2 - Rockaways

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"Jojo? Ciao amica mia... come stai?" No, non andava granché bene come esordio... " Che mi dici di bello, tesoro "... peggio ancora.
Era qualche minuto che rimuginava su come esordire, e non le veniva in mente niente. Alla fine decise semplicemente di mandarle un messaggio, in cui si scusava per la lunga assenza, per la sua voglia  di non parlare con nessuno, e la ringraziava per essersi interessata di come stava. " Hai voglia di vederci?" chiese infine. "Io si".
Dopo qualche secondo il cellulare vibrò, Jojo aveva inviato un vocale. " Ti sei decisa, finalmente... qui siamo tutte preoccupate per te. Ci vediamo noi due o estendo alle altre? No eh? Mi sa che è una proposta cretina, allora ci vediamo noi due che come primo passo dopo quello che è successo mi sembra abbastanza. Lo sai, il martedì pomeriggio io ho da fare con il coro, però appena finite le prove ci vediamo. Passa alla sala alle 17, anzi 17,30 , e ci dedichiamo tutto il resto del pomeriggio. Ciao amica mia!"
Il tono era allegro, era bello sentirla così, e l'idea di iscriversi al coro, che lei aveva lungamente sponsorizzato , era stata azzeccata, l'aveva distratta dalle preoccupazioni.
Doveva passare un paio d'ore, allora, prima di incontrarla, e decise di controllare sul registro scolastico cosa fosse successo nell'ultimo periodo. Ben presto avrebbe avuto necessità di sgobbare per recuperare il tempo trascorso, anche se sapeva di poter contare  su un po' di comprensione da parte degli insegnanti. Si rese conto con dispiacere che erano andati avanti un bel po' in quasi tutte le materie, si sarebbe dovuta far aiutare da qualcuno per recuperare, ed impegnarsi parecchio.
Presa ormai la decisione di tornare alla vita vera, provò una punta di vergogna per questo suo desiderio di andare avanti, di ricominciare a vivere veramente, e sentì  il bisogno di chiedere scusa alla mamma. Le lacrime la assalirono nuovamente, il cuore le si contrasse e  per l'emozione le mancò il respiro. Dopo qualche minuto, però, si calmò  e  mandò anche un altro messaggio,  alla Signora Crawford, l'insegnante di ginnastica. La avvisò che, se lei non avesse avuto nulla in contrario, sarebbe tornata in palestra per la lezione del giovedì.
Dopo pochi minuti le rispose con una faccina sorridente e due cuoricini. E poi con un altro messaggio in cui diceva che era molto contenta di rivederla.
Megan sorrise, le sembrava di tornare alla vita, di tornare a galla potendo finalmente respirare... aveva trattenuto il fiato per un bel po' di tempo ma adesso era arrivato il momento di tornare ad essere Megan.
Mandò un terzo messaggio, questa volta a Consuelo che era andata via ormai da parecchio. Un semplice"grazie " e una faccina sorridente. Le lacrime erano passate, anche se ne sentiva ancora il sapore sulle labbra.
E adesso forse era il caso di dedicare del tempo a rendersi presentabile, in effetti era un mezzo disastro, i capelli erano una massa informe, le occhiaie testimoniavano le poche ore di sonno e le conferivano un'aria vagamente spettrale.
Decise di andare nel suo bagno a sistemarsi un po'. Il padre sarebbe tornato di lì a qualche ora e finalmente non l'avrebbe trovata a casa; lo avrebbe avvisato per tempo.
Passando davanti alla sua camera chiese ad Alexa di suonare una delle sue playlist preferite e, abbastanza soddisfatta, si recò in bagno.
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Brad, il padre di Megan, era uno dei più giovani professori aggiunti alla Columbia University, la prestigiosa università fondata nel 1754. Si era sposato con Sophia appena laureato e Megan era nata subito dopo i canonici nove mesi; a quei tempi lui aveva appena iniziato a collaborare con una azienda informatica interessata a sviluppare un nuovo sistema di crittografia applicata alle comunicazioni internet, proprio il tema trattato nella sua brillante tesi di laurea.
Era stato uno studente modello della facoltà di matematica e si era laureato a pieni voti nonostante frequentasse già Sophia da un paio di anni. Sophia l'aveva conosciuta ad una festa improvvisata da alcuni amici, per salutare uno di loro che si trasferiva in Europa, in Italia, a seguito del padre che, essendo militare, era stato trasferito alla base Usa di Aviano dove sarebbe dovuto rimanere cinque anni.
Metà delle persone presenti a quella festa non le conosceva, e quella sera non aveva nemmeno grande voglia di stare in compagnia; era preso completamente dallo studio e di lì a un mesetto avrebbe dovuto sostenere un esame di matematica industriale particolarmente rognoso. Se ne stava quindi abbastanza in disparte, soprattutto osservando quello che gli succedeva intorno, sorseggiando lentamente un cocktail e scambiando qualche parola di circostanza con qualcuno dei suoi amici più stretti. Aveva l'intenzione di non fare brutta figura ma di lasciare la festa appena possibile, per rientrare a casa e avere almeno la possibilità di studiare tre ore.
Mentre rimuginava su queste cose, e It's raining men di Gery Halliwell risuonava dall'impianto stereo, la vide apparire, in penombra e anch'essa un po' in disparte. Parlottava con un'altra ragazza più bassa, dotata di una massa impressionante di capelli ricci e mori. Lei invece, vestita in maniera elegante ma al tempo stesso sportivo, portava i capelli, che gli sembrarono a distanza di un bel biondo dorato, raccolti sulla nuca in una acconciatura sofisticata. Tutto in lei gli apparve di gran classe, il viso delicato, il portamento eretto, insomma era una che spiccava rispetto alla media delle altre studentesse. Sembrava di un altro livello sociale, probabilmente apparteneva a qualche ricca famiglia wasp mentre quasi tutti loro provenivano dalla middle class, figli di onesti lavoratori e più o meno benestanti.
La guardò a lungo, tanto che lei alla fine se ne accorse e gli rivolse uno sguardo dal l'espressione indecifrabile, non arrabbiata ma anzi sorpresa e, forse, con un lievissimo sorriso sulle labbra.
"John, chi è quella ragazza?" sussurrò al suo amico che si era avvicinato in quel momento portando in equilibrio due piatti e due bicchieri.
"Qualcuna al di sopra delle tue possibilità, mio caro... si nota subito eh? Ti calamita l'attenzione, roba di un altro livello. Comunque, visto che lo hai chiesto, ti informo che si tratta di Sophie Delaney, studentessa di legge. È la figlia di Michael Delaney, dell'omonimo studio legale newyorkese operante da più di trenta anni. Sono specializzati in diritto societario e hanno tra i loro clienti molte aziende importanti. Significa parcelle con tanti zeri... quella ha la strada segnata, quando si laureerà avrà il posto pronto allo studio paterno e a noi non ci saluterà nemmeno più."
"Però mi ha sorriso... " mormorò Brad. "Presentamela, dai", disse all'amico. I due si avvicinarono dopo aver posato piatti e bicchieri su un tavolino li vicino.
"Ciao Sophie, ti stai divertendo? Tutto bene? Buonasera Maureen, che si dice a Legge?"
Le due ragazze guardarono John abbozzando un mezzo sorriso e poi rivolsero l'attenzione a Brad. "Chi è il tuo amico silenzioso?" chiese Maureen. Sophie invece taceva ancora. "Piacere, io sono Brad Foster, studio matematica alla Columbia. Anche voi mi sembrate abbastanza... come dire... appartate ecco. Non vi divertite? "
Questa volta prese la parola Sophie, guardandolo dritto negli occhi rispose semplicemente " Ero alla ricerca di un buon motivo per rimanere ancora qui. Mi chiamo Sophie, Sophie Delaney ".
Ancora quel mezzo sorriso sulle labbra, e lui era definitivamente perso. Era decisamente la ragazza più bella che gli fosse mai capitato di conoscere. "Anche tu studi Legge?" chiese innocentemente, come se non sapesse la risposta. "Credo che il qui presente John ti abbia già fatto un riepilogo, vero John? Che dici? Chissà cosa gli hai raccontato, vi ho visto che confabulavate. Brad, non credere a nulla di quello che può averti detto".
Dopo altre due battute John, che era un ragazzo molto sveglio, chiese a Maureen di accompagnarlo a prendere altri due cocktail così da lasciarli soli. Sgusciando via fece l'occhiolino a Brad. "Buona fortuna" sussurrò.
"Allora, a che anno sei a Legge?"
" Terzo, Maureen invece è un anno avanti a me. Matematica hai detto, allora devi avere una bella testa. Io per i numeri non sono portata, a casa mia ho respirato i codici fin da bambina."
"Figlia d'arte, insomma". "Se vogliamo dirla così " rispose, e sorrise. "Te la cavi bene, con la matematica?" "Non per vantarmi, ma sono il
migliore del mio corso  di  laurea. Tra un mese ho un esame e al momento sono molto sotto pressione. Anzi confesso che mi ero dato un time out, matematica industriale mi aspetta a casa. Ma ora...."  Brad lasciò la frase in sospeso e Sophie finse di non aver capito. "Ora?" chiese. La guardò con il capo un po' curvo e inclinato." Ora forse ho trovato il mio motivo per rimanere." " E che fai, oltre a studiare matematica?" "Oh beh ho qualche mia passione, mi piace il cinema e faccio footing la mattina presto".
"Sai Brad, chi mi conosce superficialmente di solito è intimidito da me. Lo so quello che si dice, so perfettamente quello che può averti detto John. Ma ti assicuro che sono una ragazza normalissima, non mangio nessuno e di solito rimango abbastanza simpatica. Ho la mia cerchia di amicizie e il fatto che sia benestante di famiglia non fa automaticamente di me una con la puzza sotto il naso."
"Ricca." disse Brad. "Forse è il termine più adatto. Ma io vedo una ragazza  di gran classe ed eleganza e non ho pregiudizi. Il futuro è come ce lo creiamo noi." Lei rise portando la mano alla bocca, ma poi tornò seria. " Sembra che il mio futuro, in parte sia già scritto. Per il resto, sono abbastanza libera di fare quello che voglio, e di coltivare le mie amicizie come e dove preferisco."
"Allora? Che facciamo? Che vuoi fare? Rimaniamo qui ad annoiarci o..." disse Brad. "Facciamo i bravi ragazzi e rimaniamo ancora un po', e dopo magari ne riparliamo. Adesso recupero Maureen, tu va da John. Tra un'oretta magari ti permetterò di riaccompagnarmi a casa".
"Ma dai, non viene l'autista di famiglia? Era impegnato questa sera?" scherzò Brad. "Ho trovato una valida alternativa " sorrise lei.
Brad cercò John e lo vide ancora con Maureen , sembrava che anche loro se la intendessero bene. Aspettò che Sophie li raggiungesse e la portasse via lasciando solo John, quindi lui si diresse lentamente verso il terrazzo con le mani in tasca, con la testa leggera come mai in vita sua e un sorriso cretino stampato in faccia.
John lo raggiunse quasi subito. Allora?" esordì. "Diciamo che me la gioco. Sono ottimista. È veramente una ragazza incantevole." " Già, infatti deve averti fatto proprio qualche incantesimo, hai l'espressione più sciocca che ti  abbia mai visto in volto!" "Ha qualcosa di irresistibile, non solo ovviamente è molto bella, ma anche quando parla beh... non è solo bella, è molto intelligente." " Un mix pericoloso e difficile da gestire, allora". " Si ma come ti ho detto, penso di potermela giocare. Non parto sconfitto" disse allegramente. " Di Maureen che mi dici?" "Ci conosciamo da qualche tempo, ma  lei non dà segnali che voglia qualcosa in più".
Dopo un'ora, che parve a Brad lunghissima, cercò Sophia e la vide seduta su un divano in compagnia di altri ragazzi, intenta a parlare tranquillamente e in allegria. Passò li vicino ma  lei sembrò non accorgersi di averlo visto, poi però, dopo una decina di minuti, se la ritrovò accanto. " Scusa ma si parlava di Bush e delle sue aperture alla lobby petrolifera, mi sembrava indelicato lasciare i discorsi a metà". "George Bush è un cretino" sentenziò Brad. " D'altra parte, da una famiglia che ha fatto i soldi proprio con il petrolio non è che ti puoi aspettare altro." Le sorrise. " Programmi? Ce la filiamo?" " Beh diciamo che abbiamo fatto la nostra parte e possiamo lasciare la casa senza offendere nessuno....".
Salutato con affetto il padrone di casa che di lì a pochi giorni avrebbe lasciato gli Stati Uniti, e gli amici a cui fornirono credibili scuse per lasciare anticipatamente la serata, si ritrovarono nel parcheggio della casa. L'aria era tiepida, era primavera avanzata, e profumava di buono, di fiori, nonostante si fosse in città. "Avevo programmato tre ore di studio stasera. Tu?" " Non avevo pensato a nulla, se non di annoiarmi un po' alla festa e poi tornare a casa con Maureen." "Sophie, dove abiti?" " Rockaways". Non disse la via. " Bene, allora si va verso Rockaways e magari si passeggia un po' verso la spiaggia. Ti va bene?"
Sophie accettò di buon gusto, il programma la attirava ed era curiosa.
Si ritrovarono scalzi a camminare sulla sabbia, le scarpe in mano. Brad aveva arrotolato i pantaloni, Sophie sembrava danzare leggera invece di camminare, la luna che era di tre quarti illuminava abbastanza bene il mare, che era calmo. La serata era tiepida e qua e là altre persone parlavano e camminavano. Loro avevano parcheggiato vicino ai locali, ma si erano allontanati un po'.
Nelle due ore successive Brad si ritrovò a parlare di tutto, del suo passato, la sua famiglia, gli studi, le aspettative sul futuro, la politica. Lei fu più silenziosa e lo ascoltò tranquillamente, ma a volte interveniva con osservazioni o domande che facevano capire quanto stesse seguendo con attenzione tutto quello che Brad diceva.
Furono due ore meravigliose, alla fine - era passata l'una di notte - decisero di tornare alla macchina.
Brad accese l'auto e silenzioso la accompagnò all'indirizzo che lei gli aveva dato pochi minuti prima di salire a bordo. Il tragitto fu breve ed entrambi non parlarono, Brad si stava godendo tutta la serata e quel finale così inaspettato.
Arrivarono davanti alla casa di Sophie, una bella villa in una via silenziosa, e spento il motore lei lo guardò per un attimo, sorridendo. " Grazie" gli disse . " Lo vedi che non mordo?" "Grazie a te, Sophie, sei uno splendore. E adesso?" Lei si avvicinò e lo baciò delicatamente sulle labbra. "Si vedrà. Sai dove trovarmi..... qui o in facoltà. Buonanotte, e mi dispiace averti fatto perdere quelle tre ore di studio!" Lui scoppiò a ridere "Beh senza dubbio ne è valsa la pena. Quando ci rivediamo?" " Vieni  in facoltà nel pomeriggio, mi trovi in biblioteca". Scese dalla macchina sempre con quei suoi modi leggiadri, e si infilò nell'ingresso dell'edificio.
Brad rimase per un paio di minuti fermo, con le mani sul volante, e dopo un'ultima occhiata alla luna, che era salita di parecchio in cielo, si decise ad avviare il motore. Lo aspettava un tragitto di almeno 45 minuti.
Quando arrivò davanti casa sua, si meravigliò di non ricordare minimamente come ci fosse giunto. L'ultima cosa che ricordava nitidamente era Sophie.

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