Chi sei? O meglio, cosa sei?

35 4 0
                                    

Arrivai in un piano con un lungo corridoio lussuoso ed illuminato esageratamente, i colori dominanti erano il rosso e l'oro, ma non potei soffermarmi su ulteriori dettagli perché avvertì distintamente lo sbattere delle ali al piano inferiore.

I soffitti erano elaborati da diverse raffigurazione minuziose di angeli e da quello che presupposi fossero demoni, ma la cosa di fondamentale importanza era data dalla loro altezza, erano ideati per consentirne il volo.

La struttura era stata costruita con le tecniche più alla avanguardia nel campo edile, limitando il più possibile i ponti termici, persino i vetri erano tripli, per favorire un maggior isolamento dall'esterno.
Tutto ciò vi potrà sembrare irrilevante, ma per me, che sfrutto le correnti d'aria, era significativo.

Usai il mio potere nella speranza di poter rilevare qualsiasi soffio d'aria, ma ciò che vidi non fu soddisfacente, era paragonabile all'ebrezza generata da un ventilatore a bassa potenza, in sintesi, non utilizzabile. Nonostante​ sfruttassi ogni sorta di "sottospecie" di corrente, rallentai notevolmente, ma
quando anche la spinta acquista in precedenza si ridusse irrimediabilmente, fui costretta a fermarmi.
Nel frattempo le voci dei miei inseguitori si fecero più potenti come lo sbattere e il vibrare nelle piume che divenne intenso.
Presa dal panico iniziai a correre nel lungo corridoio aggrappandomi alle colonne di marmo laterali per darmi lo slancio dopo ogni curva.

Anche se di norma ero la più brava del mio corso di educazione fisica, il peso delle ali gravava sia sulla mia residenza, sia sulla velocità della corsa. La fatica si pece sentire.                               
Iniziai a respirare affannosamente ed ad avere fitte ad un fianco, ma non potevo fermarmi per nessun motivo. Poi iniziai a sudare, dapprima lo associai all'attività motoria che stavo intraprendendo, poi però il calore si fece sempre più opprimente e soffocante, ed ebbi la sensazione che provenisse dalle mie spalle. Mi avventai con uno scatto sulla colonna di marmo bianco usando il braccio per virare senza rallentare minimamente, anzi, acquisendo così maggiore spinta, ma mentre giravo l'angolo azzardai un'occhiata ai miei inseguitori e scorsi a qualche metro da essi le fiamme, che rapide si propagano ovunque voracemente. Parevano possedere vita propria, che in qualche modo anche loro volessero partecipare all'inseguimento della sottoscritta, e fu in quel momento che collegai il tutto. I miei carceri avevano un dono, quello del fuoco.
Da quel momento in poi la situazione si aggravò notevolmente, mi furono lanciate diverse sfere infuocate che riuscì a schivarle, alcune per un soffio, solo grazie all'estenuante allenamento quotidiano che mi sottoponevano i miei genitori. Ma tra tutte le anomalie, la cosa che mi aveva suscitato particolarmente stupore era data dal  fuoco che mi veniva scaraventato conto, esso una volta mancato il bersaglio si spegneva quasi istantaneamente e non lasciava segni di bruciature sull'arredo circostante.

Sapevo esattamente come si sentiva un pollo allo spiedo,e fidatevi, non fu piacevole!
Mi sentivo fragile, non potevo usare le mie capacità, il massimo che mi era consentito era creare onde d'urto, che avrebbe finito per rompere l'arredo ed attirando altra attenzione indesiderata, oppure in alternativa lievitare come una cretina ed aspettarli.
Già, belle sciance!
Corsi senza meta limitandomi ad intraprendere percorsi il più possibile tortuosi per darmi gli slanci necessari ed evitare colpi diretti dai miei inseguitori.
Inizia così, ad acquisire terreno​, ed a intravvederli raramente dopo ogni curva, e fu allora che decidi di azzardare.

Allungai un braccio con l'intento di tastare le maniglie dorate delle porte sperando di trovare una via di fuga discreta.
Ero ormai alla seconda curva del corridoio tappezzato di rosso, che in qualche modo attutiva i miei passi pesanti, c'è da dire, che naturalmente durante il percorso avevo tastato ogni maniglia, ma le porte erano risultate chiuse a chiave, e quando la speranza inevitabilmente iniziava a sfumare ne trovai finalmente una accessibile, e senza esitazione mi fiondai all'interno. Chiusi la porta il più silenziosamente possibile e mi accasciai su di essa stremata chiudendo gli occhi mentre mi massaggiavo la fronte per alleviare il mal di testa che mi attanagliava. Appoggiai l'orecchio alla porta e trattenni il fiato.
I passi attenuati li avvertii impercettibilmente, ma il calore che mi soppraggiunse attraverso la porta mi accertò del loro passaggio.
Sospirando mi rilassai leggermente ed un piccolo sorrisino di vittoria mi raffiorò sulle labbra.
Ero ancora ad occhi chiusi quando senti il battito delle mani, qualcuno stava applaudendo, e quel qualcuno era nella mia stessa stanza, vicino, molto vicino.
Atterrita sbarrai gli occhi sobbalzando in maniera imbarazzante, e per poco non urlai.
Nella stanza, che accurai fosse una camera matrimoniale tipicamente maschile, arredata con elementi essenziali, seppur pregiati ed elaborati, vi era un ragazzo, che era comodamente adagiato al bordo del letto intento ad applaudire con fare strafottente, a mio parere.
Aveva un sorriso luminoso, il tipo di sorriso sornione che associeresti ad un serfista, luminoso, e in netto contrasto con l'abbronzatura che evidenziava sorprendentemente ogni muscolo sodo degli avambracci, messi in bella mostra da una sottile maglia griglia a maniche corte. Maglia che era sorprendentemente trasparente lasciandomi l'opportunità di apprezzare i pettorali scolpiti che si intravvedevano. Aveva diversi tatuaggi che li conferivano l'aria da cattivo ragazzo, ma che allo stesso tempo veniva smorzata da due occhioni dolci, di un azzurro chiaro, tendente al grigio, erano ipnotici, e non mi sarei mai stancata di fissarli, anzi fassarlo. Le labbra erano sorprendentemente piene e vogliose ed aveva un mento pronunciato da macio, proprio come piaceva a me. Il suo abbigliamento era casual con un semplice jeans nero, che gli calzava come una seconda pelle mettendo in evidenza le sue cosce pronompenti e ben delineate ed un pacco niente male. Alle dita portava diversi anelli e presupposi fossero d'argento con uno stemma geometrico riportato anche sulla catenina anch'essa d'argento che portava al collo. Lo stemma pareva simile a quelli in voga durante il medioevo per rappresentare la casata di appartenenza, il suo era formato da una rosa nera contornata da due cerchi intrecciati in molteplici punti. Inoltre a completare il suo look, vi era un grazioso cappello bianco e blu, che risaltava le sfumature suggestive dei suoi occhi. Da sotto il berretto spuntava una ciocca di capelli di un nero corvino, proprio come le sue lunghe ciglia poste ad incorniciargli gli occhi grigi.
Era semplicemente troppo bello per essere vero.

Si alzò con un movimento aggraziato in netto contrasto con la sua mole imponente, e senza abbandonare il ghigno da conquistatore si affrettò a raggiungermi. Insicura feci mezzo passo all'indietro per mantenere le distanze ed incontrai inevitabilmente la consistenza della porta così portai il braccio destro dietro la schiena, in un movimento fluido che sperai fosse passato inosservato ed appoggiai il palmo della mano sulla gelida maniglia dotata. Al minimo segnale di pericolo mi sarei fiondata fuori inoltrandomi in quello che sicuramente i proprietari di questa sorta di "villa" chiamavano corridoio, ma che io definivo " labirinto infernale".
Il ragazzo imperterrito avanzava, e mi soffermai a fissare ogni sua mossa assorta, pareva divino, addirittura angelico, era evidente che non proveniva dalla Terra, un esemplare così poteva essere ideato solo in cielo. Risi interiormente,in fondo è un angelo!

Ragazza! Hai gli occhi solo per accessorio?!

No, per ammirarlo.

Ci mancava solo più che gli sbavassi addosso, ma era inevitabile, pareva che tutte le mie fantasie più intime e perverse avessero ideato lui, e l'effetto era sorprendente.
E poi aveva i capelli scuri!
Ho sempre amato gli uomini dai capelli scurissimi, e lui li aveva corvini, senza contare poi gli occhi chiari in netto contrasto, scintillanti come due diamanti e profondi come gli abissi.

Già, non noti nulla di strano?!
Mi schernì la mia coscienza.

Lo fissai con occhi nuovi, ovvero frenando gli ormoni in tumulto. Aveva i capelli scuri, decisamente più scuri dei miei, e ripensai a ciò che la mia folta capigliatura castana mi aveva assicurato, ovvero un viaggio di sola andata per le prigioni. Allora perché lui è qui?
È un fuggiasco come me?
Poi lo fissai nell'insieme evitando di soffermarmi sui suoi tratti sublimi e notai che non possedeva le ali.
Era umano?

Infiltrata Negli AngeliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora