Il dipinto - Fine

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Verso la fine di gennaio ritornavo già ad avere il vecchio ritmo sui pattini. Volavo sul ghiaccio.
Tutto quello che volevamo organizzare era semplice.
Yuuri colse l'occasione per far partecipare anche i suoi piccoli allievi.
"Gala sul ghiaccio, Gli angeli e i Principi" fu annunciato, sui vari cartelloni pubblicitari di Hasetsu.
Si parlava quindi di una recita sceneggiata dal famoso allenatore per far divertire i bambini del corso. O almeno, questo credeva la gente.
A metà febbraio si era previsto l'evento, e non alcuni, ma molti nostri conoscenti si fermarono per quel fine settimana. Yurio e Altin erano ancora a gareggiare, così come Christophe e alcuni altri pattinatori.
Poco importava, ci sarebbero state delle riprese che avrebbero presto caricato sul web.
In pratica, ci ritrovammo tutti elettrizzati in quel periodo.
Capitarono delle notti in cui Yuuri rimase sveglio, per attacchi di panico. Sono notti lunghe, senza tante parole, solo con lunghissimi abbracci.
Alla fine riuscì tuttavia a farcela (questo uomo va ubriacato più volte, ricordatemelo).
I bambini furono addestrati, il "palco" allestito e gli spettatori, tra genitori e visitatori, riempirono ben presto le tribune, quella sera.
Tutto risplendeva, nell'ombra della pista: i sorrisi dei bambini, le loro ali piumate, i nostri abiti e, a detta di Yuuri, la mia fronte.
Phichit si trovava in prima fila, con un suo amico coreano, e con il suo nuovo e ultra potente video registratore, che comprendeva una memoria beh... a detta mia infinita.
Il tutto era stato costruito circa così: le tribune da un lato lungo, e dal lato opposto un grande scenario, un castello, dal cui portone entravano e uscivano i bambini, vestiti da angioletti.
Si intonava la canzone di Aurora, "Runaway".
Partirono in cerchio, leggeri, roteavano dolcemente.
Si preparavano a descrivere il paesaggio paradisiaco.
Terminato il brano, il successivo fu di Tchaikovsky, The Nutcracker Op.71, fu dove entrammo in scena io e Yuuri. È famosa la melodia, si è sentita e risentita, ma la cosa che più si udii in quel momento furono le esclamazioni, lo stupore del pubblico, nel vedermi lì, in quello stato, ma lì. Nel ghiaccio, il posto in cui amo vivere.
Il paesaggio è calmo, amorevole. Io e lui, i due principi, avvolti dagli angioletti. Roteavamo, io non lo vedevo, ma lo sentivo. Sentivo dove Yuuri era, anche se le nostre mani si staccavano e ci abbandonavamo a due diversi luoghi della pista.
D'un tratto si interruppe la musica, e le luci si spensero. Si sentirono suoni di tuoni, e le luci vennero scagliate come lampi, si sentiva il forte vento e il parlare del temporale. Sulla pista i bimbi si scagliarono ovunque, a creare scompiglio, caos, confusione. Partì Vivaldi, con L'inverno. Il ritmo si velocizzò notevolmente, tutti scattarono, andando a ritmo coi violini, roteando e alzando le gambe. Erano dei piccoli prodigi.
Io e il mio principe coprimmo il perimetro della pista, con movimenti audaci, spaventati, ma anche sensuali e rapidi.
Finché il tutto non si calmò. O meglio, il ritmo iniziò a diventare giocoso, verso la fine. E quindi il temporale passò, e i principi, cioè noi, riprendemmo il controllo degli angeli: li tenemmo a noi vicini, muovendo le mani, con segni di conforto, per poi liberarli, all'inizio del penultimo brano: Offenbach, il Can Can. Divenne tutto gioioso. Le mie gambe si muovevano e non me ne rendevo neanche conto. Ridevamo, perché molti degli angeli si erano dati alla pazza gioia e si muovevano emozionati sulla pista, decorata ora dai colori. Questi colori urlano, urlano di gioia, di dolore, o di passione. Io non posso vederli questi colori, ma so che a tutti piacciono, perché li sento che sono felici. La felicità per loro è vedere i colori, che rimbalzano ovunque, che si poggiano sui loro volti e sui loro corpi, rendendoli buffi. Per loro la felicità è rincorrerli quei colori.
Per me la felicità sta in altro.
Essere sul ghiaccio.
Essere sul ghiaccio ed indossare i miei pattini preferiti.
Essere sul ghiaccio, ed essere entrato in pista già felice, perché con me c'è il mio principe.
Sul ghiaccio c'è la mia felicità, ma anche la mia disfatta.
Pensavo di non tornare più a pattinare di fronte a innumerevoli persone. Io avevo paura, ho paura tutt'ora. Perché avevo paura?
Di cadere e farmi male? Di sbagliare? Ormai non mi importava più. Avevo paura solo di non sentire più la stessa gioia, nel ballare con delle punte di ferro. Avevo paura di ricordarmi quanto fosse bello vedere, e quanto mi servisse, per fare cose decenti.
Però ora non mi importava più. Non mi interessa.
Il mio principe sta lì, che mi attende per l'ultimo ballo: Hasley, Colors.
Tutti ondeggiamo, ci prendiamo per mano, siamo tutti come una famiglia, una grande e ricca famiglia.
Muoviamo a tempo le braccia, le gambe, le mani si contorcono e lo stesso vale per la schiena.
Mi tornano alla mente tutti i momenti passati: quando stavo sul ghiaccio per passione giovanile, quando ormai ci stavo solo perché mi donava fama, ma mi faceva sentire solo... quello in cui ci stavo per amare qualcuno che poi è sempre rimasto al mio fianco.
Colui che mi sta attendendo, che si muove come mi muovo io. Coordinati dall'amore, ma anche dall'euforia.

Al termine della serata, portammo i bambini a cambiarsi, ci furono numerosi applausi anche dopo che uscimmo dalla pista. Poi li portammo dai genitori.
Yuuri mi prese per mano, quando tutto fu sistemato (circa) e mi portò dal suo amico, che già stava caricando qualcosa online.
Ci offrì la cena, ma eravamo decisamente troppo stanchi. Fortunatamente la nostra casa era lì vicina, così Phichit e l'altro ci lasciarono e noi andammo a dormire. Subito ci addormentammo, sul letto, senza cambiarci o altro: era stata una giornata davvero faticosa.

Il mattino successivo ci svegliammo con centinaia di chiamate perse e milioni di messaggi sui social: il video della recita era stato caricato. Le tre bambine dell'amica di Yuuri avevano trovato un alleato potente.
Nulla era cambiato in fondo. Mio marito finisce sui social e io mi innamoro di lui sempre di più, come successe la prima volta.
Lo stesso giorno tornammo al palazzetto e finimmo di sistemare tutto, per davvero questa volta.
Mentre nei mesi successivi la vita di tutti proseguiva, molti giornalisti continuarono a chiederci perché non tornassimo a gareggiare, non per forza in gare importanti, ma almeno per continuare il mito.
"Quando i colori urlano, è sempre meglio vedere tutto nero" rispose Yuuri, azzardato. Tutti rimasero incuriositi fino al midollo.
"È inutile gareggiare, se altri giovani concorrenti vogliono mettersi alla prova e diventare potenti, noi saremmo solo d'intralcio. I nuovi pattinatori sono i colori, è per questo che dobbiamo allontanarci da loro. Almeno, per quanto riguarda la competizione. Se invece si trattasse di insegnare, ben venga, lo facciamo già"

Passarono due anni, mi trovavo a casa da solo, un pomeriggio, con Makkachin II.
Yuuri era partito per l' Europa per una gara, ma non come pattinatore, ma come allenatore.
Il vecchio Yakov era andato in pensione e indovina un po', al piccolo Yurio serviva una figura adulta che almeno si fingesse suo coach per quella stagione.
Pensare ai tempi in cui nemmeno potevano stare più vicini di 2 metri, che già era guerra. Hanno finalmente instaurato un forte rapporto, e ne sono felice.
-Makkachin II, finché Yuuri non torna, le pulisci tu le stoviglie?-
-Le pulisci tu, non ti azzardare a lasciare tutto sulle spalle del nostro cane.- sentii una voce da dietro. Yuuri era tornato.
-Sei già - mi interruppe, mollando tutte le sue cose vicino al divano, e buttandosi sopra di me. Ci accarezzammo.
-Sii fiero, è arrivato primo.
-Ma è fantastico, incredibile!
-E poi...- allungò il suo volto verso il mio, baciando le mie labbra- volevo tornare a casa.
Stetti un secondo in silenzio, sorpreso.
-Sai già se dovrai ripartire?- chiesi.
-Facciamo finta che io non debba più andare via. Che io rimanga con te, ma che inizi a dipingere, invece di pattinare. Soffriresti?
-Beh...
-In ogni caso si soffre, un pochino. Però ora, in questo momento, che so che sono qui, voglio passarlo con te, capisci? Non mi importa di niente, se non di te ... e di Makkachin II.
-C'hai provato a fare il romanticone, apprezzo molto - iniziai a ridacchiare.
Ci scambiammo qualche bacio, qualche lieve tocco.
-Yuuri...
-Si?
-Il pittore lo stavo facendo io però ... non mi rubare la scena.
-Davvero? Sul serio? E che dipingi?- si stava incuriosendo.
-Arte moderna, alzati, che te lo mostro.
Ci alzammo e lo obbligai a seguirmi, anche se lui era notevolmente a pezzi.
Nella camera degli ospiti avevo impostato il cavalletto, secchi di colore e pennelli... e tante tavole di legno e tele. Quella sul cavalletto era coperta da un mantellino. Lo scoprii. Yuuri rimase in silenzio, probabilmente sconcertato: quello che avevo fatto era un miscuglio di colori, spruzzate, pennellate.
-Questo... cosa significa?
-Queste sono le nostre esibizioni, sono la gioia, la delusione, l'agonia, l'emozione, il terrore e l'amore.
-Oh... e ha un nome?- mi avvicinai a lui, infilando un braccio dietro la sua schiena, lui fece lo stesso. Fissammo il dipinto.
-I colori che urlano.

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Ehhh si
Bello vero
Io faccio finire sempre tutto così bene
Avevo promesso altre parti, ma... avrei fatto morire altra gente innocente e NON MI ANDAVA OKEY?
Mi ritrovo ad ammucchiare un po' tutto perché ... so che poi mi dimentico di aggiornare e bye bye storia...
ALMENO ORA È FINITA, ALLELUJA
Grazie a tutti coloro che hanno seguito, davvero... mi commuovo. È la prima ff che concludo incredibilmente... devo migliorare sotto molti aspetti, però ho la testa troppo dura...
Fanciulle e fanciulli, vi auguro un buon ritorno a scuola!
(Ora mi uccidete lo so)
Tenete presente che le canzoni che ho messo le trovate tutte su YouTube (beh ovviamente HAHAHA)
In particolare Colors, mi piace di più la versione maschile... forse perché mi ricorda di più la relazione tra i due personaggi.
DETTO CIÒ
A PRESTO

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 16, 2017 ⏰

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