Senza una parola

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1 Gennaio 2014 ~ Venezia

Alle 9:30 eravamo già tutte sveglie. Dovevamo vestirci e sgomberare la sala in fretta, così poi avrebero potuto preparare la colazione.

Ma non avevo fame. Al cenone non avevo toccato quasi niente e a colazione mi é bastato un po' di the caldo.

La mattinata trascorse veloce: colazione, messa, pranzo.

A messa lui era dietro di me.

Non mi rivolgeva la parola dalla sera prima, quando ci eravamo scambiati la buonanotte.

Gli avevo dato un bacio, di quelli che neanche sfiori la sua pelle con le tue labbra.

Guancia a guancia.

Un bacio da antichi nobili, una tipologia di saluto che non avevamo mai adottato, prima di quella sera.

Ma ero arrabbiata.. ero molto arrabbiata. anzi.. ero ferita.

E come un vaso di cristallo, in pezzi sul pavimento, aspettavo solo che qualcuno mi raccogliesse.

Ma nessuno mi ha raccolto.

Ma avevano ragione...

Le schegge possono far male quando ti entrano nella pelle, quindi meglio non rischiare.

Avevo un freddo dento..

La lancetta sembrava una maratoneta, non la smetteva di correre.

Dopo il pranzo siamo andati a S. Marco, per una visita.

Il tempo a disposizione si stava esaurendo: presto tutti sarebbero tornati alle loro città.

Il gruppo di trento é andato via prima, a causa del treno, orario unico alle 4 di pomeriggio.

Quindi ancora prima.

Non volevo che andasse via così.

Non volevo che il mio rancore pesasse sul nostro rapporto.. insomma..

Prima di essere il ragazzo di cui sono innamorata, era anche un mio amico..

Ho mandato il ragazzo di Brescia a parlargli, preché erano amici di vecchia data, ma, al momento di salutarsi, più di un abbraccio non mi venne dato nulla.

Mentre parlavano ero così piegata dal dolore interiore, che presi a mordermi le labbra fino a farle sanguinare.

Non me n'ero nemmeno accorta, poi però ho visto il sangue sulla mano e ho sentito come bruciavano..

Il fatto e che avrei voluto mordere le sue di labbra, piano, e non uccidere le mie.

E niente, è andato via, senza una parola.

E tutto di lui mancava ad ogni mia singola parte, ancora prima che fosse uscito da quella enorme porta mosaicata.

Sapevo che la sua mancanza sarebbe cresciuta col tempo, anche perché non ero sicura di quando avrei potuto vederlo di nuovo.

Tornati al centro, dopo aver fatto altri 35 minuti di camminata da S. Marco a lì tra cazzate varie con i ragazzi di Brescia e mille foto al cielo, con la nikon di un amico, arrivò l'ora di prendere il treno.

Il sole stava già tramontando sul canal grande, e la temperatura era scesa a picco.

Dopo tanti saluti, abbracci e tristezza ci siamo avviate verso la stazione, con la certezza che li avremo rivisti al più "presto" il 9 marzo.

Il nostro treno era indecentemente pieno, e mi sono fatta altri 35 minuti in piedi.

Ero stanca dentro e fuori.

C'era una schifosissima battaglia in me, e mi stava divorando.

~continua

Una lacrima vestita di rossoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora