5. Tra vizio e castità 1/3

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Ah il liceo, da me meta tanto agognata. Finalmente stavo vivendo appieno la mia adolescenza, o per lo meno il suo vero inizio. Nuovi compagni di classe, nuovo ambiente, nuove abitudini, insomma un'aria di novità seppur con una leggera nota stonata: sia io che Andrea eravamo stati smistati nella stessa sezione. Disastro. Insomma non che non mi abbia fatto piacere l'idea di passare 5 anni con lui al liceo, e non nego neanche l'immane quantità di film mentali che mi sia potuto fare, ma il punto era che quell'allontanamento aveva fatto sí che io potessi dimenticarlo, per così dire. Invece no, come una maledizione sembrava dovermi rimanere attaccato tutta la vita.

Quell'anno passò abbastanza in fretta, ed arrivò subito maggio. Nuovamente sia io che lui eravamo di nuovo insieme. Il nostro allontanamento era già un'avvento storico, lontano dal nostro presente, dalle nostre menti, e i fatti stessi lo dimostravano. Nelle nostre conversazioni e nei nostri rari momenti d'intimità ritornammo ad avere quello splendido rapporto d'un tempo, non definito, tra l'amicizia e l'amore.

Si stava delineando sempre più chiaramente un rapporto malsano, senza regole, senza equilibri, quasi senza...amore. Riuscite a crederci?
Un amore talmente distorto, da non poter più essere classificato nella sua naturale specie.

Col passare del tempo, o meglio, con ciò che avevo passato, le mie pressioni si fecero sempre più dirette ed incisive. D'altronde il nostro rapporto, sì, nascosto dalle luce della ribalta, andava a stringersi sempre di più, facendoci scoprire l'uno dell'altro parti ancora sepolte, insicurezze, paure, desideri, ambizioni, pensieri. Sapevo che con quell'atteggiamento non avrei conseguito risultati, ma valeva la pena provarci, lo dovevo a me stesso.

Come quasi da programma ormai, i nostri tira e molla andavano avanti da tempo, e l'ardore di luglio di certo non allietava le mie giornate. La frustrazione fu la sensazione che caratterizzò quelle settimane, cagione del mio avvicinamento all'alcool . Il continuo vedere gli altri bere per poi ridere e divertirsi con sciocchezze varie come dei bambini, fece nascere in me una certa curiosità. Un mix di tre ingredienti fatale.

Così mi decisi.
Non ricordo pressocchè nulla di quella sera, ma ho riordinato i pezzi del puzzle dalle storie raccontatemi. 14 cicchetti, anche abbastanza forti, non sono proprio un toccasana, e superano di gran lunga la soglia dell'ubriachezza. Ridenti e instupiditi giravamo per le strade semi nascosti dal buoi della notte. Cantavamo come se ci fossimo stati solo noi in giro, senza il grave peso degli sguardi giudicatori dei passanti. Un po' per le urla stonate, un po' per l'aspetto decisamente non roseo in cui ci eravamo ridotti, non passavamo di certo inosservati.

Questo violento declinare continuò e con sè portò altri vizi...la corruzione ha un lento iniziare e un veloce consumare. Ed io ne ero inconsciamente succube.

"Magari così scaccio questo mio sentirmi usato e gettato. Non ci penserò e mi divertirò. Alla faccia tua. Ti dimostrerò che non ho minimamente bisogno di te."

Quanto era dolce quella sensazione. La testa che gira, il corpo leggero e vibrante, la mente libera da pensieri, nessun freno inibitorio, nessun senso del pudore, divertimento sfrenato, alcuna cura per le conseguenze.

Credevo d'aver sostituito l'autodistruzione, ma ne avevo soltanto cambiato il tipo. Una più lenta, più letale, ma con apparenti benefici.

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