06. Nuovi, pericolosi nemici.

223 15 0
                                    

Mi voltai e vidi alle mie spalle la figura imponente di mio padre, il grande Ares, armato fino ai denti e con il corpo in tensione. Dalla sua postura capii subito che non c'era da festeggiare e rimasi ferma immobile a guardarlo, come fecero anche i miei fratelli. Gli occhi di mio padre erano così trasparenti e diretti, per me, che compresi subito quale sarebbe stata la notizia che ci aveva portato e il motivo per cui era così armato.

«Padre!»lo chiamò preoccupato Deimos. «Cosa è accaduto?»

«Vieni con me, figlia.»mi ordinò Ares, facendomi segno di seguirlo.

Gli andai incontro e, insieme, entrammo nella casa della famiglia di Leonida, seguiti da Deimos e Phobos, dal Re e da Acrisius. Ci fermammo tutti all'ingresso della casa, poi mi voltai verso il grande Ares, il quale ancora non mi aveva dato la notizia che, in fondo al mio cuore, sapevo riguardasse Legione.

Ero consapevole che quel maledetto non mi avrebbe mai lasciata vivere in pace, non avrebbe mai smesso di darmi la caccia, finché non mi avrebbe uccisa.

Volevo sapere se si trattava di lui. E volevo saperlo in quel momento!

«Padre...»sussurrai, sperando che andasse dritto al punto, come faceva sempre.

Lui guardò prima Deimos, poi si voltò verso di me. «Non sei più al sicuro, figlia mia.»disse mio padre.

Da quelle parole capii tutto e caddi in ginocchio, tremando. «Ve ne prego... Ditemi che è uno scherzo, padre!»

«Temo non lo sia, figlia adorata.»scosse la testa lui. «Il fratello del mio grande padre, mio zio Ade, ci ha riferito che Legione è riuscito a fuggire dal Tartaro, dopo aver divorato delle anime!»

Acrisius mi venne vicino e mi aiutò a sollevarmi da terra, mentre i miei fratelli si irrigidivano. Deimos mi fissò dispiaciuto. «Non posso essere stato io a richiamarlo, padre!»disse, cercando di convincere più sé stesso, che noi. «Io l'ho nominato solo un'ora fa...»

«E' fuggito stamani.»lo interruppe nostro padre. «Tu non c'entri nulla, ma l'hai nominato e sa dove ci troviamo. Persino ora potrebbe essere qui.»

Per poco non presi a battere i pugni contro il torace di Acrisius per la disperazione: Legione era riuscito a fuggire dall'Ade. Era fuggito dall'Ade per reclamare la sua vendetta contro i miei fratelli e contro mio zio e mio padre. E per reclamare me.

Non lo avrebbe fermato nessuno dal tormentare la mia famiglia e me specialmente. Sembravamo nati per quello, Legione ed io: lui per tormentarmi ed io per essere tormentata da lui. Era terrificante e pauroso essere consapevole che, fin quando nessuno sarebbe riuscito a distruggere Legione, lui mi avrebbe cercata ovunque, senza tregua.

Mi tornarono subito alla mente i ricordi dei momenti che avevo passato con quel demone: le sue torture, i suoi ricatti. Aveva fatto di me la sua schiava, mi manovrava come più gli piaceva e nemmeno la mia minaccia di vendetta lo aveva fatto desistere dal comportarsi a quella maniera, anzi! Quando tentai di tornare sull'Olimpo per sfuggire ai suoi soprusi, Legione mi aveva rinchiusa in una grotta, stregandomi.

E da quel momento divenni un burattino, il burattino di Legione.

Tornai al presente e incrociai lo sguardo di Ares. «Non voglio essere di nuovo sua prigioniera, padre!»iniziai a singhiozzare. «Vi prego, uccidetemi. Così almeno non cadrò nelle sue mani!»

«Non dire idiozie, Pòlemos!»disse subito lui, afferrandomi per le braccia e scuotendomi con violenza. «Tu sei l'unica figlia femmina che mi è rimasta, oltre tua sorella e non permetterò a nessun essere indegno di toccarti!»

«Voi non capite!»piansi io, mentre i miei fratelli si facevano più vicini a me. «Se lui è tornato, l'ha fatto perché vuole uccidermi!»

«Pòlemos, quel bastardo non ti farà nulla, finché vivrò.»mi rassicurò mio padre, stringendomi tra le sue braccia.

Spartan God.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora