03. Colpe ed espiazione.

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Mentre la giustizia seguiva il suo corso con gli efori, mio padre ed io decidemmo di allontanarci un momento dalla folla di gente riunitasi davanti all'apella. I momenti in cui io ed io il mio divino genitore ci confidavamo erano pochi e spesso si riducevano a delle riunioni di guerra. Essere un dio iracondo e violento, devoto alla guerra e ai massacri, non aiutava certamente mio padre ad essere un genitore affettuoso con cui scambiare un abbraccio, da cui avere un bacio in fronte o con cui semplicemente avere una conversazione amichevole o confidenziale. Quindi ogni momento era buono per stare con lui, discutere di guerre, alleanze ed esiti bellici era l'unico istante in cui tra noi c'era un contatto. I miei fratelli non se ne curavano più di tanto: loro erano maschi e si capivano con un solo sguardo, mentre io mi sentivo quasi un'intrusa, tra loro due. Mia sorella Armonia era l'unica con cui potevo parlare e confidarmi, anche perché era l'unica sorella che era ancora in vita.

«Dovrai prepararti, Pólemos.»mi disse mio padre, riportandomi alla realtà. «Questa battaglia sarà dura e faticosa.»

«Ci sono abituata, padre.»risposi, continuando a camminare per le strade della polis, mentre tutti si voltavano a guardarci. Sorrisi, esprimendo a voce alta un mio pensiero: «Finalmente, dopo tanti anni, vi fate vedere a Sparta!»

Anche lui sorrise, sorprendendomi. «Sai che preferisco restare in Tracia, in pace e in solitudine.»

«Forse è ora di cambiare, padre. Gli spartiati vi guardano con ammirazione e timore al tempo stesso e penso che si sentirebbero in un certo senso protetti, se voi vi trasferiste qui!»

«A Sparta?»fece lui, guardandomi con la fronte aggrottata.

«Non vi piace l'idea?»gli domandai, sperando con tutta me stessa che lui rispondesse il contrario.

«Sono trasparente come l’acqua, per te, figlia mia adorata!»ridacchiò lui, posandomi una mano sulla guancia e provando ad accarezzarmi. «Tu riesci a comprendermi come solo tua madre sa fare.»

Mio padre che mostrava affetto era come un cieco che vede per la prima volta, non sapeva da che parte iniziare, tanta era la sua ignoranza nel comportarsi con amore. Solo una donna aveva destato in lui l'amore ed era la stessa donna che, ora, mio padre non voleva vedere.

Gli sorrisi a mia volta, scacciando quei pensieri dalla mia testa e prendendo la mano di mio padre tra le mie.

«Tra tutti i miei figli, sei quella che più mi somiglia caratterialmente e sei colei che ha i miei stessi pensieri!»continuò. «Vedi, quando mi hai posto la domanda se non mi piacesse l'idea di stare qui, a Sparta, ho letto l'ansia nei tuoi occhi e l'ho percepita dalle tue parole. E mi risulta difficile contrariarti...»

«Quindi resterete?»lo interruppi, felice.

«Sai che tuo nonno sarà contrario a questa cosa.»mi disse mio padre.

«Proverò a convincerlo io!»sghignazzai, sfregandomi le mani con aria furba.

Alla mia espressione vidi mio padre ridere contento e non riuscii a trattenermi dal buttarmi tra le sue braccia. Subito lo sentii irrigidirsi e mi spostai velocemente, spalancando impaurita gli occhi.

«Scusate, padre!»esclamai. «Non volevo farlo... Io... Mi dispiace!»

Lui si rilassò, cercando di non dare a vedere il suo fastidio e incurvò gli angoli delle labbra in su, ma si vedeva che era a disagio. «Sta tranquilla, figlia mia. Tranquilla, non c'è alcun problema!»

«No, io... forse è meglio che io vada!»continuai correndo via, mentre mio padre mi chiamava.

Mi nascosi nel bosco vicino alla città, pensando e ripensando a quello che era appena successo: la verità era che, per quanto volessi che mio padre mi amasse come tutti i padri mortali facevano, lui non sarebbe mai riuscito ad accogliermi nel suo cuore e io non sarei mai riuscita a farvi breccia.

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