Parte Quinta

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Saranno le tre di notte, quando apro gli occhi. I folti capelli che mi popolano il cranio mi ricordano in quale vita mi sia ridestato. Per la prima volta, però, sono pervaso da un'energia nuova: posso farcela. Anche in questa vita, posso sfuggirgli.

Evidentemente, se mi addormento di giorno in un mondo mi sveglio di notte nell'altro: questa informazione potrebbe tornarmi molto utile. Ho già un piano. E non sarà divertente.

Dopo un breve passaggio a casa di John, al quale rubo una grossa sega da legna e un accendino (per una volta, ho fortuna), raggiungo la stazione e, da lì, mi dirigo verso Zurigo seguendo i binari. Dopo un paio di chilometri, mi fermo. Adocchio un albero, a qualche metro dalla ferrovia, che fa al caso mio. Taglio un ramo e lo brucio, fino a che non resta che carbone. A quel punto stacco un grosso pezzo di corteccia e, stando attento a non romperlo, ci scrivo sopra con le braci fredde:

"ATTENZIONE: FERROVIA INTERROTTA. ALBERO CADUTO".

Dopodiché mi metto con tanto olio di gomito a segare l'albero.

Alle 6 di mattina, prima che sorga il sole, il primo treno per la capitale Svizzera passa dalla stazione di St. Blasien. I macchinisti annoiati leggono il rudimentale cartello appeso accanto ai binari. Svogliatamente fanno frenare il treno. Un tronco abbattuto sbarra la strada della locomotiva. Sei uomini scendono da questa, e si adoperano per spostare il grosso larice, ignari dell'intruso che si intrufola sotto un vagone centrale. Facendo battute rozze, i manovali tornano sul mezzo e il treno riparte.

Stretto con tutte le mie forze a dei tubi di alimentazione, sotto il vagone di seconda classe, provo una paura da accapponare la pelle. La minima sporgenza sotto le rotaie potrebbe tagliarmi in due. Lo scalcinato veicolo prosegue la sua corsa forsennata facendomi sussultare ad ogni dosso, morire dentro ad ogni fermata. Le mie forze cominciano ad allentarsi. La stanchezza aumenta. Dopo due ore sospeso a forza di braccia, sento i muscoli disintegrarsi. In più, abbiamo appena passato il confine, i controlli si faranno più insistenti. All'ennesima fermata, una prima di Zurigo, decido di cambiare postazione.

Mentre i passeggeri salgono, immersi ognuno nei propri problemi domestici, esco lentamente dal nascondiglio. Da una parte del vagone c'è la banchina affollata, dall'altra una semplice parete di lamine d'alluminio, senza osservatori. Un altro colpo di fortuna. Mi affaccio da quel lato e mi aggrappo al fianco del treno in posizione verticale, ancora sospeso a forza, ma meno di prima.

L'automezzo riparte. Per due volte vedo la morte in faccia mentre un secondo treno, incrociando il mio, passa a un centimetro dalla mia spalla. Meglio salire. Arrampicatomi sul tetto, do' una breve occhiata al paesaggio. Campi coltivati si estendono in tutte le direzioni da me. Più avanti iniziano le prime, sporadiche case della periferia di Zurigo. Non posso restare qui. Riscendo sul fianco del vagone, ma a questa velocità non mi è possibile tornarne al di sotto. Mi sono fregato da solo. L'unica è aspettare che il treno rallenti, e buttarmi nei campi.

Alzo lo sguardo. Un'anziana signora, affacciata al davanzale della sua villetta, mi vede. Dannazione. E ora? Chiamerà la polizia? Il treno rallenta. La voce metallica all'interno annuncia l'arrivo alla stazione. Devo saltare. La terra sotto di me scorre così veloce... chiudo gli occhi, prendo un respiro e mi spingo via.

۲

Mentre volo a novanta chilometri all'ora verso una coltivazione di grano il mondo prende a girare, i colori nella tavolozza dei miei iridi si mischiano, perdo la percezione della gravità, i suoni diventano più intensi e confusi. Sta succedendo qualcosa di più di una rovinosa caduta. Pian piano, il dolore si fa meno acuto, i suoni e le immagini più chiari. Sono seduto su un sedile del bahn St. Blaisen - Zurigo. Rupert mi scuote una spalla.

- Svegliati, forza! -

- Cos... che è successo? -

- Hai dormito per ore, sembravi in coma. Siamo arrivati alla stazione, ma dei militari sono saliti sul treno. Credo cerchino te. -

Me? Dopo più di una settimana e a così tanti chilometri di distanza?

- A Zurigo non sei al sicuro, ragazzo. La polizia tedesca ha influenza anche lì. Devi andare a Berna. Senza farti vedere, passa da questo treno a quello a fianco. Porta non lontano da lì. -

Obbedisco rapidamente, e senza farmi vedere sgattaiolo sul mezzo adiacente. Se ho fortuna, non passeranno controllori in questo tragitto. Altrimenti, ho fatto cose più rischiose di un viaggio senza documenti. Entro in un vagone affollato e mi adagio su un sedile senza dare nell'occhio. Ho un problema più importante. Se mi sono addormentato mentre mi lanciavo in un campo di grano, non ci metteranno molto a trovarmi. Faticosamente, provo a riprendere sonno.

۲

Sono circondato da terra umida e coltivazioni distrutte, e ho una fortissima emicrania. È chiaro che arriveranno presto. Zurigo non è un posto sicuro. Tento di trascinarmi fuori dal campo, ma la testa mi pulsa, le voci che mi dicono di scappare sono fortissime e ogni muscolo del corpo mi pare a pezzi. Tra i giramenti, vedo delle persone avvicinarsi. Un ghigno mi compare sulle labbra. Non hanno ancora vinto.

Con una fitta lancinante salto in avanti e corro tra le spighe, fino a raggiungere una strada sterrata. Poco più avanti c'è una fattoria. Mi precipito verso di essa, in cerca di un mezzo per la fuga. Un uomo sta salendo sulla propria automobile proprio in questo momento. Non farlo. Non farlo. Lo afferro per una manica e lo spingo giù, chiudendomi la portiera alle spalle. Mi dispiace, ma non posso morire. Mentre il fattore mi impreca dietro spingo con tutte le mie forze sull'acceleratore.

Ho rubato una macchina, questo sì che è un crimine. Ma non avevo altra scelta. Seguo senza meta i sentieri tra i campi, fino ad imboccare una strada asfaltata. Continuo a cento all'ora per le strade, fino a vedere delle auto dai contorni poco nitidi sbarrarmi la strada. Non so guidare troppo bene, ma qualcosa ricordo. Cambio marcia e mi infilo in una via diretta verso l'interno. Proseguo sparato verso il centro di Zurigo, senza pensare alle conseguenze.

Man mano che mi avvicino le strade si fanno più strette, i palazzi più antichi e la pianta della città più complessa. Oltrepasso un ponte. Non ho la più pallida idea di dove sia Berna! Cambio direzione un paio di volte, sempre con la polizia alle calcagna, prima di ricominciare a vedere le case diradarsi. Non ci sono vie d'uscita, posso solo continuare dritto. Accellero in modo da aumentare il distacco, quando sento un forte urto.
Non posso fermarmi a guardare cos'era, non posso! Una signora grida. La mia coscienza mi spinge a scendere. Una bambina bionda, probabilmente sui sei anni, giace al suolo. I suoi occhi scuri guardano un punto inesistente a mezz'aria. Oddio, no. Non può essere vero. No, no, no, no, no...

La testa mi gira. Con gli occhi stralunati rientro faticosamente in macchina e riparto. Non sento più niente. Non penso a niente. Con gli occhi sbarrati come quelli della bambina proseguo la corsa sfrenata, i proiettili che mi fischiano intorno.

Tutto ciò che vedo è lei, immobile, a terra. Pian piano, l'udito e la vista ritornano, e con essi arrivano i rimorsi.
Sento solo paura e tristezza. Non riesco più ad andare avanti. Mi allontano dalla strada principale. Scappo via. Non mi interessa dove. Non più. Voglio solo andarmene...

Dopo infinite ore, mi accampo ai margini di un bosco. Un peso infinito mi schiaccia il cuore. Il mondo intorno a me è sempre più nero, ma in fondo alle mie pupille inondate dalle lacrime continuo a vederla, e singhiozzare "mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace..."

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