Lo stesso mare

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Delle notti mi svegliavo, avendo nella testa l'immagine di Yuri che piangeva con Makkachin disteso al suo fianco.
Io non stavo piangendo, rimanevo fermo ad osservarli. Yuri continuava a piangere, a chiamare il mio nome. Continuava, continuava.
Quando mi svegliavo sbarravo gli occhi ed emettevo un sono simile a quando si ha un groppo in gola. Cerco di trattenere almeno i miei tremori, ma Yuri si sveglia ogni volta e rimane con me abbracciandomi, finché non mi addormento.
Anche lui ha avuto questo momento, uno di grande debolezza, per il suo amico che se ne andava.
Ora posso comprenderlo in parte.
Dio, ti ringrazio di avermi fatto conoscere una persona così gentile e premurosa.
Questa storia degl'incubi durò per qualche settimana.
Yuri era stremato ogni mattina.
A San Pietroburgo era inverno inoltrato. Il Natale si avvicinava.
<<Viktor, cosa vuoi per il tuo compleanno?>>
<<Voglio te~>>
<<Te l'ho già detto, qualcos'altro.>>
<<Allora voglio un palo da poledance in casa>>
<<Viktor->>
<<Non voglio nulla, sta tranquillo>>
Cosa potevo desiderare, se non il mio ragazzo mezzo nudo che ballava ubriaco per casa?
<<La tua famiglia verrà?>> mi chiese.
<<Non penso>>
Passarono i giorni, ed arrivò la Vigilia.
Io e Yuri non andammo a pattinare, ad allenarci, o altro. Ci divertivamo per San Pietroburgo, con le bancarelle, la neve. Con quello che c'era sempre stato, ma che ora con lui era tutto diverso.
Quella sera tornammo ubriachi nel nostro appartamento, sparpagliammo i nostri vestiti per casa e iniziammo a fare- beh, avete capito.
Passammo tutta la notte tra i nostri movimenti, sopra e sotto le lenzuola. A sentire l'eco dei nostri gemiti che si fondevano con la notte. A gustare le labbra dell'altro che s'intingevano di passione. Tutta la notte a sognare che non arrivasse mai il mattino.
A chiedere a Dio degli istanti in più, anche solo per guardarci negli occhi, solo a vedere l'altro che affondava nel proprio desiderio.
<<Tanti auguri, Vitya>> mi sussurrò Yuri, mentre si reggeva a me.
Eravamo ancora nel bel mezzo della nostra "Unione" corpo a corpo.
<<Ti sembra il momento di farmi gli auguri?>> gli sorrisi, quasi scoppiando a ridere.
<<È che ogni anno cerco di vedere la tua espressione come se fossi appena venuto al mondo>>
Detto ciò, si strinse ancora di più a me. 
Proseguimmo tutta la notte. Io chiamavo il suo nome, lui il mio.
La luna udì tutto il nostro concerto fino al suo ritiro nell'alba.
Quando mi svegliai, Yuri non era accanto a me.
Delle mattine succedeva, anche se di rado. Solitamente mi sveglio prima io.
Udii il suono della porta principale. Chi è a quest'ora?
Mi alzai, infilandomi un paio di pantaloncini.
<<Chi c'è, Yur->>
L'immagine che ebbi di fronte fu sconcertante.
Era Yuri, con ancora il cappotto addosso.
Mi sorrise. Tra le braccia, aveva un cucciolo. Uno uguale a Makkachin la prima volta che lo portai a casa.
<<Buon compleanno, Viktor>>
Mi avvicinai stravolto, avvolsi il mio volto da un sorriso. Era uguale. Dio se era uguale.
Lo lasció a terra. Si mise a correre all'impazzata. Era proprio uguale. Si avvicinò poi a me. Mi salutò.
Sembrava la sua reincarnazione.
<<È bellissimo>> lo accarezzai, abbassandomi.
<<Si>>
<<Come lo chiamiamo?>> Yuri si abbassò al mio livello, vicino a me.
<<Ho un'idea, se ti va>>
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La pista ebbe riaperto dopo la festa di Capodanno, e tutti i pattinatori, tra cui me e Yuri, ritornarono.
Portammo con noi il cucciolo, che non poteva stare troppo da solo, per casa. Almeno per i primi tempi.
Lo portammo quindi al palazzetto. Appena entrati mi sfuggí dalla presa.
<<Oh diamine>>
Corse letteralmente da ogni persona, e tutti lo fissarono confusi: solo una persona poteva avere un cane del genere, che tutti conoscevano bene.
Quando mi videro corrergli dietro ne ebbero la certezza.
<<Vitya, ma che é?>> Yakov lo afferró.
<<É MAKKACHIN II*>>
<<Che? É la dinastia dei Makkachin? Hai proprio grande immaginazione>>
<<É un nome bellissimo. Sembra un Imperatore>>
Arrivò Yurio, interessato dai gridolini di compiacimento delle ragazze.
<<Che succed- Ommioddio >>
<<YURIO SALUTA MAKKACHIN II >>
<<CHE CAZZO DI NOME È>>
Passammo tutta la giornata più o meno così, se non che Yuri pattinava con la sua solita eleganza mentre io e Makkachin lo osservavamo.
Dopo pranzo tornammo a casa.
<<Viktor, tra una settimana ho le gare in Giappone...>>
<<E quindi?>>
<<Pensi che Makkachin ce la faccia a reggere il viaggio? Voglio dire... é piccolo>>
<<Quanto dovrai stare in Giappone?>>
<<Non più di un mese>>
<<Allora nessun problema, Yurio non avrà problemi a tenerlo, soprattutto con Yakov in giro>>
<<MA SEI IMPAZZITO?>>
<<L'alternativa è portarlo a casa tua in Giappone>>
Fu così che, una settimana dopo, alla giovane età di 8 mesi, Makkachin II fece il suo primo volo verso il Giappone.
Non sembrava dispiaciuto, anzi, si divertiva alle terme. Decidemmo anche che saremo rimasti ad Hasetsu per una settimana finite le gare.
Yuri era felice di rivedere la sua famiglia, io ero felice di rivedere loro e Makkachin II li conobbe per la prima volta.
Rimase la maggior parte del tempo da loro. Yuri si qualificò nuovamente e sarebbe stato pronto per i mondiali. La palestra dove si allenava era rimasta la stessa, se non con poster raffiguranti lui, con alcune sue medaglie.
<<Dovresti appendere pure la tua argento, visto che quell'anno ti ho strappato l'oro e l'ho appeso qui>> mi disse, per provocarmi.
<<Lo farò quando appenderai il palo da poledanc->>
<<AHHHH->>
Le terme sono un luogo fantastico. È qui che conobbi Yuri, o meglio, quando ci incontrammo la prima volta non di sfuggita, come durante le gare. Quando tutto fu deciso.
La mia camera di quando soggiornavo qui è stata occupata, ma poco male, dormirò nella sua di stanza.
Una notte Makkachin II imparò che quando le coperte iniziano a muoversi è meglio cercare un altro posto per dormire.
Certe notti sgattaiolavamo  fuori dalla finestra, anche con lui, e andavamo a passeggiare lungo la riva del mare. Il mare di Hasetsu è sempre quello. È sempre quel paesaggio indimenticabile. Le stelle che brillano, sembrano l'Eros di Yuri. Il rumore delle onde, e verso l'alba, i gabbiani che ci chiamano, a guardare verso l'orizzonte che loro possono raggiungere in qualsiasi momento, mentre noi siamo condannati ad aspettare, per varcare l'oceano.
Anche la settimana di vacanza è finita. Dobbiamo tornare in Russia, a prepararci per i mondiali.
La famiglia di Yuri da come sempre il suo supporto, e ci saluta con affetto.
Suo padre, seppur un pochino sconvolto, mi ha dato la sua benedizione. Mentre Yuri era impegnato, mi ha attirato in un angolo, dicendomi una frase che non dimenticherò mai:
<<Sei la persona che Yuuri ha amato da tutta una vita, ora sii tu ad amarlo per il resto della tua>>
Quindi partii con l'idea che, presto o tardi, avrei potuto chiamarlo suocero.
Strano a dirsi, ma non vedevo l'ora che Yuri abbandonasse la sua carriera, ma allo stesso tempo avrei voluto vederlo pattinare per sempre.
Sarebbe davvero tutto cambiato, una volta che lui avesse smesso di pattinare. Cosa voleva fare lui, dopo?
Forse ancora non lo sapeva.
Makkachin II ci sorrideva, e scodinzolava.
<<Yuri, dopo le gare, quando... la carriera da pattinatore finirà... cosa pensi di fare?>>
Mi guardò con uno sguardo perso, ma sincero.
<<Non ne sono sicuro ancora. Se nessuno mi vorrà più come pattinatore, penso di tornare ad Hasetsu>>
<<Capisco>>
<<Tu rimarrai a San Pietroburgo?>>
<<Non so, se tu andrai, penso seguirò te>>
<<Pensi che non ti mancherà?>>
<< Se nessuno ti vorrà come pattinatore, o coach, o qualsiasi altra cosa, non vuole neppure me>>
Ci addormentammo in aereo.
Arrivati a San Pietroburgo, ci dirigemmo subito a casa. Ritornammo a fare l'amore. Per tutto il tempo in cui eravamo in Giappone, non potevamo di certo emettere suoni molesti durante la notte.
Questa invece era la nostra casa.
"Certo che se Yuri ed io dovessimo andare, questa casa... "
Non volevo pensarci, non ora.
Non era il momento.
Eppure, più Yuri mi baciava, più chiamava il mio nome, più queste nostre mura racchiudevano il nostro amore. Non volevo lasciarle. Non volevo.
Yuri, chiamami ancora, più forte. Voglio sentire la tua voce, più forte del richiamo di questa casa.
Ancora, grida. Te ne prego.
Lascia che i tuoi occhi s'intingano di questa dimora.
Grida.

I colori che urlanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora