L'aula era semivuota, la maggior parte dei banchi non era occupato. Invece di mettersi vicini, i cinque studenti presenti alla lezione si erano sparpagliati qua e là. Chi vicino alla porta, chi davanti alla grande finestra, altri due avevano occupato i banchi della prima fila, ma posti alle rispettive estremità. Il quinto ragazzo lo osservava da dietro un paio di occhiali bordati d'oro, dalle lenti piccole e rotonde. Una montagna di capelli crespi neri gli sormontava la faccia olivastra e appuntita, magra, in cui spiccavano al di la delle lenti due occhi color nero inchiostro, brillanti e in continuo movimento. Chandra Suresh si era seduto al suo solito banco, in posizione centrale, in terza fila. Il ragazzo era parecchio miope e, nonostante gli occhiali, a volte aveva difficoltà nella visione. All'inizio dell'anno, nelle prime lezioni aveva girovagato di banco in banco poi, convinto di aver trovato la posizione per lui migliore, non si era più spostato.
Chandra era originario di Bombay ed era arrivato negli Stati Uniti solo quell'anno, grazie ad una borsa di studio della Indian Institute of Technology. Era indubitabilmente un genio; almeno, era un genio per quanto riguardava la matematica. Per il resto, sembrava un pesce fuor d'acqua. Per il completamento del corso di studi, da Bombay lo avevano segnalato alla Columbia. La Columbia era sempre interessata ad accogliere studenti di altre nazioni, soprattutto studenti dotati come Suresh. Così il consiglio d'Istituto aveva anche fatto in modo di trovare a Suresh una stanza all'interno della scuola. Divideva un piccolo appartamento con altri tre studenti stranieri.
Gli altri quattro studenti presenti in aula erano i sopravvissuti del corso di matematica avanzata iniziato quattro anni prima e falcidiato dagli abbandoni. In quella facoltà non c'era spazio per chi tirava a campare, gli esami erano molto selettivi. Vista la tipologia e il numero dei partecipanti, le lezioni tenute dal professor Brad Foster erano particolarmente tranquille e silenziose.
Quel giorno avevano discusso delle equazioni differenziali omogenee del secondo ordine a coefficienti costanti. Suresh era già padrone dell'argomento, ma gli altri stentavano ancora.
Alla fine della lezione, Brad si avvicinò a Suresh.
"Come va, Chandra? Procede tutto bene? Ti sei ambientato ormai, spero."
Suresh abbassò leggermente lo sguardo, stringendo gli occhi miopi per mettere a fuoco il volto del professore.
"In realtà, professore, tranne la matematica il resto mi rimane ancora un po' estraneo. Qui è molto molto diverso da Bombay, dall'India, da casa."
"Ti manca, l'India? O ti manca più casa?"
Non sapeva granché, del ragazzo .
"Mi mancano tante cose. Non è facile, come può immaginare."
Sorrise in maniera triste e non proseguì il discorso.
"Cosa ti manca di più, Chandra?"
"Ah professor Foster... il clima sicuramente... a tutto questo freddo non sono abituato . Abbiamo inverni molto miti a Bombay, la temperatura raramente scende sotto i 17 18 gradi. Non è come qui... forse mi avrebbero dovuto mandare a Stanford. Lei è mai stato in California, professore?"
"Si, ma solo da ragazzo. Però ho conosciuto alcuni miei colleghi insegnanti della Cal Tech di Pasadena. Un'ottima università. Sarebbero stati sicuramente interessati ad averti con loro. Ma forse il tuo sogno sarebbe stato quello di studiare con il professor Venkatesh di Stanford, il vincitore della medaglia a Fields. Peccato per New York."
"Per me New York è un'ottima opportunità, professore. Non avrei mai sperato di arrivare qua, per me è un sogno. Sono grato a tutti voi e a lei, professore, per l'ottima accoglienza. Un grande paese, gli Stati Uniti d'America. Avete il meglio di tutto."
L'aula era vuota, dalla finestra entrava la luce calda del sole. Il professore alzò leggermente il braccio destro e con la mano andò come ad intercettarne i raggi. Ne sentì il calore sul palmo.
Pensò che tutto il meglio che avevano in America non era bastato a salvare la vita di Sophia. Per alcune cose, l'uomo era ancora in balia dei capricci della natura. Nonostante le ricerche, l'uomo non era ancora in grado di curare il raffreddore. Figuriamoci un cancro al pancreas. Sophia se n'era andata così velocemente..
"Ma oggi è caldo anche qui, vero Chandra? C'è un bel sole. Peccato stare al coperto. "
Abbassò la mano lentamente.
"Che fai dopo le lezioni, Chandra? Intendo dire, quando non studi."
"Sfrutto l'ottima connessione internet della facoltà per collegarmi con casa mia. Ho comprato a mamma un computer, così ci possiamo parlare e vedere tramite Skipe. E parlo anche con le mie cinque sorelle."
"Cinque sorelle! Accidenti che famiglia numerosa. Noi abbiamo solo una figlia."
Noi. Di nuovo. Ancora non riusciva a parlare al singolare. La famiglia era ormai composta da due sole persone. Due sole. Se lo doveva ricordare, doveva diventare una cosa normale, un pensiero automatico.
"Io sono il più piccolo, le mie sorelle sono tutte sposate. Si figuri che ho sette nipoti."
"Sport? Amici? "
"Pochi amici, professore. In realtà faccio una vita molto tranquilla. I miei amici sono in India. Qui alla Columbia ho conosciuto diversi ragazzi, ma ognuno ha la sua vita. Sa com'è. E per lo sport non sono portato. Mi piacciono gli scacchi."
"Gli scacchi non sono uno sport, Chandra, vero?", sorrise il professore.
"Forse uno sport della mente, che dice?"
Sorrise anche Chandra, il professor Foster gli stava simpatico.
"Senti Chandra, se ti va, ma veramente senza impegno... che ne diresti di venire a cena da me, stasera? Se hai altre cose da fare non c'è problema, non ti preoccupare. Siamo solo io e mia figlia Megan. Una serata tranquilla."
Non sapeva perché l'avesse invitato, in realtà fino a trenta secondi prima l'idea non lo aveva proprio sfiorato.
"Professore la ringrazio, è un grande onore ma non so se sia opportuno. Non vorrei disturbare."
"Nessun disturbo Chandra. Facciamo così, alle 18 passa in sala professori così andiamo insieme."
"Va bene professore, grazie per l'invito. Adesso andrei, se non deve dirmi altro."
"No, niente altro Chandra. Grazie. Ci vediamo dopo."
Chandra Suresh raccolse la sua borsa e uscì dall'aula, facendogli un ultimo saluto con la mano.
Brad prese il cellulare e scrisse a Megan. "Stasera abbiamo ospiti per cena".
Megan era appena uscita dalla lezione di Fotografia quando lesse con meraviglia il messaggio del padre. Cosa significava?
Non ne aveva idea, non avevano ospiti da cena da.... beh almeno da due anni, riteneva.
Guardò l'ora e valutò l'idea di chiamare il padre. Non è che avesse molta voglia di avere per casa qualche noioso professore .
Gli arrivò un altro messaggio del padre. "Hai qualche idea di cosa mangino gli indiani?"
Papà!!!!!!!! Ma che diavolo aveva in mente!
Lei non aveva amici o amiche indiane. Conosceva una ragazza cinese in palestra, e nella classe di Kevin c'era un ragazzo che forse era originario del Bangladesh. Magari avrebbe potuto chiedere a Kevin di girare la domanda a quest'altro ragazzo. Scartò subito l'idea, la domanda era talmente bizzarra che sarebbe sembrata una scusa per parlare nuovamente con Kevin. Anche se ne aveva voglia, in effetti.
Si decise a cercare su Google. Certo non avrebbero potuto chiedere a Consuelo di cucinare quelle cose...
"Papà, credo che la cosa migliore sia di ordinare qualcosa online .."
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Tutto il futuro davanti
Novela JuvenilUna ragazza newyorkese in un romanzo di formazione che la porterà a scoprire la vera natura di sè. YouTube: https://youtu.be/2781Gu8x7ak