Si possono riannodare tutti i fili di una vita, aggiustare tutto, rimettere in piedi la marionetta che è in noi, quei fili che ci fanno alzare la mattina, sfidare il mondo, trovare nelle nostre gioie e nei nostri dolori le motivazioni per guardare oltre, al futuro, a chi erediterà i nostri ricordi e la nostra vita? Quando questi fili sottili vengono tagliati di netto, all'improvviso, senza darti tempo di trovare un appiglio, allora cadi e ti fai male. Riporti dei danni a volte irreparabili, la marionetta si rompe e non ne vuole sapere di rimettersi in piedi. O se lo fa, molto probabilmente, anzi sempre, pende sbilenca da una parte o dall'altra perché è praticamente impossibile ritrovare l'equilibrio precedente, riportare i fili all'esatta lunghezza. Non si può riavvolgere il nastro, tornare indietro, compiere scelte diverse cercando una strada alternativa. Il destino è immutabile di per se, è un treno in corsa che ti porta in stazione al sicuro o a schiantarti contro un ostacolo o un altro treno che viene nella direzione opposta. Cosa rimane a noi, nelle nostre possibilità? Possiamo essere così bravi da riuscire ad aggiustare le cose, i fili, senza che rimanga traccia alcuna? E i ricordi che ruolo possono avere? Sono positivi o negativi, stimoli per andare avanti od ostacoli per fermarsi e mollare tutto, abbandonare tutti i i sogni e le speranze?
Nel buio della stanza tutti questi pensieri sembravano prendere forma in una cappa soffocante, sembravano galleggiare nell'aria, nelle ombre del soffitto, anzi erano le ombre del soffitto, e ti toglievano il sonno. Quel sonno a cui ambivi arrivare, per dimenticare il mondo vero, e da cui a volte pensavi di non volerti risvegliare. La sofferenza che provavi quando riaprivi gli occhi controvoglia e dentro di te cercavi una motivazione, una sola, per alzarti da quel letto e andare avanti. E immancabilmente quella motivazione prendeva le sembianze di tua figlia, il tuo unico motivo, la tua unica fonte di luce in un oceano di oscurità.
La sentiva ancora sveglia nella sua camera anche se era molto tardi, lui quasi tratteneva il fiato e rimaneva immobile per riuscire a coglierne il respiro, i battiti del cuore, forse addirittura i suoi pensieri. Era contento perché aveva finalmente deciso di riprendere il percorso, di affrontare tutte le sfide che la attendevano.
E lui, avrebbe dovuto anche farle da mamma oppure no? Avrebbe rischiato, così facendo, di creare ulteriore confusione e difficoltà? Che atteggiamento avrebbe dovuto tenere? Da quando la loro vita era cambiata, lui era stato assente, sfuggente, e se ne vergognava. Certo, non aveva fatto mancare il suo aiuto alla figlia, ma lo aveva fatto senza passione, aveva interpretato un ruolo che doveva interpretare, ma dentro di se conosceva la realtà, la sua mancanza di convinzione, la sua mancanza di energia.
I ricordi, gli oggetti, ogni minima cosa che lo circondava gli ricordava una vita che non c'era più, la vita di un'altra persona. Come poteva aiutare sua figlia se ancora non era in grado di aiutare se stesso? Aveva basato tutta la sua vita su pochi cardini e, di questi, Sophie era quello più importante e più robusto. Doveva far si che adesso Megan vedesse in lui il suo cardine. Ma era difficile, al momento. Ce l'avrebbe messa tutta ma era difficile, perché lui stesso aveva adesso paura del futuro, come in quel settembre del 2001.
Ricordò quei giorni, indelebilmente impressi nella sua memoria. Erano giorni di felicità assoluta, non un pensiero minacciava la loro serenità, il loro rapporto era felice e perfetto come in un romanzo, nessuna nube oscurava i loro orizzonti, il loro futuro.
Erano stati cinque mesi incredibili da quella prima sera, da quella camminata in riva al mare, era cambiato tutto.
Cinque mesi di sogni ad occhi aperti in cui l'amore, che impetuoso era arrivato ad unirli, li aveva riforniti di una energia vitale quasi incontenibile. Tutto brillava, tutto odorava di buono in quella primavera spettacolare che aveva avvolto New York con una coperta fatta di luce. Tutto era bello e facile, entrambi riuscivano a fare tutto, volavano al di sopra dei problemi, nulla li fermava. Quell'esame di matematica.... superato a pieni voti, lo studio era risultato incredibilmente facile, le nozioni venivano assimilate con così facilità. Sophia era la sua droga, la sua anfetamina... invece di distrarlo dai suoi impegni scolastici, cosa assolutamente probabile per la maggior parte delle persone, lo aveva fornito di una spinta così forte che era risultato tutto molto facile. I pomeriggi di studio, le ore passate insieme a guardare il mare dalle finestre della sua casa a Rockaways ... un sogno continuo ad occhi aperti, una lucida follia forse.
Il giorno dopo quella fatidica sera, lui era andato alla facoltà di Legge, l'aveva cercata in biblioteca come gli aveva detto. All'inizio non l'aveva trovata, era quasi spaventato di averla già persa, forse quello che era successo la sera prima era tutto un sogno? Non era vero nulla? E mentre si stava quasi disperando per questo, lei era apparsa da dietro un angolo, avevano incrociato gli sguardi, e lei gli aveva sorriso! Era vero, per sicurezza si era dato un pizzicotto sul braccio. Si erano avvicinati lentamente e poi, vicini, altrettanto lentamente erano usciti fuori alla ricerca di un posto più solitario. La giornata sembrava fatta apposta, era brillante e luminosa, tiepida, accogliente. I giardini fuori della biblioteca erano affollati di studenti e qualche professore, dappertutto energia vitale irrefrenabile. Si erano dati la mano e si erano diretti all'angolo sud ovest del prato, un'area che sembrava meno battuta.
"Stanotte non ho dormito " aveva detto lui. "Preoccupato per l'esame? Avevi la coscienza sporca per non aver studiato quelle tre ore?" Lo canzonò lei. Lui rise. "Eri ancora con me, lo sei stata tutta la notte, e anche stamattina in aula. Ho faticavo a pensare ad altro". Le strinse di più la mano. " È sciocco, vero?" "Allora siamo sciocchi in due? Anch'io ti ho pensato, ieri sera e oggi.. Dalla mia camera vedevo la luna alta in cielo e la ringraziavo per averci fatto compagnia, mi chiedevo cosa avrei pensato oggi".
"Pentita? Indecisa?" aveva chiesto lui.
"Tu che dici? Siamo qui, no? Ci teniamo per mano e non ho voglia di fare altro.. non voglio pensare ad altro... anche se so che tra esattamente 50 minuti dovrò lasciarti".
"Mi farò bastare 50 minuti... per adesso."
Si erano accomodati su una panchina appena lasciata libera da un ragazzo con i capelli lunghi, vestito con una camicia con le maniche arrotolate di un incredibile color fucsia e con le cuffiette del Walkman che gli spuntavano dai ricci.
I cinquanta minuti più felici della sua vita, almeno fino a quel momento. Sophia era delicata e forte allo stesso tempo, sapeva essere allegra e seria, spensierata e profonda.
Figlia unica di uno dei più importanti avvocati di New York, non doveva essere facile riuscire ad essere all'altezza delle aspettative. Certo disponeva di grandi facilitazioni, finanziarie e sociali, ma al di là del suo innegabile fascino e del suo comportamento quasi aristocratico si rivelava una ragazza semplice come tante altre. Con una, anzi due o tre marce in più, sicuramente.
Come la sera prima, aveva parlato soprattutto lui, l'aveva fatta partecipare ai suoi sogni e alle sue speranze, alle sue passioni. Aveva parlato di tutto, perfino di cosa gli piaceva mangiare... e poi aveva taciuto, le aveva lasciato spazio, desideroso di ascoltare la sua voce. Si era immerso nei suoi occhi grigi e luminosi, con piccole pagliuzze verdi, che scintillavano al sole. Aveva osservato le sue orecchie, il suo naso, le sue mani piccole e delicate. Odorato il profumo del suo corpo, dei suoi capelli. Quel giorno non li portava raccolti come la sera prima, ma liberi di ricaderle sulle spalle con morbide onde dorate.
Sembrava più giovane.
Da quel giorno erano passati cinque mesi indescrivibili e un po' folli, in cui avevano creato una unione così forte che era sopravvissuta agevolmente allo scetticismo della rispettiva cerchia di amicizie. Il tempo trascorso insieme si era facilmente inserito negli impegni quotidiani, lo studio non ne aveva risentito affatto, anzi aveva fornito loro un motivo in più per impegnarsi in ogni materia. Sia lui che lei avevano brillantemente superato gli esami a cui si erano iscritti. La vita appariva meravigliosa.
I genitori di Brad gli avevano fatto un milione di domande, forse un po' impauriti dello status sociale di Sophia.. ma erano domande giuste, volevano capire se lui si fosse fatto in qualche modo influenzare da tutto quello che comportava frequentare una ragazza come lei. Si erano poi tranquillizzati capendo quanto lui la amasse; non avevano insistito per conoscerla personalmente e loro avevano maturato una mezza idea di sfruttare le festività natalizie per le presentazioni ufficiali.
Poi era arrivato settembre, l'undici settembre. E qualcosa era cambiato. In tutto il mondo, e in loro due. Fine dell'innocenza, della spensieratezza.
Quella mattina erano entrambi in aula, l'anno scolastico era ripreso da pochi giorni e si erano visti per qualche minuto prima di iniziare le rispettive lezioni.
Ricordò benissimo l'allarme risuonare in tutti gli edifici universitari, le facce perplesse e stupite, l'invito dei professori ad abbandonare le aule e raggiungere i punti di riunione previsti dal piano di evacuazione. Erano circa le 9, e pochi minuti prima un aereo della American Airlines proveniente da Boston si era schiantato sulle Torri Gemelle. La Cnn aveva appena interrotto le normali trasmissioni per riportare la notizia; pochi minuti dopo, anche un secondo aereo della United si era andato a schiantare sulle Torri. In tutta quella confusione, senza notizie chiare su quello che stesse accadendo, Brad si era preoccupato di rintracciare Sophia. Non era facile, tutti si spostavano da una parte all'altra e la confusione era notevole. Era molto spaventato e voleva rintracciare la ragazza al più presto. Aveva corso verso la facoltà di Legge abbandonando il suo punto di raccolta, aveva il cuore in gola. Voleva anche contattare casa, i genitori, ma in quel momento non sapeva come fare. Scrutava i volti davanti a se con preoccupazione crescente, ma alla fine l'aveva vista in mezzo alla folla, spaurita; anche lei si guardava intorno, alla ricerca di un volto conosciuto. Si erano abbracciati quasi con violenza, sollevati per essersi riuniti. Non avevano idea di cosa stesse succedendo, anche se alcune voci qua e là riportavano la notizia di un incidente aereo non molto lontano da li, su New York. In lontananza, un fumo grigiastro si era innalzato nell'aria rendendo testimonianza di qualcosa di grave.
Una giornata lunghissima, indelebile nei loro ricordi; solo nel pomeriggio erano riusciti a raggiungere l'uscita del campus. Aveva accompagnato Sophie a casa e si trattenuto per seguire i vari notiziari che trasmettevano in diretta, costantemente, gli aggiornamenti sulla situazione. Nel corso della mattina, altri due aerei erano stati dirottati, uno di questi aveva terminato il suo volo contro le mura del Pentagono. Le Torri gemelle erano crollate, si temevamo migliaia di morti. Manhattan si era trasformato in un grande cimitero.
Si erano guardati negli occhi, spaventati e increduli dinanzi a tutto quello che vedevano e sentivano. I filmati dell'impatto sulle Torri si ripetevano all'infinito.
Brad aveva ovviamente comunicato con la sua famiglia appena entrato in casa di Sophia, li aveva tranquillizzati promettendo loro di raggiungerli appena possibile.
Come quella sera di cinque mesi prima, tornò a casa non avendo il minimo ricordo della strada fatta e di cosa gli fosse successo durante il tragitto. Si ritrovò ad abbracciare il padre e la madre, con le lacrime agli occhi.
Gli chiesero come stava Sophia, e lui rispose che era molto spaventata, come tutti. Si rese conto che nella confusione della giornata non avevano stabilito cosa fare il giorno dopo. Gli appariva strano recarsi normalmente alle lezioni.
A tarda sera, ancora con le tv accese che trasmettevano ulteriori aggiornamenti, aveva chiamato Sophia e avevano stabilito di non andare al campus il giorno dopo ma di ritrovarsi nuovamente a casa di lei a Rockaways.
La vita, all'improvviso, appariva loro carica di incertezze sul futuro.
Quante cose erano successe, da allora.
Ciao amore mio, mi manchi così tanto e ti voglio tanto bene. Veglia su Megan e su di me, abbiamo ancora bisogno di te, avremo sempre bisogno di te.
Le lacrime scesero sul suo volto, silenziose, e bagnarono il cuscino.
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Tutto il futuro davanti
Novela JuvenilUna ragazza newyorkese in un romanzo di formazione che la porterà a scoprire la vera natura di sè. YouTube: https://youtu.be/2781Gu8x7ak