18. Atene.

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«Avanti, figli della Grecia,
liberate la terra dei padri,
liberate i vostri figli, le vostre donne,
gli altari dedicati agli dèi dei vostri avi,
e le tombe dei vostri antenati:
ora c'è la guerra per tutte le cose.»

(Inno bellico dei Greci.)

In inverno, gli ateniesi riuscirono a tornare nella loro adorata polis, razziata e distrutta dai Persiani. Molti erano coloro che piangevano nel vedere il destino della loro casa, della loro bottega. I templi erano stati saccheggiati e profanati. Della bellezza di Atene non rimaneva che un vago ricordo, fumoso e confuso.

«Che tristezza.»commentai, camminando per le strade della polis al fianco di Temistocle.

«È stata una punzione, da parte dei Generali di Serse.»disse lui, mentre guardavamo quel che rimaneva di una casa.

Delle urla giunsero dall'Acropoli e, dopo un rapido scambio di sguardi, l'ateniese ed io corremmo verso il luogo, trovando corpi senza testa, braccia o gambe. Teste ed arti erano gettati tutti intorno, formando una lugubre rappresentazione del simbolo di Legione: due serpenti incrociati tra loro. Sgranai gli occhi: era un sacrificio umano! Un sacrificio fatto per alimentare il suo potere, per accrescere la sua forza. Rivelai il significato a Temistocle, che mi rivolse un'occhiata a metà tra la rabbia e il disgusto.

«Quel demonio è una belva!»esclamò, ordinando ad alcuni soldati di allontanare i presenti e agli schiavi di ripulire tutto, bruciando i resti.

Legione era stato lì, quindi. Magari dove avevo i piedi adesso, lui si era eretto a sacerdote officiante per il sacrificio rivolto a sé stesso. Solo Serse aveva potuto offrirgli man forte. Solo un animale come Legione. Sospirai, continuando a camminare a testa alta.

«Mia signora!»mi chiamò Attalos, sbucando dall'interno di una abitazione e facendomi cenno di raggiungerlo.

Corsi verso di lui e Attalos mi disse di aver trovato una maledizione scritta col sangue sul muro di quella casa. Ordinai immediatamente di abbattere quella costruzione e di sbriciolare quella parete, poi dissi a tutti i Vrykolakas di cercare nella polis qualsiasi altra iscrizione simile a quella trovata dal mio fido compagno.

«Quella bestia può attraversare paesi interi, passando da un'iscrizione a un'altra.»spiegai loro. «Non lasciate scappare ai vostri occhi nessuno di queste! Distruggete tutto, se necessario.»

Sentii Temistocle sussultare. Lo comprendevo: mi aveva appena udito dire di radere al suolo Atene, piuttosto che lasciare Legione libero di andare e venire nella regione. L'ateniese fu più tranquillo quando capimmo che era stata scritta solo una maledizione e che Atene era libera da qualsiasi minaccia. Chiaramente dovevamo aspettarci il ritorno dei Persiani, ma al momento il pericolo era lontano.

«Chissà cosa starà accadendo a Sparta.»disse Varsos, attirando l'attenzione di tutti quanti, persino degli ateniesi.

«Se volete tornare a salutare i vostri parenti, per oggi siete liberi.»permisi loro.

Varsos era felice di tornare nella sua città, ma non era d'accordo di lasciarmi lì, senza protezione. Sofia mi propose di tornare con loro, ma io negli quella possibilità.

«Non ho intenzione di vedere Brithos.»ringhiai agitata alla possibilità di incontrarlo per la polis spartana.

Tutti si irrigidirono nel vedermi irritata, ma Sofia non demorse e si fece avanti, torturandosi le mani. «Mia signora...»iniziò lei, indecisa se parlare o meno. La esortai ad andare avanti, non mi sarei adirata per quel che avrebbe detto. «Brithos non sarà alla polis

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