Cuatro.

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Emily's point of view.

Dopo essere rimasta nel letto per buona parte della mattina con Paco che mi girava attorno annusandomi, decisi di alzarmi dal letto e di provarci da sola.
Sentivo il piccolo peloso girarmi attorno e sentivo il suo respiro sulle mie gambe nude così con le mani cercai il suo muso per accarezzarlo e magari ricevere qualche leccata di affetto.
Sentii le sue orecchie morbide sotto le mie dita e gliele tiracchiai leggermente.
Sentii un piccolo mugolio che mi fece ridere e cercai di avvicinarmi con il naso al suo umido.
Lui mi morse leggermente ma poi mi lasciò un bacino.
Lo presi in braccio e mi ributtai sul letto.
Avrei tanto voluto vedere i suoi occhioni come me li descriveva Álvaro, i suoi occhioni marroni pieni d'amore e il suo musino da cucciolo allegro e giocoso e le sue zampette pelose.
"Ma sei bellissimo..." dissi "Anche se vorrei tanto vederti..." continuai abbassando lo sguardo.
Lui percepì subito la mia tristezza e si accoccolò quasi a volermi abbracciare.
Dopo poco decisi davvero di alzarmi e presi il bastone che la sera prima avevo appoggiato accanto al letto.
Iniziai a camminare e man mano che arrivavo verso il salotto sentivo Álvaro sospirare di tanto in tanto e il rumore della tastiera del computer portatile su cui digitava velocemente.
Mi avvicinai ancora un po' e, per come ricordavo il nostro salotto, lui doveva essere girato di spalle.
Man mano che mi avvicinavo sentivo il divano sempre più vicino così appoggiai il bastone lentamente e cercai le spalle di Álvaro con le mani.
Per prima cosa trovai i suoi capelli e risi a sentirli morbidi e privi del gel che li rendeva rigidi e secchi.
Non mi piacevano quando lo metteva ma lui ne andava pazzo così decisi di lasciarlo stare con il suo gel.
Probabilmente l'amore della sua vita era proprio lui.
Tastai le sue spalle e lo sentii quasi ridere.
"Che fai?" chiesi dolcemente.
Lui prese le mie mani e ci lasciò un bacio.
"Cerco una cosa, amore.." rispose.
Ogni volta che mi chiamava in quel modo per me era un colpo al cuore, il più bello.
Ricorderò sempre quando una sera d'estate eravamo a vedere le stelle cadenti e lui mi dette il suo primo regalo.
Stavamo insieme da meno di un mese ma l'amore che ci legava era già travolgente e bellissimo.
Mi regalò un portachiavi per le mie nuove chiavi di casa, la sua.
Mi disse che potevo andare quando volevo, anche nel cuore della notte.
Il portachiave era un orsetto di metallo che abbracciava un cuore dai colori della Spagna, la sua nazione di nascita.
"Potrai venire quando vorrai, amore mio.."
Non seppi mai se gli scappò o se lo avesse detto davvero perchè voleva ma ero sicura che non l'avrei mai dimenticato.
Ritornai alla realtà lasciando stare i pensieri e mi accorsi di star ancora accarezzando le sue spalle e che lui era in attesa di una risposta.
"Mi piacerebbe tanto aiutarti..." risposi per poi staccarmi leggermente da lui e rattristirmi.
Tutta quella situazione mi uccideva e il pessimismo della mia natura mi stava avvolgendo sempre di più.
Ero sicura che non mi sarei mai abituata alla cecità ma ero altrettanto sicura che dovevo accettarlo, niente mi avrebbe fatto rivedere gli occhi del mio amato e il suo viso.
"In realtà sono io che sto aiutando te..." disse mentre lo sentii girarsi verso di me.
Mi prese le mani e le portò sulla sua guancia ruvida per via della barba, sapeva bene che a me piaceva.
Gli dava più un senso di "persona seria" anche se di serio aveva poco.
Era ancora un bambinone in realtà, ma io lo amavo talmente tanto da appoggiare ogni sua scelta ragionevole.
"Cosa stai facendo?" chiesi balbettando.
"Tento di farti felice.." rispose lui e lo sentii ancora muoversi, probabilmente aveva appoggiato il computer sul tavolino di vetro che stava davanti al divano.
"Ma tu mi fai già felice standomi accanto ogni giorno..." risposi "Non ho bisogno di altro.." continuai spaesata.
Lui sospirò e poi mi riprese le mani ponendosi davanti a me.
"Sai bene a cosa mi riferisco..." disse piano mentre nel frattempo sentii le piccole zampette di Paco arrivare in salotto picchiettando sul pavimento, probabilmente era rimasto a giocare con le lenzuola del letto sfatto.
"Sto cercando qualcuno che risolva il tuo problema.." disse ancora dopo aver ripreso l'attenzione.
"Álvaro, ne abbiamo già parlato." dissi innervosendomi subito e lasciando le sue mani.
Sentii anche il suo di nervosismo e lo sentii ancora meglio quando dette un pugno sul muro e il suono sordo della sua mano impattarsi lì, mi fece rabbrividire.
Una lacrima scese subito lungo la mia guancia quando sobbalzai.
Non mi aspettavo quella reazione da lui.
"Non farti male per me, non ne vale la pena..." dissi tra un singhiozzo e l'altro "Ti prego, accettiamo la nostra vita così com'è...non ti obbligo nemmeno a stare con me..." continuai portami un mano sul viso.
"No Emily, il modo di guarire c'è." continuò lui.
Un'altra cosa che amavo alla follia era il suo essere determinato, se si fissava su una cosa doveva ottenerla ed era anche un po' quello che aveva fatto con me.
"Smettila!" urlai "Se continui così non lo accetterò mai!" continuai ancora con un tono di voce che da me non era mai uscito.
"Perchè non devi accettarlo!" urlò lui di rimando "Tu puoi tornare a vedere, a vedere me e a vedere lui."
Il pianto si faceva sempre più disperato mentre le gambe quasi mi tremavano.
"E sto indicando Paco."
Immaginai il cagnolino guardarci spaventato dalle nostre urla ma sempre con uno sguardo dolce nei suoi occhietti.
Scoppiai definitivamente a piangere mentre prendevo il bastone tra le mie dita per tornare in camera.
Sentii Álvaro avvicinarsi leggermente come per abbracciarmi ma mi scansai definitivamente.
Tornai in camera a passi non troppo veloci e mi ributtai nel letto.
Affondai il viso sul cuscino e piansi tutto quello che potevo piangere.
Dal motivo della litigata alla mia vita stessa.
Oramai ero destinata a quello e tutti dovevamo accettarlo, io per prima.
Passarono pochi minuti a quando Paco venne ai piedi del letto.
Era ancora piccolo per salire da solo così, per farsi capire, mugolò dolcemente.
Misi una mano fuori dal letto e lui venne subito ad annusarmela così che io potei prenderlo in braccio e tirarlo accanto a me.
Mi annusò tutto il viso e mi diede tanti baci di affetto e amore, anche a lui non piaceva che i suoi padroni litigassero.
"Perchè è tutto così difficile?" chiesi ingenuamente a lui che non poteva rispondermi.
Ottenni solo un mugolio e il suo muso caldo e peloso appoggiarsi al mio petto.
Lo abbracciai stretto a me e continuai a piangere chiedendomi cosa stesse facendo Álvaro in salotto, se anche a lui facesse così male litigare, se anche lui avesse bisogno di un abbraccio e di un bacio come ne avevo bisogno io in quel momento.
La verità era che facevo la forte, la menefreghista, ma in realtà ero la più debole di tutti.
Non riuscivo a vivere in quello stato e la cosa che più mi faceva soffrire era sentire, nella vita di tutti i giorni, quanto soffriva Álvaro.
Paco si rotolò a fianco a me e appoggiò il muso al mio braccio mentre io, piano piano, mi stavo addormentando con le lacrime secche sul viso e il tremolio delle mani, mia caratteristica durante i pianti.
Mi svegliai dopo non so quanto tempo, Paco non era più accanto a me e sentivo la voce del mio ragazzo parlare con toni giocosi, probabilmente stava giocando proprio con il cucciolo.
Decisi di andare in cucina a bere o mangiare qualcosa, sentivo la gola tremendamente secca.
Non presi il bastone, dovevo imparare a fare senza.
Arrivai fino in corridoio senza problemi e intanto la voce di Álvaro si era zittita.
Qualche secondo prima di arrivare in cucina inciampai su qualcosa di simile ad una pallina e persi l'equilibrio ma due braccia mi tennero in piedi.
Sentivo la sua pelle liscia uscire dalle maniche corte e le sue mani dietro la mia schiena mentre mi abbracciava.
Quelle due braccia forti erano sempre state la mia salvezza e da quel giorno lo sarebbero state di più.
Il mio corpo tremava dalla paura e dallo spavento ma allo stesso tempo cercavo anche di essere dura con lui.
"Tranquilla, non sei caduta..." disse con voce dolcissima e più vicina che mai.
"Sì, l'ho capito..." balbettai ancora spaventata.
Lui mi strinse di più e mi baciò leggermente i capelli.
"Amore..." mi chiamò per poi alzare il mio sguardo spento "Anche se mi mandi via, se mi rifiuti, se sei arrabbiata e non mi vuoi al tuo fianco, io non me ne vado. Non ti lascio sola ora." continuò stringendomi forte.
"Mi dispiace che questa cosa ci faccia litigare, so che fa male anche a te litigare...ti ha sempre fatto male e non può che non farlo anche ora." cominciò di nuovo a parlare "Beh, fa male anche a me perchè sei tutta la mia vita, sei tutto ciò che ho e quindi vederti soffrire mi logora dentro." proseguì.
Non riuscii a parlare, quelle parole mi toccarono profondamente.
Io e Álvaro avevamo litigato altre volte in due anni di relazione ma quella litigata fece molto più male ad entrambi.
"So che queste litigate sono dettate da questo periodo, sono cambiate tante cose nella nostra vita ma sono sicuro che tutto si sistemerà, io ti amo e non ti lascio sola in questo momento." disse ancora.
Sapeva sempre che parole usare con me, sapeva ciò che mi faceva male e ciò che serviva a sciogliermi i nervi.
"Álvaro io..." iniziai ma poi scoppiai di nuovo a piangere.
Tutto il pentimento e il dolore che erano nel mio corpo, uscirono sotto forma di lacrime.
"Scusami, ti prego..." singhiozzai ancora.
"Va tutto bene amore mio, tutto bene..." mi baciò ripetutamente la fronte e sentii le sue lacrime scorrermi sulla pelle.
"Non piangere anche tu, ti prego..." dissi piano "Basto io..." continuai stringendolo di più.
Lui mi strinse ancora e io sospirai calmandomi definitivamente.
"Mi dai un bacio?" chiesi probabilmente arrossendo, non ero solita chiedere baci e mi imbarazzava molto.
"Certo..." rispose lui ed ero sicura di poter sentire un sorriso nel suo tono di voce.
Il contatto con le sue labbra fu lento e carico di emozioni.
Sentii in esso un sapore nuovo, che non potevo cogliere ad occhi aperti.
Era qualcosa che andava oltre il profumo, oltre la bellezza. Era pura essenza di amore.
Non appena mi staccai da lui, sorrisi subito e tesi le dita fino ad appoggiarle alle sue labbra.
Le accarezzai dolcemente poi lo abbracciai di nuovo.
Sentii le sue mani prendermi in braccio dalle cosce e camminare di poco, poi sentii il muro dietro di me e le sue labbra nuovamente sulle mie ma solo per poco.
Le sue mani scorrevano sui miei fianchi fino a farmi il solletico di cui soffrivo particolarmente.
Iniziai a ridere senza riuscire a fermarmi e in mezzo a quelle risate ogni tanto cercavo di farlo smettere ma era inutile.
"Basta Álvaro.." quasi urlai sempre ridendo.
Lui si fermò subito e ci fu un attimo di silenzio.
"Finalmente ridi..." disse ancora.
"Grazie a te..." continuai per poi abbracciarlo di nuovo e farmi trasportare sul divano dove avrei passato tutto il pomeriggio in mezzo alle sue coccole.

You were my eyes when I couldn't see. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora