il giorno è giunto

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Oggi è il mio primo giorno di scuola, un evento traumatico per la maggior parte degli adolescenti, solo che quest'anno per me sarà diverso.
Non che sia più entusiasmante e mi invogli ad andarci, ma semplicemente sarà un azzardo.Il che è comico essendo una pessima giocatrice, ma essendoci in palio la mia vita potrei ricredermi.

Sto percorrendo la strada che si inoltra nel bosco, come da copione.
Non sono pazza, sia chiaro, c'è un motivo valido per cui una diciassettenne si inoltri fra gli alberi alle prime luci dell'alba, e non è per marinare la scuola o qualche sorta di sfida perversa.
I miei genitori sanno a cosa vado incontro, anzi in un certo senso sono obbligata a fare ciò. Ho passato gli ultimi dieci anni a prepararmi, e il fatidico giorno è giunto.

A passo di marcia seguo il sentiero sfiorando al mio passaggio le fronde e gli arbusti che ancora bagnati dalla rugiada inzuppano il mio cappotto leggero.

Mi concentro esclusivamente sul tragitto da percorrere per evitare di pensare a dove sto andando e cosa dovrò fare una volta giunta. Il percorso mi pare troppo breve, ma allo stesso tempo troppo lungo, non dipende dal sentiero tortuoso, ma semplicemente dalle mie aspettative, non saprei decidermi se voglio che il giorno finisca al più presto o ritardarne il processo il più possibile.

Fisso malinconica il terreno tappezzato dalle prime primule ancora dischiuse sospirando. Mi sembra di dire addio a tutto ciò, ma la verità è che non so a cosa vado incontro, non c'è preparazione sufficiente per accertare il mio ritorno.

Alzo lo sguardo ed intravedo il lago e mi sopraggiungono i giorni in cui lo credevo magico ed amavo crogiolarmi d'estate sulle rive assorta dai pensieri o fra le acque profonde in cerca di grotte sotterranee da esplorare.

Mi avvicino, forse per l'ultima volta ad esso. La mia immagine riflessa mi fa sobbalzare, per poi ridere della mia stupidità.
Non mi abituerò mai al nuovo colore degli occhi dato dalle lenti a contatto.
Ho dovuto cambiare il mio aspetto, non proprio drasticamente come nell'idea originale, ma solo grazie ad un compromesso con i miei genitori. Mi giungono alla mente le parole di mamma
Tesoro è necessario!
Ti devono credere un angelo!
Ne va della tua vita!
Già,della mia vita... Pensai sospirando.

Mi guardo attentamente nello specchio d'acqua.
Sono una ragazza di diciassette anni, che fra un po' diverrà maggiorenne, sempre se ci arriverò.
Ho dei lunghi e lisci capelli castano chiaro, quasi biondi, gli stessi capelli che per quel "quasi" volevano farmeli tingere. Gli occhi sono grandi e molto espressivi di un colore molto scuro, un castano che a seconda della luce arriva ad assumere colorazioni tendenti al nero. Gli stessi occhi che al momento sono azzurri, inespressivi, per niente profondi, quasi banali. Le mie labbra piene normalmente di un colore acceso tendente al rosa scuro, quasi rosse sono ora sbiadite dal rossetto quasi bianco, secondo la loro opinione di Angelo perfetto.
Naturalmente anche la mia pelle perennemente abbronzata è schiarita fino a giungere quasi il pallore creato dai quintali di trucco.
Indosso dei pantaloni abbastanza larghi per coprire le mie curve e le toniche gambe, sempre secondo la loro opinione, un angelo non dovrebbe essere volgare, dunque con curve delicate e non accentuate come i miei fianchi larghi e perfetti ed un vitino sottile.
Il seno non è generoso, anzi, quindi è forse l'unica parte del mio corpo che considerano " angelica ", e che naturalmente è quella che io odio di più. Sono alta 1;67, che io considero nella media, ho delle spalle leggermente amplie che non mi conferiscono l'idea di una fragile ragazzina.
Posso dire apertamente di non avere l'aspetto più simile ai canoni angelici. Forse a questo punto vi starete chiedendo perché hanno scelto me?
Non potevano forse trovare un ragazzo più simile alle loro caratteristiche angeliche per infiltrarsi nella schiera degli angeli come spia?

Bè, si può dire di non essere propriamente comune, ho una capacità che mi rende diversa e speciale dagli altri esseri umani, ed è la possibilità di controllare a mio piacimento la gravità e gli spostamenti d'aria.
Quindi in sintesi posso far finta di volare, proprio come un angelo vero, o almeno penso..

I primi raggi mi raggiungono scaldandomi le ossa, così decido di proseguire per il sentiero. Pian piano gli alberi si fanno meno fitti fino a giungere in una piccola radura di cui pochi sanno l'esistenza.

Poso lo zaino a terra e guardo sotto l'albero spaccato in due da un fulmine, spostando le felci sotto di esso finché non trovo il borsone precedentemente collocato nel nascondiglio.
Lo trasporto fino al centro della radura ed inizio ad aprirlo con mani tremanti.
Mi sento impaurita ed eccitata allo stesso tempo.
Infilo una mano dentro il borsone testando la consistenza soffice di ciò che c'è all'interno per cercare un qualche tipo di conforto.
Dopo due respiri profondi mi decido a liberare il contenuto del borsone rivelando due imponenti ali artificiali di un bianco candido e un telecomando per il dispositivo elettronico.

Con cautela indosso le ali come se fossero state un banalissimo zaino nascondendo le bratelle fra le pieghe della felpa dello stesso colore, ovvero bianca. Poi prendo lo zainetto precedentemente appoggiato a terra modificando  le stringhe in modo tale da divenire una borsa, dopodiché risistemo la custodia delle ali al proprio nascondiglio e prendo in mano il telecomando per l'azionamento delle ali artificiali.

È il momento.





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