Io cosa? Che cosa dovrei dire? Che mi dispiace? Beh mi pare abbastanza ovvio e sarebbe troppo banale. Così, indeciso su come continuare la frase, la lascio a metà, lasciando a Sherlock la fantasia per completarla.
Sbuffo e mi alzo completamente dal letto.

-Senti, se hai intenzione di stare così tutto il giorno, io posso anche andare-. Dico dopo essermi vestito. Magari dirlo schiettamente é il modo migliore per scucirgli la bocca.
Come risposta ricevo un suono rigido e breve, e capisco che sta pizzicando le corde del suo violino.

-Ho capito. Vado a fare un giro-. Bisbiglio sommessamente.
Afferro la giacca e mi affretto ad uscire dalla porta, ma quando metto una mano sulla maniglia lui mi blocca.

-John.-
Non rispondo. Preferisco non rispondere, come se volessi fargli capire che sono arrabbiato con lui.
Ma perché sono arrabbiato con lui?
Non é mica colpa sua se Irene Adler è quello che é.
Non é mica colpa sua se quella ragazza ha fatto quel che ha fatto.

-John-. Ripete alzandosi. Per la prima volta oggi, riesco a vederlo per intero e non più solo i suoi capelli che spuntano dallo schienale. É vestito come ieri, a eccezione del cravattino, che é slacciato. Ha un'aria stanca e dei cerchi scuri gli contornano gli occhi grigi. Le pupille sono ristrette come punte di spillo e i capelli sono spettinati.

-Senti, io non so come... Non so cosa passasse per la testa della Adler in quel momento, ma ti assicuro che io non c'entro nulla. O perlomeno non c'è nulla dietro.-
Annuisco. Che cosa mi aspettavo? Era abbastanza ovvio che non fosse colpa sua, eppure io sono stato così stupido da arrabbiarmi con lui. Ogni giorno, scopro di essere un vero idiota.

-Sei un vero idiota-. Sbotta

Appunto.

E tanto per confermare quello che ha detto, si avvicina e mi bacia. Adesso é ufficiale. L'ho perdonato e sono un idiota.
Ricambio il bacio.

-Ti odio. Lo sai?- sussurro con il viso affondato nella sua giacca.
Lo sento ridacchiare, il battito del suo cuore che mi risuona nell'orecchio come un martello sull'incudine.

-Lo so.-
Gli prendo la mano e intreccio le dita con le sue. Forte, come se avessi paura di vederlo andare via. Forse, adesso, é la cosa che temo di più.
Perfavore, fa che non se ne vada.
Non so cosa farei, se se ne andasse.
Mi mancherebbe troppo. Il suo profumo, la sua voce, il suo sorriso, benché raro.

-Non te ne andare. Mai.-

-Mai-. Afferma.

-Me lo prometti?-

-Te lo prometto, John-.
Affondo ancora di più il viso nella sua giacca, e lui appoggia una mano fra i miei capelli. Adoro il suo tocco. Così leggero e delicato.

-Adesso, ci rimettiamo entrambi il pigiama, perché ho intenzione di passare una bella domenica chiuso in camera-. Sussurra.

-Che splendida idea-. Rispondo prima di lasciargli un bacio sulle labbra.

Passiamo tutta la mattina a parlare e a coccolarci, e sinceramente non potrei chiedere di meglio.
Sto giocherellando con una pallina da tennis, tirandola contro il muro per poi riprenderla quando torna indietro.
Sherlock si é seduto sulla sua poltrona preferita, che ancora non é stata spostata dalla finestra. É molto taciturno.

-Sherlock- chiamo.
Non ricevo alcuna risposta. Forse é troppo assorto nei suoi pensieri per rispondermi oppure semplicemente non vuole rispondere.
Opterei più per la prima, non sarebbe la prima volta che capita.

Mi avvicino alla poltrona, aspettandomi di trovarlo con lo sguardo perso davanti a se. Invece lo trovo con il gomito sul bracciolo e la testa appoggiata sul mento, con gli occhi chiusi. Il respiro é lento e profondo. Sta dormendo. È stato sveglio tutta la notte. Dev'essere stancante, essere lui. Avere una mente come la sua. Sempre in movimento, che non gli da un minuto di pace. Sempre piena di teorie, di pensieri. Anche lui, la persona meno vulnerabile che abbia mai conosciuto, ha bisogno di riposo. Anche lui è un umano.
Certo, c'è gente pronta ad ammettere il contrario, ma lui é l'essere umano più umano che conosca.

Lo sento mugugnare qualcosa nel sonno, qualcosa che suona molto come: "Elementare, Watson". Probabilmente sta sognando di risolvere enigmi complicatissimi con uno schiocco delle dita.
Non sarebbe la prima volta.

Ritorno a sedermi sul pavimento a giocherellare con la mia pallina. Lo stesso identico ritmo, sempre. Sbatte contro il muro, sbatte contro il pavimento, ritorna nella mia mano. É talmente monotono, che è quasi soporifero. Adesso anche io sono incredibilmente stanco. Faccio tornare la pallina nella mia mano per l'ultima volta, prima di lasciar ciondolare la testa sulla spalla. Chiudo gli occhi e in men che non si dica, sto già dormendo.

-John!- grida una voce.
Mi sveglio di soprassalto al suono del mio nome e mi guardo intorno per un momento, spaesato, in cerca della fonte. Cosa è successo?

-John?- ripete, stavolta timorosa. Più flebile.
D'un tratto mi rendo conto che la voce é di Sherlock.

Certo idiota, siete le uniche due persone nella stanza! Chi altri potrebbe essere?

Mi alzo velocemente e corro verso la poltrona. Lo trovo che si guarda intorno, evidentemente confuso. È ancora più pallido. Trema come una foglia e ha la fronte imperlata di sudore. Mi accovaccio di fronte a lui. Quando i suoi occhi incontrano i miei, il suo viso assume un'espressione affranta.

-Sherlock. Va tutto bene.- cerco di dire con il tono più rassicurante che ho.

-Te ne eri andato-. Mormora.

-No, Sherlock. Sono sempre stato qui.-

- Sì, invece! Te ne eri andato! Eri li che te ne andavi via! Mi stavi lasciando solo-. Grida.

-Era solo un sogno. Io sono qui. Ci sono sempre stato.
Lui mi afferra il polso. Per quanto sia impaurito e stanco, ha la presa ancora salda.

-Non te ne andare. Mai- bisbiglia.

-Mai-.

-Me lo prometti?-

-Te lo prometto, Sherlock-.
Per un momento, rimane immobile. Chiude gli occhi e respira profondamente. Quando li riapre sono più calmi, ma ugualmente stanchi.

-Devi dormire ancora-.
Lui acconsente e si alza lentamente dalla poltrona per dirigersi al letto.
Lo seguo e aspetto che si infili sotto le lenzuola.
Sto per tornare a sedermi per terra quando Sherlock mi ferma.

-John-.

-Sì?-

-Dormiresti con me?-
Sento gli angoli della bocca distendersi in un sorriso. Mi infilo sotto le coperte e mi giro su un fianco, verso di lui. Sherlock fa passare un braccio intorno alle mie spalle e mi stringe a se. Respiriamo la stessa aria. Respiro il suo odore, che mi piace tanto.

-Ti amo-. Mormora, prima di cadere in un sonno profondo.
Lo guardo dormire per qualche minuto e gli lascio un bacio sulla fronte.

-Anche io ti amo, Sherlock-. Riesco a dire, prima di addormentarmi anche io.

College. ||Johnlock||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora