Buio

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La folla era in grande estasi per il suo campione, che ancora una volta si dimostrò sicuro di se sul ghiaccio.
La canzone era "Life" di Einaudi, una bellissima melodia. Come se riaffiorasse in lui la vecchia giovinezza, che poi lasciava posto allo Yuri contemporaneo.
Ero incantato nel guardarlo. I suoi occhi, le sue mani che mi cercavano.
Era tutto così perfettamente a posto.
Solo che, dopo poco, la mia vista si offuscó.
Vedevo solo sfocato, macchioline colorate in giro.
"Dov'é Yuri?"
Non riuscivo più a vederlo. Cosa mi stava succedendo?
Non sentivo più le dita delle mani, il freddo anello. Come mi reggevo in piedi? Non sentivo neppure le mie gambe. La testa pedante, sarebbe caduta al suolo da quanto pesava.
Mi accasciai a terra, come se avessi sonno, tanto sonno.
Non vidi più nulla.
Se non il buio. Un buio in cui urlavo.
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Mi svegliai la notte, in ospedale.
Yuri accanto a me, appena addormentato. Appena sentí che mi muovevo appena si alzò di colpo.
Mi prese una mano tremando e l'altra mi accarezzava la guancia.
Lo vedevo meglio di prima, ma ancora sfocato.
Cercavo di capire cosa fosse successo, ma Yuri stava cercando di trattenersi dal piangere e continuava a tastare la mia pelle come se non l'avesse toccata da anni.
Si alzó appena e mi abbracció, lo strinsi a mia volta.
Cercai di chiedergli cosa fosse successo, con calma, facendolo risedere, baciandolo dolcemente.
Mi disse dello svenimento improvviso, durante la competizione. Tutto andò avanti anche se io fui portato subito al primo soccorso del posto. Finita la sua gara, lo avvisarono che mi avrebbero portato all'ospedale perché non davo segni di vita. Nemmeno il tempo di avvisare, cambiarsi, qualsiasi altra cosa, prese Makkachin II e venne con me.
Divincolandosi dalla stampa, dai compagni, da tutti.
Non avevano nostre notizie da qualche ora. Pareva tutto ancora troppo tranquillo.
Entrò un uomo, un medico probabilmente. Fece delle domande che nessuno dei tre ascoltó, ma arrivò ad un serio punto.
<<Ebbene, signor Nikiforov, lei rischia una leggera perdita di vista, se non la cura, ovviamente>>
<< E che dovrei fare?>>
<<Dovrà indossare degli occhiali speciali. Sono come quelli normali, ma che le serviranno assolutamente>>
Non mi dispiaceva l'idea, pure Yuri portava gli occhiali e non erano un grande impegno.
<<Va bene>>
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Quando tornammo verso l'hotel, il giorno dopo, erano ancora tutti in ansia.
Nessuno aveva notizie, Yuri non aveva scritto nulla a nessuno e nessuno ha osato intrufolarsi nell'ospedale per dare scandalo ai giornali.
Furono solo sorpresi per gli occhiali, per la storia dello svenimento.
Yurio mi si avvicinò in privata.
<<Ti hanno detto perché hai questo problema?>>
<<Dicono che li abbia affaticati troppo. Sai com'é, mancanza di melanina, riflettori, flash costanti>>
<<Cazzate, fatti vedere da uno più esperto>>
<<Lo faró>>
Non ci andai.
A parte lo scompiglio generale, nulla di nuovo era successo. Yurio era in vantaggio di pochissimo, lasciando Yuri in seconda posizione.
Era vicina una vendetta di Yuri, che avrei apprezzato molto.
Durante gli allenamenti lui ondeggiava, e roteava.
"River flows in you" di Yiruma sarebbe stata una dedica particolare per il suo amato Giappone. Non era la cosa più patriottica che potesse fare, però ci aveva messo tutto il suo cuore.
Era malinconica, triste, ma allo stesso tempo piena di voglia di vivere e di euforia.
Lo osservavo e lui, ogni tanto, incrociava il mio sguardo.
"Questi occhiali non servono a nulla"
Vedevo sempre più sfocato. Forse dovrei davvero andare da un medico.
Passarono due giorni e l'altra gara ebbe inizio.
In questo lasso di tempo non vedevo esattamente una ceppa. Ero concentrato nella competizione e spesso andavo a sbandare contro qualcuno senza volerlo.
Yuri entró sul "campo" e iniziò a tambureggiare coi pattini sul ghiaccio.
A fine competizione, Yuri arrivó primo, per la gioia del suo paese e della sua famiglia. Saremmo rimasti solo per poco a festeggiare ad Hasetsu, con la sua famiglia.
Li guardai bene, cercando di memorizzare più cose possibili dei loro volti, volti che vedevo ogni giorno racchiusi in uno: quello di Yuri.
Partimmo quindi per la finale, e come una sottospecie di "anniversario", tornammo nel posto a noi tanto noto.
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Faceva fantasticamente freddo, il compleanno di Yuri passò e tenemmo in mente solamente l'ultima gara, quella decisiva.
Dopo un po' di tempo Yuri notó effettivamente che io non vedevo molto e, inoltre, non portavo mai gli occhiali.
<<Non mi servono>>
<<Si che ti servono>>
<<So quel che faccio, ora continua ad allenarti>>
Lui doveva pensare solamente alla gara.
In albergo tutto era molto ospitale.
Decidemmo di uscire da soli per un po', per conto nostro.
Guardare le luci.
<<Viktor, cosa vedi?>>
Indicó un punto, notai che tese il braccio. Vedevo solo una luce fioca.
<<Un lampione?>>
<<É un insegna>>
Tacemmo per un po'.
Ci fermammo vicino al ciglio di una strada, quasi vuota. Mi prese un braccio.
<<Viktor, ricordi qualche anno fa?>>
<<Si>>
<<Io non te l'ho mai chiesto, ma... come facevi ad avere pure tu >> e si guardó la mano, l'anulare <<un anello? Io ne avevo comprato uno, per te>>
<<Io ho pensato lo stesso, a quanto pare>>
Mi sorrise.
Era una delle migliori cose, il sorriso di Yuri. Si alzò per baciarmi.
Mi porsi.
Non ci toccammo mai.
Dal lato della strada arrivò un rombo.
Un tuono, due fanali impazziti.
Delle gomme roventi che sterzavano.
E di nuovo vidi il buio, mentre scansavo Yuri e venivo scaraventato a terra dall'auto.

I colori che urlanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora