3.Il Primo Fuoco

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Tornati a casa e alla noiosa e ciclica vita scolastica ci si aspetta di essere abbastanza malinconici o per lo meno non motivati, soprattutto per il duro lavoro che la tesina avrebbe richiesto, eppure non fu così. Quei tre giorni ebbero un effetto rigenerante, brillavo di nuova luce e il mio profitto ne fu influenzato positivamente.
Passavo le mie giornate tra lo studio e lo stare con Andrea, e non avrei potuto chiedere di meglio, un po' come il duro lavoro ricompensato dal ristoro della sua compagnia.
Uno di quei pomeriggi passati a giocare con la Play nella penombra della mia stanza e allietati dal fresco di un ventilatore, spezzò la solita routine.

K-Che cazzo fai, dovevi lanciare quella bomba a grappolo prima, adesso abbiamo perso il nostro vantaggio.

A-Non mettere ansia, abbiamo vinto lo stesso no?

K-Non c'entra nulla, a stento siamo sopravvissuti...comunque io non ho più voglia di giocare, mi sto annoiando a morte.

Non so cosa sia scattato nella sua mente in quell'istante, forse quell'idea gli balenava in mente da tempo, fatto sta che con mia grande sorpresa non mi feci prendere dal panico.

A-E se facessimo qualcosa per non annoiarci?

K-Del ti...

Mi interrupe sul momento baciandomi come mai nessuno aveva fatto, senza lasciarmi tempo di reazione, il mio cuore esplose in un battito talmente forte da togliermi il fiato per poi fermarsi qualche secondo, come se avesse esaurito le forze e per poi recuperarle.

K-Che...cosa significa...cioè...

Non lo guardavo negli occhi, non avrei retto un'altro attacco di cuore, il mio corpo era ormai tutt'un fuoco, nella mente tabula rasa, ogni pensiero di senso compiuto era impossibile da formulare.

A-Che c'è non ti è piaciuto?

Sempre con quel tono abbastanza saccente, e non posso dire che non fosse anche condito con un pizzico di provocazione. Aveva capito ciò che provavo per lui, quindi l'idea di un rifiuto era impossibile.

K-Sei un cretino.

Senza dir nulla iniziò a baciare e a mordere i lobi delle mie orecchie, aveva fatto completamente centro, proprio come sapeva sempre cosa dirmi anche in questo caso sapeva dove far leva.
Con quella tipica sensazione di bruciore e scombussolamento nel petto e allo stomaco, non mi sentivo oppresso, ma come libero dai limiti del mio corpo...della mia pelle. Ogni tocco scatenava una scarica elettrica lungo tutto il corpo.

Avvinghiati l'un con l'altro, così passò quel tardo pomeriggio fino a che non arrivò il momento di salutarci con un leggero imbarazzo da entrambe le parti, perfino io diventai rosso in viso, cosa alquanto difficile dato il color cappuccino della mia pelle.
Passai la notte insonne pensando e sorridendo involontariamente a tutto ciò che fosse successo cercando di trarne una conclusione e probabilmente anche lui, in quella stessa notte, illuminato dalla luce lunare filtrata dal vetro della finestra, pensava, immaginava.

K-"Dovremo parlarne. Sarà stato improvviso? Non m'importa, non c'è un tempo giusto o uno sbagliato per queste cose.".

A-"Vorrà sicuramente parlare. Cosa gli potrò dire mai? Non so nemmeno io quel che desidero, ma non voglio pensare sia stato uno sbaglio, d'altronde è stato ciò che sentivo di fare.".

Sotto quella luna le nostre menti si incontrarono in un unico punto.

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