4.

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«Whisky?» chiede dalla cucina.
«Si.» dico facendo qualche passo nel soggiorno.
Alla mia destra c'è un immenso divano ad angolo marrore con davanti un tavolino in vetro blu scuro.
Alla parete c'è un televisore appeso al muro che mostra un'immagine in bianco e nero di Seattle.
Le pareti della stanza sono tutte grigie. Solo la parete dove c'è il televidore è di un grigio più chiaro rispetto al resto delle pareti.
«Tieni.» mi dice
Io mi giro di scatto, perdo l'equilibrio e cado sul divano.
Mi si alza completamente il vestito mostrando la mia intimità.
«Sono così brutto?» dice, mettendo il broncio.
Faccio di no con la testa e lui sorride.
Posa i bicchiesi sul tavolino e mi aiuta ad alzarmi.
Abbasso per l'ennesima volta il vestito.
Giuro lo brucio.
Lo odio.
«Potresti toglierlo.» dice, riprendendosi il suo bicchiere.
Mi porge il mio, io lo prendo ma quella frase di pochi secondo fa mi torna in mente.
Distrattamente faccio cadere il bicchiere a terra.
Si frantuma in mille pezzi e il liquido ambrato all'intero, bagna il tappeto e il pavimento.
Mi chino in fretta e raccolgo i pezzi di vetro.
«Sei matta? Ti tagli. Estela!»
Urla. Accanto a me appare una donna sulla cinquantina.
«Lasci signorina, faccio io.» dice con un sorriso, pulendo il disastro che ho fatto io.
«M-mi spiace. Non volevo...» Jack mi prende la mano facendomi voltare verso di lui.
«Tranquilla. Vieni, andiamo di la.» dice, portandomi un cucina mentre Estela pulisce.
La cucina è davvero grandissima.
Più grande di tutta casa mia.
Faccio per sedermi alla sedia del bancone ma Jack mi ferma.
«Per di qua.»
Mi alzo dalla sedia e cammino al suo fianco.
Entriamo in una sala da pranzo molto grande.
Le pareti sono due grigio perla e due nere con tamponato grigio brillantinato.
Un quadro che rappresenta lo skyline di San Francisco e del ponte, occupa tutta la parete nera.
Al centro della stanza c'è un tavolo apparecchiato.
«Arrosto con verdure grigliate e patate al forno.» dice Jack, facendomi accomodare.
Jack si siede di fronte a me, dall'altro capo del tavolo.
«Che lavoro fai?» mi chiede, addentando un pezzo di arrosto.
«Sto cercando lavoro. Ho lavorato per qualche mese come barista, poi ho lavorato come cameriera in un ristorante cinese e in uno messicano.»
Dico mentre assaggio le verdure che sono squisite.
«Capisco.» dice

La cena con Jack è andata bene.
Non abbiamo parlato tanto, però nonostante questo la serata è andata bene.
Dovrei essere a casa già tempo.
«Dovrei andare. Grazie per la cena.» dico, alzandomi da tavola.
Jack si alza insieme a me da tavola e mi viene in contro.
«Aspetta.» dice, prendendomi per mano.
Sposta tutto dal tavolo, mi prende in braccio facendomi sedere.
Mi bacia.
Un bacio forte e passionale che mi toglie il respiro.
Dalla bocca passa al collo, lasciandomi dolci baci dall'orecchio fino a tutto il collo.
«Mmh...» mugolo
Jack mi guarda e mi sorride.
«Shh..» dice e torna a baciarmi le labbra.
Sento le sue mani accarezzarmi l'interno delle cosce e insinuarsi fra le mie mutandine.
Mi alza leggermente da tavola, togliendomi le mutandine e alzandimi il vestito.
Imbarazzata stringo le cosce, ma lui le divarica per dar spazio alla sua mano e continua a toccarmi.
Entra con un dito dentro e io gemo nella sua bocca che continua a baciarmi.
Si stacca da me e mi guarda negli occhi mentre io sono ancora scossa.
«Voglio farti vedere una cosa.» dice
Io lo guardo confusa ma annuisco e lo seguo.
Mi porta al piano di sopra dove ci sono diverse porte.
«È qui dentro.» dice, indicando una delle porte.
Tira fuori dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni una chiave dorata.
«Se non ti senti bene o se vuoi uscire dimmelo subito. Non esitare. Capito?»
«Jack cosi mi spaventi» dico, visibilmente a disagio.
Mi accarezza la guancia e mi bacia dolcemente.
«Ti fidi me?» mi chiede prendendomi il viso fra le mani.
Annuisco.
Lui mi bacia la fronte e apre la porta.
La stanza è completamente buia e io sono nervosa.
Cosa vuole mostrarmi?
La luce si accende e lo spettacolo che mi presenta davanti agli occhi è terribile.

You are my slaveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora