15. Tradimento. (IN REVISIONE!!!)

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«Brithos, ora!»

L'urlo di mio padre risuonò in tutta la radura, facendoci sussultare. Era una giornata dal cielo particolarmente terso e i Vrykolakas, che ormai erano un centinaio, stavano osservando le potenzialità che Brithos era riuscito ad accrescere nell'ultimo mese: era davvero straordinario come potesse far esplodere qualsiasi cosa solo con un semplice gesto della mano!

Nessun altro ne era capace e per fortuna! Brithos si abbeverava dalla mia vena in continuazione per accrescere quella sua capacità ed io mi trovavo sempre stanca e spossata. Ad un certo punto anch'io avevo iniziato ad attaccarmi alla sua vena e, stranamente, sembrava che entrambi ci dissetassimo a vicenda piuttosto bene. Non sentivamo più il bisogno di andare a caccia ed eravamo ancora più forti di quando bevevamo sangue animale.

Avevo condiviso quella scoperta con mio padre e i miei fratelli e loro si erano subito chiesti da quanto tempo quella cosa tra Brithos e me andasse avanti. Io avevo risposto loro con chiarezza e onestà e loro non avevano avanzato altre questioni, concentrandosi invece sullo scambio di sangue tra Vrykolakas.

Era così accaduto che Phobos si nutrisse da Adara e viceversa e che nostro fratello Deimos e Leandra - una cugina di Claus, diventata da poco immortale come noi - si abbeverassero l'uno dall'altra.

Un forte frastuono attirò la mia attenzione e mi fece mettere sull'attenti: la parete di roccia che avevamo di fronte crollò ai nostri piedi, in una nuvola di polvere e piccoli sassi che ruzzolarono fino ai nostri piedi. Mi abbassai a raccoglierne uno e, quando tornai in piedi, notai che Brithos mi fissava serio e impettito.

Assottigliai gli occhi e gli restituii lo sguardo.

Mio padre rise e lo prese per le spalle. «Bravo ragazzo! Questa è la grinta di cui necessitiamo!»

Brithos sembrava impacciato e rimase fermo al suo posto, mentre Ares si voltava verso di noi. «Avete capito? Ecco come si estrapola la nostra potenza! Ovviamente non avrete le stesse capacità e non tutti avrete la possibilità di fare qualcosa di così straordinario, ma la nostra forza e la nostra longevità ci aiuteranno molto, in futuro!»

Iris mi strinse la mano, impaurita da quel che aveva appena visto. La bambina e suo fratello erano curati dalla madre di Acrisius per la maggior parte del tempo, ma stavano anche con me e con Acrisius stesso e Claus. I due insegnavano alla bambina antiche storie spartane, mentre Brithos non perdeva tempo con lei. Sembrava che i due bambini non gli piacessero, nonostante si fosse preso cura di loro, appena li avevamo trovati.

Avevamo litigato per quel motivo e ora Brithos sembrava essersi allontanato da me. Non cercava nemmeno più il calore del mio corpo, né il mio sangue. Per quest'ultimo aveva chiesto ad Antigone, sua cugina. Antigone era una ragazza molto magra e alta quanto me, ma aveva dei meravigliosi capelli color miele e occhi neri come la pece e vedevo come tutti la guardavano: sembravano ammirarla e al tempo stesso prestarle la massima attenzione, come se potesse rompersi da un momento all'altro per quanto era delicata.

Ogni volta che la guardavo, mi montava una rabbia dentro... una rabbia distruttiva, una rabbia che avrei dovuto rivolgere a Legione, ovunque egli si trovasse!

«Figlia!»mi chiamò mio padre, facendomi sussultare. «Ti vedo fin troppo distratta, in questi tempi! Dovresti sapere a cosa stiamo per andare incontro, no?»

Annuii e mi schiarii la voce. «Sì, padre. Il fatto è che...»

«Non mi interessa, Pòlemos.»mi interruppe lui, facendo un gesto secco con la mano. «È ora di pensare al futuro di Sparta! Alla sua salvezza!»

Non replicai nulla. Mio padre aveva ragione: mi trovavo sulla terra, in mezzo ai mortali, perché dovevo aiutare la Grecia a scacciare il falso dio Serse e per catturare il demone Legione, ma mi stavo facendo distrarre da situazioni personali che mi avevano fatto perdere il giusto sentiero. Lasciai la mano di Iris per evitare di farle del male e strinsi le mie in due pugni, incamerando la mia rabbia e cercando di zittirla.

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