Quince.

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Álvaro’s point of view.
Quando mi svegliai dal sonnellino che avevo fatto insieme a lei, le appoggiai subito una mano sulla fronte per sentire la febbre che, purtroppo, non era ancora scesa.
Il suo corpo tremava tra le mie braccia così la coprii ancora con un'altra coperta.
"Álvaro..." mi chiamò.
"Dimmi, sono qui..." risposi dandole la mano.
Lei strinse le mie dita poi quasi sorrise.
"Puoi farmi un favore?" chiese quasi con un filo di voce "Però non voglio che ti senti obbligato..." disse ancora.
"Smettila di pensare che io mi senta obbligato a fare le cose per te." dissi quasi interrompendola.
"Okay..." disse ancora piano rigirandosi poi tra le mie braccia "Puoi prepararmi un thé?" chiese poi.
Sorrisi, anche se lei non poteva vederlo ma capì quando mi alzai dale letto e sparii per qualche minuto.
Tornai poco dopo e subito notai il suo sorriso, probabilmente provocato dal mio ritorno in camera e dal profumo del thè che probabilmente era arrivato al suo naso.
La vidi alzarsi a sedere e appoggiare la schiena alla spalliera del letto mentre Paco non si era mosso di un millimetro.
Mi sedetti accanto a lei e le porsi la tazza calda, lei attorcigliò le mani attorno alla porcellana e la vidi quasi sollevata mentre il calore del thé le scaldava un po’ la pelle.
Fece un primo sorso per poi sospirare.
“Non ci voleva la febbre proprio ora...” disse.
“Cosa devi fare di così importante…?” le chiesi ridendo, in fondo, era solo fine ottobre e non c’era nessun avvenimento in arrivo.
“Nulla però...magari potevamo uscire a fare una passeggiata qua intorno...” disse insicura.
“La faremo tra qualche giorno, tranquilla.” le risposi ancora “Di Paco mi occupo io mentre tu hai la febbre.”
Le diedi un bacio sulla guancia per poi prendere la tazza del thé ancora mezza piena per appoggiarla al suo comodino.
“Dai, riposati ancora un po’ adesso...”
La coprii ancora con le coperte e lasciai la stanza per portare la mia tazza vuota in cucina e lavarla.
Tornai in camera pochi minuti dopo e lei si era già addormentata di nuovo.
Mi fermai a guardarla per un po’ e il tempo sembrava scorrere ancora più velocemente.
I suoi lineamenti tranquilli e rilassati, rilassavano anche me mentre cercavo il più possibile di prendermi cura di lei, ma la verità era che non avevo mai fatto l’infermiere in vita mia e a malapena riuscivo a dosare una tachipirina.
Sbuffai leggermente, in quel periodo ero molto ansioso, ma di una cosa ero sicuro, per lei avrei fatto di tutto.
Per lei sarei anche diventato infermiere o medico.
Accesi la tv che avevamo in camera ad un volume basso per non svegliarla e iniziai a guardare un film, uno di quei film d’azione che ci piacevano tanto e, per un momento, ero tentato dal chiederle compagnia per farci qualche coccola, ma volevo solo che si sentisse meglio e, infondo, guardarla dormire era una delle cose che mi piaceva di più.
Le immagini del film scorrevano sulla tv senza che io me ne interessassi minimamente, anche Paco iniziava a svegliarsi e, di tanto in tanto, muoveva qualche passo verso il viso di Emily, anche quando io lo guardavo male per cercare di non farla svegliare.
“Mmh...” la sentii mugolare appena “Che ore sono?” chiese poi rigirandosi verso di me con il corpo.
“Sono quasi le sette.” risposi accarezzandole la fronte “Buongiorno principessa...” dissi ancora con una risata.
Lei rise con me e si accoccolò al mio petto mentre Paco le era già salito sulla pancia per manifestarle il suo affetto.
“Stai un po’ meglio?” chiesi appoggiandole poi la mano alla fronte.
“Non proprio...mi sento tutta dolorante...” mi rispose.
“Tieni, misura la febbre almeno puoi prendere qualcosa per abbassarla...” dissi porgendole il termometro per poi sistemarglielo.
“Che mangerai stasera per cena?” chiese “Non ti sei ancora preparato nulla...” continuò.
“Non lo so, magari mi preparo qualcosa all’ultimo minuto...” pronunciai “In ogni caso, tu non devi preoccuparti.”

Alla fine ci eravamo trasferiti in salotto, là avevamo la stufetta e saremmo stati anche un po’ più caldi, a me non dispiaceva, in quel periodo soffrivo molto il freddo.
Per cena mi ero preparato una piadina e l’avevo mangiata sul divano mentre continuavo a tenerle compagnia, nonostante la febbre, era stata una delle giornate migliori in cui il tempo a nostra disposizione lo avevamo utilizzato solo ed esclusivamente per stare insieme.
Mentre stavo mangiando, Emily appoggiò la sua mano gelata al mio avambraccio scoperto dalla felpa e subito rabbrividii.
“Ma sei gelata...” dissi prendendole la coperta che si era tolta poco prima per poi farla stendere sul divano  appoggiandole anche la testa sulle mie gambe.
Finii di mangiare e poi mi stesi a fianco a lei abbracciandola stretta al mio corpo tentando di scaldarci il più possibile entrambi.
“Álvaro...” mi chiamò facendomi girare verso di lei.
“Dimmi, amore mio...” risposi.
“Non lasciarmi...” sussurrò appena, quasi con vergogna.
“Mai nella vita...” pronunciai con tono sicuro per poi  baciarle le labbra dolcemente e sentire che lei, con le poche forze che aveva, ricambiava dolcemente e approfondendo per un po’.
“Sei tutto.” dissi ancora per poi continuare a stringerla contro il mio corpo, come a proteggerla da ciò che c’era al di fuori di noi.
In quel momento, mi sentivo come non mi ero mai sentito, come se esistessimo solo noi, come se ci aspettasse una nuova vita anche se, forse, speravo che finisse presto e tornasse tutto come qualche mese prima.

You were my eyes when I couldn't see. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora