La settimana trascorse nel più completo relax. La mattinata con degli allenamenti per gli altri, i lavori domestici per noi.
La sera il ritrovo era alle terme, dove parlavamo appassionatamente, come se nulla fosse successo.
Nessuno era intimorito nel parlare con me, e anche se io non potevo guardarli, mi sentivo a mia volta a mio agio.
Quando ripartirono, ognuno per la propria patria, la nostra vita inizió a cambiare di nuovo.
Se era vero che la "leggenda del pattinaggio artistico russo" aveva perso la vista, era anche vero che la sua bellezza rimaneva (modestamente).
Non mi ritrovai quindi a dover lavorare alle terme, ma in uno studio fotografico. Era decisamente meglio.
Dopo un mese dal matrimonio, il mio volto, con gli occhi più chiari che mai, tornó sui giornali. Pure a Yuuri venne offerta la stessa possibilità, ma si limitò.
Sua sorella intanto, che attendeva il suo secondo figlio, era felice per gli aiuti dati nella gestione.
Ci trasferimmo in un'abitazione a due piani vicino alla pista di ghiaccio. Tutti ci sentivamo a nostro agio, come una tranquilla famiglia.
Yuuri si propose come allenatore alla palestra, ed ebbe successo assai. Le famiglie aumentarono abbastanza negli ultimi tempi, grazie alla sua fama. Molto bambini iniziarono a frequentare i corsi di pattinaggio.
Passarono i mesi, estate.
Caldo torrido, vacanze e ormai poco lavoro.
Vennero a trovarci Yurio e Altin (stranamente insieme) per passare una settimana in Giappone, dove tutto era regolare e nulla era cambiato: il "ragazzino" rimaneva dell'idea che "kotleta" era un incapace e l'altro, invece, taciturno e paziente.
Di questi tempi, anche dopo che i due se ne andarono, nulla stava mutando. I profumi della sera, delle locande, il fresco vento, il mare, quel bellissimo mare. Molte volte camminavamo sulla spiaggia. Avevo preso gusto ad usare quel solito bastone per i non vedenti, e il mio tatto e il mio udito erano notevolmente avanzati.
Non sapevo effettivamente quante volte Yuuri mi guardasse, durante il giorno. Non sapevo nemmeno cosa potesse vedere. Sapevo solo che mi parlava sempre, era sempre con me: la mattina mi svegliava dolcemente e la sera ci addormentavamo tra le nostre braccia. Farlo, durante la notte, non era affatto raro: le passioni non vanno placate, soprattutto nei momenti difficili.
Scivolavamo sulle lenzuola, e niente intorno a noi esisteva, la notte, se non il nostro amore.
Peró, durante il giorno, tutto tornava alla realtà.
E non era una realtà sempre felice.
In autunno, il padre di Yuuri si ammalò e morí. Ci fu un periodo veramente buio, per molti giorni.
Sua madre non dava a vedere nulla con gli altri, ma appena i figli stavano da soli con lei, era il momento di sfogarsi e liberarsi.
Fortunatamente, per il compleanno di Yuuri erano tutti tranquilli. Passó pure il mio.
A gennaio sua sorella diede alla luce un maschietto, che prese il nome del padre a cui erano tanto affezionati.
Tutto da lí proseguì magnificamente. Mio marito era un rinomato allenatore, io un prestigioso modello. Gestire le terme era semplice ora che tutto era sereno.
In inverno ci concedemmo un viaggio, per andare in Russia, per le gare di Yurio, e per trovare Makkachin.
Sentivo molte volte i giornalisti parlare di me e delle volte mi turbava assai. Era da parecchio che non sentivo la parola "Viktor" e "ghiaccio" vicine. Non pattinavo da molto... poche volte capitava che andassi alla pista con Yuuri, per fare qualcosa insieme. Di certo, non ero peggiorato, ricordavo ancora tutto, solo che era diverso pattinare guardando e pattinare senza vedere qualcosa. Sentivo solo il freddo, emanato da sotto i miei pattini.
Rimpatriati, tutto proseguí come era sempre stato.
Finché un giorno Yuuri mi portó con sé all'Ice Palace.
-Viktor, ora tu andrai da solo.- mi disse. Ero già sulla pista, e lui mi lasciò lí.
-Cosa vuoi fare?
-Voglio vederti rivivere.
Lui era tornato lo spettatore, che per una vita ha vissuto come mio fan. Io ero tornato da solo, sul ghiaccio, ma senza la vista.
Rimasi immobile, fino a quando i miei piedi si mossero. Mi avvicinai al bordo della pista. Segnai i confini con la mente, per poi tornare al centro.
Sentivo qualcosa, ma non sapevo cosa. Che siano stati i suoi occhi, che mi fissavano come sempre, oppure sia stata la mia anima, che per molto era stata soppressa dalla cecità, seppi solo volteggiare, saltare, distendere le mie braccia come il cielo, su quella distesa ghiacciata che per molto era stata l'unica mia ragione di vita. Rallentai. Yuuri entró nella pista, si avvicinó a me. Mi prese la mano che mi guidó, come fossi un bambino sperduto.
Nel silenzio più profondo, contornato solamente dal soffio del ferro sul ghiaccio, dilaniammo la nostra essenza che in tutti quei mesi era stata tormentata.
"Voglio pattinare"
"Voglio pattinare ancora"
Nulla ci fu nella mia mente, se non il desiderio di tornare a pattinare e il sorriso della persona che ora mi stava risollevando dalle mie tenebre.
-Yuuri.
-Viktor.
-Organizziamo un evento?
-Perché no?-Angolino
Sono qui dopo 25 anni (ormai vi sarete anche dimenticati di me no?)
Ebbene, ho deciso che la storia si allungherá... non so di quanto, ma lo farò.
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I colori che urlano
FanfictionSono ormai passati quattro anni dal Grand Prix. Viktor ha terminato la sua carriera e vive a San Pietroburgo con Yuri, intenzionato invece a continuare la propria. La loro nuova vita è segnata tuttavia da numerose turbolenze, che aggravano la loro v...