3. Vecchi rancori

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- 2 Settembre 2017 -
Malfoy Manor, Londra / ore 8.47

- Cosa?!?! Non è affatto possibile! Deve esserci un errore! - sbraitò Draco Malfoy, fissando la lettera che aveva tra le mani. Era arrivata poco prima da Hogwarts, ed il mittente era sua figlia: avvisava sua nonna e i suoi genitori dello smistamento della sera prima, e li informava delle sue perplessità.

- Draco, calmati. - rispose Hermione. - Non credo sia stato un errore, difficilmente il Cappello Parlante sbaglia. Cosa c'è di male ad essere un Hufflepuff? Ha fatto anche amicizia con la sua nuova compagna di stanza! Dal cognome credo che debba essere la figlia di Susan Ossas, lavora con noi al Ministero, e anche lei era una Hufflepuff ad Hogwarts. -

Ebbe un attimo di esitazione, poi poggiò una mano sulla spalla del marito. - Se ciò può rincuorarti, parlerò con Susan, oppure scriverò una lettera a Samantha per raccontarmi l'accaduto, ma ormai la scelta è fatta.-

- Non capisco tutta questa agitazione. - proruppe Narcissa Black Malfoy. Finora era rimasta in silenzio, seduta sulla poltrona in pelle dell'ampio salone di casa sua. - Sicuramente la Casa degli Hufflepuff non era la più papabile, ma di certo non esistono Case migliori o peggiori, o sbaglio? - lo sguardo tagliente della donna si poggiò sull'espressione sconfitta del figlio.

- Tua madre ha ragione, Draco. Non è un male essere un Hufflepuff, anzi... ricordi Cedric Diggory? - rispose Hermione accennando un sorriso.

- In più... - aggiunse Narcissa - Non potete permettervi di comportarvi così, siete persone ben in vista nel mondo magico: Hermione, tu ne sei il Ministro! Cosa penseranno al Ministero se passasse la voce che coloro che hanno sconfitto Colui-che-non-deve-essere-nominato, i salvatori del mondo magico, siano insoddisfatti per lo smistamento della loro ultima figlia? - il tono in cui pronunciò quest'ultima frase fu indelicato, sgradevole.

Hermione aprì bocca per controbattere, ma fu fermata dal marito il quale, scrollandosi di dosso il senso di impotenza che lo attanagliava, disse:

- Sì, mia madre ha perfettamente ragione Hermione. Non possiamo permetterci di comportarci così, finiremmo per diventare come quella feccia che ha aiutato Voldemort a compiere i suoi spregevoli piani. La superiorità di una Casa, di una razza. Il disprezzo di tutto il resto. In fondo, è iniziata così, vero madre?- Il suo sguardo era puntato su Narcissa, gli occhi luccicanti esprimevano energia pronta ad esplodere.

Narcissa non ricambiò lo sguardo del figlio, orientando il suo in direzione della statua di marmo alla sua sinistra.

- Draco... - cercò di dire Hermione.

- Dopo vent'anni dalla sua morte, ancora non riuscite a pronunciare il suo nome, madre? - la collera con cui Draco espresse quelle parole era palpabile anche ad un miglio di distanza. - Se VOLDEMORT,  o anche solo l'idea che si ha di lui, a così tanti anni di distanza, incute ancora timore, è solo per colpa vostra! Voi e le vostre sporche azioni! - Draco divenne rosso di rabbia, e le mani si strinsero a pugno. Sputava quelle parole come fossero sentenze.

Narcissa si alzò di scatto dalla poltrona, mettendosi di fronte al figlio, questa volta affrontandone lo sguardo: - Io non ho fatto nulla! Se sono qui e non ad Azkaban, come tuo padre, è perché io non ho ucciso nessuno! - urlò la donna.

- No, è vero. Ma non avete nemmeno fatto niente per fermarli. - rispose Draco deciso, risoluto. La voce forte e calma.

Gli occhi di Narcissa iniziarono ad inumidirsi, mentre cercò di abbracciare il figlio, ma non fece in tempo, perché Draco si divincolò dalla sua presa e, con una scusa, scomparve.

- Ora devo andare al lavoro. - arretrò di due passi e si smaterializzò.

Narcissa allora tese una mano in direzione di Hermione. Due lacrime le rigarono il volto.

- Anche tu la pensi così? -

Ma, come Draco prima di lei, anche Hermione, testa china e voce rotta, si allontanò di un passo e disse:

- Mi dispiace, devo andare. -

Si smaterializzò all'istante.

Narcissa sprofondò sulla poltrona di pelle e, portandosi entrambe le mani al viso, iniziò a piangere. Un pianto che percorse i vent'anni precedenti.

L'orologio magico di alta manifattura, appeso sulla parete del salone, rintoccò le 9.15. Per molto tempo, i rintocchi e il pianto di Narcissa furono le uniche cose che si udirono in quella immensa casa.

Così prestigiosa, così vuota.

Per sempre || ScoroseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora