Megan era ferma senza fare niente davanti alla finestra. Era lì da circa un'ora a guardare la pioggia grigia che scendeva giù ininterrottamente dalla mattina. Il suo umore era come la pioggia, si sentiva come svuotata di ogni sentimento. Aveva passato ormai la tristezza e la disperazione dei mesi precedenti ed era subentrata una strana sensazione di vuoto. Ormai non le importava più nulla, né delle lezioni a scuola né degli allenamenti in palestra. Non sentiva le sue migliori amiche da qualche giorno, Lucinda all'inizio aveva provato a telefonarle, poi le aveva mandato dei messaggi, poi più nulla. Dopo qualche giorno, Megan le aveva inviato una frase striminzita, "scusa non ho voglia di parlare adesso".
Tredici piani più in basso la vita invece scorreva frenetica. Persone e automobili si muovevano costantemente, apparentemente senza una meta. Quel giorno la confusione era ancora maggiore, la pioggia battente infatti aveva contribuito a creare ancora più confusione in strada ma i rumori non arrivavano fin lassù, con le finestre chiuse. In realtà la casa era immersa nel silenzio più totale, a quell'ora i condomini erano tutti a lavoro o a scuola e probabilmente lei era tra i pochi abitanti nel palazzo. Tra pochi minuti sarebbe arrivata Consuelo, la colf messicana che si prendeva cura della casa, e di lei, ormai da quattro anni. Le piaceva, Consuelo, aveva attraversato mille difficoltà nella vita. Lei invece non aveva quella forza; Consuelo era scappata dal Messico per ricongiungersi al marito e al figlio, che erano entrati illegalmente negli negli Stati Uniti quasi un anno prima. Era stata arrestata dalla Cross Border Patrol appena varcato il confine ed era finita in prigione, dove era rimasta per diversi giorni in attesa della nomina di un avvocato d'ufficio. Non aveva soldi per farsi difendere da qualche studio specializzato e non aveva praticamente alcuna speranza di ottenere il visto d'ingresso. Sarebbe stata rispedita velocemente in Messico e presa in consegna dalla polizia messicana. Paradossalmente, quello era stato l'inizio della sua fortuna; il suo caso era arrivato alle orecchie di qualche attivista ispanico impegnato nella difesa dei diritti civili, che aveva girato la segnalazione allo studio legale di cui era socia la madre di Megan. Studio Delaney e soci, recitava la targa, ma in realtà i soci si riducevano ad uno, appunto la madre di Megan.
Era un bravo avvocato, la madre, ci metteva ancora passione e dopo tanti anni non era una cosa così facile. Con la professione guadagnava bene, l'appartamento di 140 metri quadri lo
avevano comprato soprattutto con i risparmi di lei. Papà invece era professore universitario, nobile attività ma dalle entrate non eccezionali. E a New York la vita era cara, molto cara.
Megan viveva agiatamente, e grazie ai genitori non le mancava assolutamente nulla, era impegnata nello studio, nello sport e nelle attività sociali della High School. Questo prima, ovviamente; prima che mamma se ne andasse. D'istinto si alzò e vagò per la casa senza motivo, alla fine si trovò ad entrare nel bagno dei genitori. Lei aveva un servizio tutto per sé , a 16 anni non poteva condividere il bagno, sarebbe stata una cosa impossibile.
Non entrava in quella stanza da molto tempo, non ne aveva motivo. Osservò incuriosita l'ambiente e l'ordine che la circondava. Apparentemente tutto era al suo posto, anche le cose di mamma erano accuratamente sistemate e non si notava neppure un granello di polvere. Era come se mamma dovesse rientrare a casa di lì a poco. C'era il suo profumo, i suoi trucchi, la sua spazzola per i capelli. Le si strinse il cuore perché notò che nella spazzola c'era ancora qualche capello biondo della mamma.
Il padre non aveva toccato nulla, come d'altra parte in tutto il resto della casa. I due accappatoi, i due spazzolini da denti, lo shampoo che lei usava da anni... e nella stanza da letto sicuramente l'armadio pieno dei vestiti, sia quelli formali che indossava sul lavoro che quelli più sportivi per la domenica.
Sentì girare la chiave nella toppa, Consuelo stava entrando per sistemare una casa già perfetta.
Uscì dal bagno e senza fretta si diresse all'entrata. Consuelo non fu meravigliata di vederla. "Ciao Megan, allora sei ancora qui." esordì. Lo disse senza particolari emozioni, solo con un velo di tristezza negli occhi. Quella parola, ancora, la irritò. Sottintendeva una critica, anche se appena accennata. Sei ancora qui a fare niente, significava. Non hai ancora ripreso la tua vita. "Si"
rispose lei, " oggi non sono andata a scuola" e con lo sguardo le disse tante altre cose: non sono andata a scuola per non sentire le parole vuote dei miei compagni e dei professori, non sono andata a scuola per non dover fare finta di essere interessata minimamente a quello che succede.
Era consapevole che di lì a poco avrebbe dovuto riprendere gli studi, la vita in qualche modo va sempre avanti, ma in quel momento le mancava una sorella maggiore, qualcuno a cui appoggiarsi e a cui non dover dare per forza delle spiegazioni.
Perdonò subito Consuelo, lei era gentile ed era stata sinceramente addolorata per quello che era successo. Era stata in quei mesi una presenza costante ma discreta, e si era comportata con affetto e dedizione prendendosi cura oltre che della casa anche di lei e del papà.
Il figlio di Consuelo aveva qualche anno meno di lei e aveva avuto difficoltà ad andare a scuola.
Si sentì in colpa perché sapeva sia quanto guadagnava Consuelo sia quanto costava la retta annuale della high school.
"Forse torno a scuola la settimana prossima." , disse. " Muy bien." rispose Consuelo con un sorriso. "È sicuramente la cosa giusta da fare, riprendere la tua vita dico, frequentare i tuoi amici, insomma... ricominciare, ecco. È quello che vuole tuo padre."
"Davvero? " domandò lei. "Certamente." rispose Consuelo, "Anche lui dovrà ricominciare una volta sistemate tutte le cose."
Istintivamente, Consuelo allungò una mano verso di lei e le fece una lieve carezza sulla guancia.
" E il bagno? " domandò Megan. Consuelo la guardò senza capire. "Il bagno?" disse.
"Sì, il bagno, la camera da letto, i libri nello studio... dovremmo eliminare tutte le cose di mamma?"
"Credo che tuo padre non ci abbia ancora pensato, credo che non sia ancora pronto per questo, desidera ancora sentire nell'aria il profumo di tua madre, circondarsi il più possibile dei ricordi. L'altro giorno stringeva nelle mani quel maglione beige a trecce di tua madre."
" Già, " disse Megan, "a qualcosa bisogna attaccarsi vero?"
" Perché non chiami Jojo? Potresti uscire un po' con lei. Ti è molto affezionata."
Megan la guardò di traverso.
"Tu non le rispondevi e allora un giorno è venuta qua sotto, l'ho trovata che mi aspettava all'uscita del palazzo. Era preoccupata per te, voleva sapere come stavi e cosa facevi.
Non aveva la forza di chiedere notizie a tuo padre. Abbiamo passato qualche minuto da Dunkin Donuts e mi ha raccontato della vostra amicizia, della scuola, dei vostri sogni. Mi aveva fatto promettere di non dirti nulla, ma penso che sia arrivato il momento per te di telefonarle, o di messaggiarla, o cosa diavolo fate voi ragazze di oggi."
Consuelo aveva appena 40 anni ma parlava come se tra lei e Megan ci fossero due ere geologiche...
"Che altro ti ha detto Jojo? Come ti è sembrata? " chiese. "Non so dirti, corazon, era preoccupata sicuramente, come ti ho detto, credo che veramente vorrebbe aiutarti a superare questo brutto momento."
Megan rimuginò un po' sulla cosa, effettivamente Jojo aveva a cuore l'amicizia con lei, amicizia nata l'anno precedente proprio in concomitanza con un momento di crisi della ragazza. Megan ricordava bene gli occhi tristi e i silenzi della compagna, la mancanza di energia e di entusiasmo... timidamente le si era avvicinata cercando di scambiare qualche parola in più e non era stato facile farla aprire. Non è che si raccontano i propri problemi al primo venuto.
Poi c'era stato quel pomeriggio in biblioteca, a studiare per preparare il compito in classe del giorno dopo; Jojo, sempre abbastanza depressa, ad un certo punto aveva scaraventato a terra il libro che teneva aperto davanti a se (ripensandoci adesso, si rammentò che di quel libro non girava una pagina da almeno dieci minuti). Il rumore secco, improvviso, si era propagato come un tuono nell'ambiente silenzioso della biblioteca; parecchi visi si erano levati, incuriositi o infastiditi, per capire cosa stesse succedendo. Jojo non aveva fatto altro che rimanere immobile a fissare davanti a sé, senza dire niente, anche le mani erano abbandonate in grembo. Megan, senza dire nulla, si era alzata e silenziosamente aveva raccolto il libro, ma invece di restituirglielo lo aveva posto accanto al suo. Non l'aveva guardata subito, non le aveva detto nulla; semplicemente, dopo tre minuti, le aveva preso la mano e le aveva chiesto se volesse andare alla toilette. Jojo si era girata con un movimento lento e fluido, quasi al rallentatore, l'aveva guardata e aveva fatto segno di sì con il viso, leggermente umido di qualche lacrima che le era scivolata di lato, sulle guance. " Grazie." le aveva detto semplicemente.
La toilette al piano terra era un ambiente asettico e quasi abbacinante, tutte piastrelle bianche lucide e con delle finestrone che si affacciavano su un giardino ben tenuto che occupava parte del retro dell'edificio.
Jojo, appena entrata, si era appoggiata ad un muro; nella toilette non c'era nessuno.
"Vuoi dirmi cosa succede? Se ti va." aveva chiesto Megan. "I miei litigano da tanto tempo, a volte più forte, altre meno, ma fino a pochi giorni fa non pensavo... insomma... non pensavo che potessero pensare alla separazione.
Invece domenica scorsa li ho sentiti discutere un'altra volta, e stavolta papà parlava di andarsene, e poi è uscito di casa ma prima di farlo è passato davanti alla porta della mia camera e mi ha guardato con degli occhi così tristi.... poi è uscito silenzioso, ha accostato la porta piano piano... insomma le cose stanno andando così. E io non credo possa farci nulla, giusto? Non staranno certo a sentire quello che potrei dire io. A loro interessa solo il lavoro e la carriera".
"Perché litigano? C'è qualcun altro di mezzo?" "Un amante, dici? No, no, ma quasi sarebbe meglio. Litigano perché ognuno pensa al proprio lavoro, ai propri interessi... non li lega più nulla se non io. Ecco, io ormai ero l'unico motivo per cui stavano insieme. Evidentemente non basto più".
"Mi dispiace, non deve essere certo facile". Che parole banali, ma non le era venuto in mente niente di meglio da dire.
Megan si era sentita quasi colpevole, lei all'epoca aveva una vita così perfetta, felice!
"Ti va di uscire, stasera?" aveva però aggiunto. " Ce ne andiamo al cinema?"
Jojo l'aveva guardata di traverso e aveva deciso che si, l'idea ci poteva stare.
E la serata non era stata per niente male, dopo il cinema si erano chiuse in un pub vicino ed erano state a parlare di tutto, fino a che il cameriere, un po' imbarazzato, le aveva fatto notare che si era fatta l'ora di chiusura. Dobbiamo rifarlo, si erano dette, e da allora effettivamente era nata una amicizia forte ma non invasiva, rispettosa degli impegni reciproci. Jojo gradualmente era entrata nel circolo delle amiche di Megan, fatto principalmente dalle altre ragazze che frequentavano la palestra in cui faceva ginnastica artistica, che la avevano accolta con gentilezza e curiosità.
Megan tornò alla realtà e fece un mezzo sorriso a Consuelo. "Credo che la chiamerò tra poco" le disse.
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Tutto il futuro davanti
Novela JuvenilUna ragazza newyorkese in un romanzo di formazione che la porterà a scoprire la vera natura di sè. YouTube: https://youtu.be/2781Gu8x7ak