Capitolo Sette

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-Buongiorno-. Mormora Sherlock notando che mi sono svegliato.

-Credo sia tardo pomeriggio-. Rispondo.
Lui sorride e alza le spalle.

-La forza dell'abitudine-. Si gira su un fianco per guardarmi, appoggiando la testa sulla mano. Gli scosto un ciuffo di capelli che gli sta cadendo davanti agli occhi.

-Sai, dovremmo dormire insieme più spesso-. Bisbiglia.
Penso a poche ore prima, quando si é svegliato di soprassalto urlando il mio nome. Lui, come suo solito, sembra leggermi nel pensiero, infatti il suo sorriso svanisce all'istante.

-Senti... Dimentica ciò che é successo prima, okay?- mi implora.

-Perché dovrei farlo?-

-Non... Non lo so. Semplicemente dimenticalo-.

-Non posso dimenticare. Tu invece dimenticati che avere incubi, avere paura, non sia umano. Perchè lo è, Sherlock. I sentimenti sono umani. E anche se tu ammetteresti il contrario, sei la persona più umana che conosca.-
Lui riprende a sorridere e questo riesce a scaldarmi il cuore, diffondendomi in tutto il corpo una sensazione piacevole.

-Dio, questa giornata non finisce mai. Sembra passato un secolo dal ballo, quando invece era solo ieri-. Dice.
Annuisco. Come lo capisco.
Mi alzo dal letto, stiracchiandomi.

-John-.

-Mh?-

-Balliamo?-

-Sherlock, dopo quello che è successo ieri sera, preferirei non ballare per un po'.-

-Però ti piaceva, quando lo facevamo noi-. Dice apatico.
Alzo gli occhi al cielo, appena prima di puntarli nei suoi, che mi squadrano ogni centimetro del viso, registrando ogni particolare, annotandolo nella sua mente.

-Sì è vero. Mi piaceva. E mi piace ancora.- ammetto, convincendo più me che lui.
Sherlock inarca un sopracciglio, assumendo la sua espressione divertita per eccellenza.

-Andiamo, Sherlock. Te l'ho già detto. E poi, adesso che ci penso, abbiamo i compiti di chimica da fare per domani. E non li abbiamo nemmeno iniziati.- Insisto, prendendo i libri e mettendomi al lavoro, sedendomi alla scrivania e chinandomi sulla mole di equazioni e formule chimiche che mi aspettano. Vedendo che Sherlock non mi imita, gli lancio uno sguardo interrogativo.

-Non li fai, tu?-

-Li ho fatti stamattina, mentre dormivi ancora-.

Ovviamente.
Sospiro e comincio a lavorare. Non so da quanto tempo sono qui seduto, ma riesco a vedere il cielo che si oscura fuori dalla finestra. É strano, svegliarsi dopo una lunga dormita, di pomeriggio.

-John-.

-Che c'è?-

-Hai finito?- chiede impazientemente.

-No, Sherlock. Non sono bravo quanto te-.

-Dai, John! Preferisci farti i compiti per casa o me?-
Per poco non cado dalla sedia, quando sento la sua domanda. Mi volto verso di lui, sentendo le guance imporporarmisi.

-Sherlock!-
Lui per un attimo pare confuso poi, ripensando a ciò che ha detto, si rende conto di quanto la sua frase sia compromettente e sgrana gli occhi, arrossendo.

-John, non é quello che intendevo!- esclama scandalizzato.
Lo guardo infilarsi convulsamente una mano tra i capelli.

-Te-. Non so nemmeno perché lo dico. La parola mi esce più veloce del pensiero, non dandomi la possibilità di rendermi conto di quello ho detto.
Lui alza di scatto la testa, guardandomi. Poi, sorride leggermente, facendo sorridere anche me.

College. ||Johnlock||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora