la duplice natura

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Pov. Occhi di ghiaccio

E anche ieri sera il mostro che c'è in me ha preso il sopravvento, e ora, alle prime luci dell'alba sono ritornato in me... finalmente.
Odio non essere padrone di me stesso, ma capita ogni stramaledetta notte. Appena dopo il tramonto, quando sono più vulnerabile a causa della mia doppia natura, dell'essere innaturale che sono, dell'oscurità che c'è in me, che inevitabilmente si rivela al calar del sole divenendo indomito e crudele, irrefrenabile, ed è per questo che ogni notte mi confino qui. Il più lontano possibile da tutti, dove non posso nuocere a nessuno. Barricato nel luogo più nascosto del castello, dietro una maestosa porta antica, l'unica testimone della mia natura. Ma la bestia che mi ha posseduto, questa volta era diversa, più aggressiva, ed ha tentato con tutte le forze di rompere le mastodontiche catene d'oro massiccio, l'unico materiale in grado di arrestare la mia ferocia, perché sufficientemente puro. Era come se smaniasse di uscire, come se ne valesse della sua integrità, ed era attratta da ciò che vi era al di fuori della porta e ne fiutava l'odore come un predatore con una preda, ma le catene fortunatamente erano abbastanza resistenti. Ma il suo comportamento era insolito, e non mi era mai capitato prima.

Quando la parte oscura prende il sopravvento di me divengo distruttivo e non posso far nulla per frenarmi nel suo elemento, la notte. Ho adottato diverse misure per evitare di uccidere di nuovo qualcuno, sono passati centoquindici anni dalla  prima e ultima volta che ho ucciso in quello stato,e la vittima era stata il mio carissimo nonno, l'unico che insieme a sua moglie mi aveva voluto bene, che teneva a me, e non mi vedeva solo come il figlio del re bastardo, perché illegittimo.
E io l'ho ripagato con la morte.
Non mi perdonerò mai per ciò che ho fatto, per ciò che sono, un assassino.

Ancora stremato dagli spasmi dati dalla lotta interiore per riacquistare il controllo sul mio corpo afferro la chiave interamente dorata, che solo una parte di me può toccare anche se con dolore, ma niente paragonabile a se l'avessi afferrata nello stadio precedente. Mi affretto a liberarmi per poi massaggiarmi i polsi segnati e bruciati dalle catene. Poi spedito mi dirigo in bagno per una bella doccia gelida un toccasana dopo tutto quel bruciore, mentre mi friziono il corpo ripenso alla ragazza castana di ieri, ai suoi capelli, incredibilmente scuri, quasi come i miei, e inevitabilmente mi chiedo se anche ella è come me. Forse è l'unica che può capirmi, ma se così fosse, sarebbe stata inevitabilmente un pericolo per tutta Skypiea. Però non aveva pensieri malvagi, almeno di quel poco che ero riuscito a leggere, era incredibilmente difficile utilizzare il mio potere visivo su di lei, cosa altrettanto strana, non ho mai avuto difficoltà a leggere le persone, anzi, ma comunque fissandola intensamente negli occhi riuscii a captare tramite il mio potere ciò che pensava anche se parzialmente e ciò che ho letto mi aveva sorpreso e terrorizzato allo stesso tempo. Lei sapeva cos'ero e per lo stesso motivo ella forse era come me, non vi era altra spiegazione possibile. Con un solo intenso sguardo aveva capito della mia doppia natura, aveva trovato del male nei miei occhi, era come se riuscisse a leggermi, non nel pensiero, ma nell'anima, e ciò mi affascinava e terrorizzava allo stesso tempo. Ma era andata troppo vicina alla verità e il mio segreto non era mai stato così tanto in procinto di essere svelato come allora, dovevo evitare quella ragazza il più possibile, e allo stesso tempo tenerla d'occhio. Masticando questi pensieri uscii dal bagno ed iniziai a vestirmi optando per dei jeans neri strappati, una semplice maglia blu ed una giacca di pelle nera.
Mi diedi un'ultima sistema per poi afferrare lo zainetto grigio scuro dal pavimento e dirigermi alla porta sospirando per gli impegni che avrei avuto di lì a qualche minuto ed afferrai la maniglia dorata sentendo l'inevitabile fitta di dolore data dal materiale e spalancai la massiccia porta che sbattè con forza contro qualcosa, o meglio, qualcuno.
"Ma che....aaah, che botta! " Si lamentó una ragazza distesa sulla mouchette rossa che girata di  spalle si massaggiava la nuca nel punto in cui l'avevo urtata. Aveva ancora il pigiama di un candido bianco proprio come le sue normalissime ali angeliche ed era rannicchiata per qualche assurdo motivo davanti alla mia stanza. La sua figura era esile e pareva fragile, ed aveva dei lunghi capelli che cadevano scomposti in onde castane e dorate sulla mouchette scoprendole parzialmente la schiena. Era bellissima nella sua fragilità e comicità allo stesso tempo. Ella si girò lanciandomi un'occhiataccia mentre imperterrita si massaggiava la nuca scompigliando ancor di più la sua folta chioma, il viso era dolce e arrossato e sulla guancia destra aveva il segno della mouchette su cui si era addormentata, gli occhi assottigliati a lanciare saette e la bocca carnosa semichiusa a cercare di trattenere senza successo uno sbadiglio. Tutto ciò era troppo comico e mi venne da ridere anche se cercai il più possibile di smorzare la risata, ma era troppo buffa. Mi sorpresi di me stesso, erano anni che non ridevo e persino la mia risata mi parve strana tant'è che smisi immediatamente, troppo sciocciato. Non mi ricordavo più l'ultima volta che avevo trovato qualcosa divertente. Comunque quando la ragazza si stropicciò gli occhi in maniera infantile e tenera mi accorsi che era la ragazza di ieri, anche se in condizioni decisamente migliori, ed era di una bellezza sconvolgente, unica. Non pareva nemmeno la stessa ragazza. Aveva la carnagione più scura, tendente al bronzo, le labbra erano sfumate di rosso ed erano incredibilmente piene ed i capelli erano più chiari di diverse sfumature dal colore indefinibile, non erano né biondi, né castani. L'unica​ sua caratteristica "nella norma" era data da due occhioni di un gelido ed inespressivo azzurro scuro. Gli stessi occhi che mi risultavano impenetrabili, dove nascondeva ogni sua emozione, persino meglio di me, ma che veniva tradita dal resto del suo corpo. Infatti, nonostante i suoi occhi non trasmettevano nulla i pugni serrati, le labbra contratte in una linea sottile erano un chiaro segno di irritazione, ed il rossore delle guance che la rendevano irresistibile ai miei occhi era segno del suo essere imbarazzata​.
" Che ci fai TU qui ? " Le dissi dopo essermi ripreso dalla sua contemplazione rimarcando il "tu".
Lei spalancò i suoi già grandi occhioni da cerbiatto che arrivano ad assumere una grandezza sconvolgente e tenera allo stesso tempo, pareva una bambolina. Il suo rossore si intensificò, cosa che mi colmó il cuore. Non era usuale tra gli angeli mostrare così apertamente le proprie emozioni.
" Em...io, veramente stavo cercando qualcosa da mangiare....Em.. però mi sono..Em...persa." Disse il tutto guardandosi i piedi incredibilmente piccoli mentre nervosamente si cortorceva le mani.
Seriamente?!
La guardai male e lei titubante arretrò di un passo alzandosi in piedi. Mi arrivava alla spalla ed era molto minuta per essere un angelo, non ne avevo mai visti di così fragili e piccoli.
La sua altezza era ben al di sotto della media, noi angeli eravamo tutti alti più o meno uguali, sul metro e ottantacinque per le femmine, centimetro più, centimetro meno, mentre per noi ragazzi era sul metro e novanta, quasi due metri, mentre lei probabilmente non arrivava nemmeno al metro e settanta. E oltretutto era una frana ad inventare scuse plausibili. Mangiare?!...Siamo seri?!
Non mi presi nemmeno la briga di verificare la veridicità delle sue parole.

Mi avvicinai a passo svelto nella sua direzione e l'afferrai per un braccio bruscamente facendola vacillare leggermente​.
" Mi credi tanto stupido?!
Come se noi mangiassimo, andiamo potevi fare di meglio di così! " Le dissi furente. Ma come si permette a prendersi gioco di me!

Lei spalancò nuovamente gli occhioni e dovetti spostare lo sguardo per evitare di intenerirmi, lei era l'unica a suscitarmi quell'effetto.
Poi cercò i miei occhi determinata con un sorriso beffardo.
" Bè, in effetti si, sempri piuttosto stupido " dovetti concederle che aveva fegato a prendersi gioco di me, la creatura più potente nel regno dei cieli, nonché futuro re degli angeli.

Ma la prossima volta ci avrebbe pensato due volte.

La trascinai quasi di peso lungo il corridoio, nonostante le sue proteste e i suoi deboli tentativi di liberarsi dalla mia stretta.
che l'allenamento avesse inizio...






 

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