Capitolo 14

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Non ci credo. Non ci voglio credere ma è vero. Mio padre, colui che mi ha reso la vita un incubo, è davanti a me.

P: "Vi siete decide a tornare eh?"
Dice con quel suo ghigno orribile in faccia.

M: "No. Non siamo tornate. Siamo passate di qua a prendere della roba per rendere la nostra vita ancora migliore. Poi sei arrivato tu. Non meriti di vivere"

Quello che ha detto è giusto ma dirlo le ha soltanto regalato una bella frustata in pieno volto.

Striscio da lei a vedere come sta. Nel farlo mi cade una foto di me ed Ivan dalla tasca e scivola verso di lui.
Lui la raccoglie e la guarda con un sopracciglio alzato.

P: "E questo chi è?"

Io: "Non te ne frega niente"
Rispondo secca.

P: "Invece si e se non me lo dici ora sai come finisce."

Purtroppo lo so. Qualche frustata e poi mi chiude in camera per tre giorni.

Io: "Si lo so, ma non puoi farlo dato che la mia camera non è più qui e non puoi imprigionarmi come una principessa in un castello"
Dico con tutta la rabbia che ho in corpo.

P: "Stammi a sentire stronzetta... Questa è casa mia e quindi decido IO quello che succede all'interno di essa. Sennò sarò felice di far diventare i tre giorni una settimana"

Lo voglio ammazzare. Giuro che non mi sono mai sentita così con lui.
Avevamo una vita perfetta. Perfetta cazzo. E poi dobbiamo rincontrare lui. Perché?! Cosa ho fatto di male?

M: "Camilla ti prego smettila"

Serro i pugni e lo guardo dritto in quei occhi così uguali ai miei.

P: "Bene. So che non sei così cogliona. Adesso... andiamo in cucina e voi due imbecilli mi spiegate perché cazzo siete sparite!"

Mi urla in faccia e non resisto.

M: "CAMILLA NO!!!"

Un pugno stile Zar dritto sul naso lo fa barcollare all'indietro.
Si gira di nuovo verso di me una mano sul naso, ora sanguinante.

P: "Ah allora giochiamo sporco...va bene"

Alza la cintura e la frustata arriva più forte del previsto. Mi colpisce sulla spalla e se prima facevo fatica a reggermi in piedi per via della gamba rotta ora crollo per terra.
Cado malamente e un dolore lancinante si fa strada dalla mia gamba. Faccio smorfie di dolore.

Poi arriva la seconda frustata.
Sul braccio destro....

3...
Sullo stomaco...

4...
Sul fianco sinistro...

5... 6... 7...

Ogni colpo si fa più deciso e doloroso. Ormai vedo tutto sfocato, ma riesco ad intravedere mia madre che piange.

Mio padre si allontana da me e si avvicina a lei. Alza la cintura...
No...
Non anche lei...
Per favore...

La colpisce una volta e io striscio in mezzo a loro prima che lui la possa colpire una seconda volta.

Io: "Ti prego...non anche lei..."
Dico singhiozzando.

Mi guarda con occhi malefici.
Mi attorciglia la cintura alla gola e mette un piede sulla gamba rotta. Non sento più nulla apparte la certezza di essere morta.

Buio.

-Ivan-
Avevo appena finito un allenamento quando mi è arrivato il suo messaggio.

Milano. Casa mia. Ora. Ti prego.

Quelle tre parole erano bastate per farmi prendere un colpo. So che ha bisogno di me. È il pericolo.
Ma ci metterò chissà quanto ad arrivare.
Prendo di corsa la macchina e vado alla stazione.

Urlo praticamente in faccia alla tizia della cassa ma riesco ad ottenere un biglietto per Milano e a salire al volo sul treno. Sono troppo teso.

Dove ha detto che abitava? Ah si! Ho il suo vecchio indirizzo di Milano salvato nel telefono.

Continuo a chiedermi cosa possa averla costretta a chiamarmi...
Poi mi addormento.

Mi sveglio dopo poco, finalmente arrivato.

Esco di corsa dalla stazione e prendo un taxi.

Sto arrivando piccola.

-Camilla-
Mi sveglio nella mia vecchia camera ancora indolenzita. La gamba pulsa ancora di dolore e la gola brucia.

Mi guardo attorno e noto che non ci sono le stampelle da nessuna parte. Lo ammazzo la prossima volta che lo vedo quello. Chissà dove sarà mia madre. È tutta colpa mia se siamo qui. Ma non ho resistito. Dovevo fargli capire che non merita di esistere.

Mi accuccio per terra e mi metto a piangere. Lacrime che si chiedono che cosa hanno fatto per meritarsi questo.

Avevamo una vita perfetta e ora...

Qualcosa mi vibra in tasca. Il telefono. Sono sorpresa dal fatto che si sia dimenticato di togliermelo.

Ivan mi ha mandato un messaggio.

Arrivo piccola

Cosa?!
Cerco di ricordarmi e...
Ma si! Gli ho mandato un messaggio!
Non posso credere che stia arrivando. È impossibile.

Guardo l'ora sul telefono. E noto che sono stata addormentata per tre ore. Da qui a Perugia sono quattro ore.

Tra poco il mio eroe sarà qui.

Nel frattempo cerco di pensare a cose felici.

I bei tempi passati con Cristina e Monica.

Il mio arrivo a Perugia.

Le bellissime cazzate fatte con Beatrice.

Il mio primo 8 in matematica. (Si ho preso 8)

Il mio primo bacio.

Soprattutto quello. L'unica cosa che mi fa sorridere in questo momento.

Penso a lui.

Al ragazzo che mi ha cambiato la vita. Colui che mi fa vivere al meglio.
Colui che mi fa sorridere anche quando voglio solo piangere.
Colui che mi ha salvata.
Colui che non smetterò mai di amare.

Sento delle voci confuse fuori dalla porta a poi essa si apre rivelando Ivan.

Io: "Ma che?"

I: "Veloce, non abbiamo molto tempo prima che si riprenda"

Dice indicando mio padre. Dietro di lui spunta anche mia mamma.

Corro ad abbracciarlo e poi ce ne andiamo, lasciando di nuovo mio padre da solo.

Scusate per il capitolo orribile e vi dico già che non ho la minima idea di cosa scrivere ne prossimo capitolo.
Vabbe...
Ciauuuu
-cate

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 25, 2017 ⏰

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