Megan si era svegliata riposata come non accadeva da molto tempo, e non aveva nessuna voglia di alzarsi dal letto e rinunciare al calduccio delle coperte. Anzi, appena aperti gli occhi ed elaborato il fatto che fosse ormai giorno grazie alla luce che filtrava dalla finestra, si raggomitolò in posizione fetale sul fianco destro cercando di rimandare di qualche altro minuto l'inevitabile risveglio. Ripensò alla serata precedente e all'impegno che Jojo, come solo una vera amica sapeva fare, aveva riposto nel cercare di distrarla dalle sue preoccupazioni. Persino il gioco fatto con il ragazzo dai capelli rossi, Michael, era servito a quello e doveva riconoscere che era riuscita a farla divertire. Non aveva programmi per la giornata e quindi decise con una certa ostinazione di rimanere ancora li, senza fare niente. In quel momento non sentiva alcun rumore provenire dalla casa, ma non se ne stupì perché il padre era solito essere mattiniero anche la domenica e quindi ipotizzò che fosse già uscito. Si ricordò con dispiacere che prima o poi avrebbe dovuto mettersi a studiare; soprattutto, avrebbe dovuto inventarsi qualcosa per il compito della Floyd. Una poesia. Normalmente non aveva problemi nello scrivere, se la cavava bene, ma una poesia era tutt'altra cosa e non aveva la minima idea su come affrontare la sfida. Pensò a qualcosa, ma non le venne in mente nulla. Prese il cellulare dal comodino e fece un rapido giro sui social, ma non trovò niente di particolarmente interessante. Alla fine decise di alzarsi e fare una colazione solitaria in cucina. Li la luce entrava abbondantemente dalla finestra svelando una giornata che si annunciava calda e serena, da dove era seduta intravedeva solo rare nuvole lontane che rendevano ancora più interessante la distesa del cielo di un limpido azzurro. Stava versando i corn flakes nella tazza quando il cellulare annunciò con il suo discreto trillo l'arrivo di un messaggio. Kevin le dava il buongiorno e le chiedeva quali impegni avesse per la domenica. "Probabilmente passerò tutta la giornata a cercare di fare contenta la Floyd" digitò sulla tastiera, aggiungendo una faccina con l'espressione disperata. " Kevin rispose quasi immediatamente. "Lo immaginavo, infatti. Se ti aiuto, mi dedichi la mattinata? Ti avevo detto che avevo una mezza idea, beh se ti va possiamo andare da una parte." Non le dispiaceva l'invito di Kevin, anche se le parole di Jojo della sera precedente le risuonavano ancora nelle orecchie. "Cos'hai in mente?" provò a chiedere. "Lascia fare a me, fidati. Ti do quaranta minuti per prepararti. Vengo io da te." Megan rimase con il cellulare in mano, stupita dell'intraprendenza dell'amico. Dentro di se provò una certa soddisfazione per la piega che stava prendendo la giornata, anche se non aveva ancora bene idea su come avrebbe reagito a eventuali avances dell'amico. Consumò velocemente il resto della colazione per avere il tempo di prepararsi, quaranta minuti erano pochissimi. A Phelam Gardens anche Kevin era rimasto con il cellulare in mano, stupito del suo coraggio. Aveva dedicato la sera precedente a pianificare quello che aveva in mente per la mattinata successiva, ma la parte debole della sua idea era proprio riuscire a trovare il coraggio di invitare Megan. Ma era andata bene, anzi benissimo, e lei aveva accettato. Accidenti, non era stato per niente sicuro che lo avrebbe fatto, dopo quello che si erano detti in precedenza. Adesso doveva semplicemente cercare di essere rilassato, si disse. Ma sentiva una certa agitazione crescergli in corpo, così per cercare di tranquillizzarsi verificò per la terza volta che l'attrezzatura fotografica fosse a posto. Per sicurezza decise di aggiungere nella borsa della Nikon anche una batteria supplementare, aveva intenzione di scattare parecchio, quella mattina. Si guardò allo specchio e si sentì abbastanza soddisfatto. Uscendo dalla camera si affacciò in cucina e salutò il padre e la madre, che stavano preparando con tranquillità la colazione domenicale. "Sei cascato dal letto, stamattina?", lo salutò il padre guardandolo con sorpresa. " Sei già lavato e vestito!" Kevin si avvicinò al tavolo e afferrò uno dei pancake preparati dalla madre. "Ho un impegno, stamattina." disse mentre masticava. La madre lo guardò sorpresa, di fronte a questo cambio improvviso delle abitudini del figlio, ma non disse nulla. Di solito la domenica mattina gli piaceva alzarsi tardi e le volte che avevano avuto qualche impegno mattutino avevano fatto fatica a tirarlo giù dal letto. "Cosa devi fare? Qualche impegno con la squadra di pallavolo?" gli chiese il padre, alzando lo sguardo dall'edizione domenicale del New Yrk Times. Non ricordava che il figlio gli avesse accennato qualcosa a proposito di impegni domenicali. "No, riguarda la fotografia, papà. Vado sull'Hudson, con il traghetto vado a fare delle fotografie sul fiume e alla Statua della Libertà." Finì di ingoiare l'ultimo boccone del pancake e ne prese un altro. "E' per un compito di scuola," si sentì in dovere di aggiungere, guardando la mamma. La Signora Durant, che aveva già silenziosamente redarguito il marito, guardò il figlio con aria interrogativa. "Ti sei fatto anche la barba, vedo. Hai fatto bene, quella specie di pizzetto che portavi non ti donava proprio." Continuò a guardarlo, come se attendesse una replica. Alla mamma non sfuggiva mai nulla, aveva l'indole del detective. "Hai intenzione di tornare per pranzo?" gli chiese. E, in rapida successione, aggiunse " Con chi vai?" Kevin cercò di non guardarla in faccia mentre le rispondeva, così si diresse verso il frigorifero e versò del succo di arancia nei tre bicchieri che erano già in tavola. "Dipende" rispose evasivo, sorseggiando il succo. Ma sapeva che era una battaglia quasi persa in partenza, con la mamma. "Dipende, da cosa? Dal tempo? O dai tuoi amici?" gli chiese. Adesso lo guardava con un sorriso falsamente ingenuo in viso. "Mamma, non fare come al solito... sembri l'agente Gibbs di NCIS!" scherzò Kevin, facendo riferimento alla serie televisiva preferita della madre. "Dipende da come va la mattinata. E adesso scusatemi ma devo uscire, altrimenti arrivo in ritardo all'appuntamento." Scappò da quella specie di interrogatorio e, recuperata la borsa della Nikon dalla sua camera, uscì dalla casa incamminandosi per le strade assolate di Pelham Gardens per raggiungere Megan. Nonostante fosse ancora abbastanza presto, il bel tempo e la giornata festiva avevano invogliato diverse persone ad uscire in strada; alcune portavano il cane a passeggio, e altre correvano o andavano in bicicletta. Le strade per fortuna erano ancora abbastanza sgombre dal traffico, Kevin passò davanti ad una rivendita di articoli per casalinghi e materiale edile che occupava un edificio basso circondato da muretti sormontati da leoni in pietra, e svoltò a destra imboccando Hunter Avenue, un'ampia via alberata sul cui lato sinistro si susseguivano basse case a uno o due piani mentre sul lato destro edifici molto più alti. In pochi minuti raggiunse la fermata del bus che l'avrebbe portato, dopo un lungo tragitto, nelle vicinanze del moderno palazzo di quindici piani dove abitava Megan. Si augurò di non dover attendere troppo alla fermata, in quel momento ad attendere l'arrivo del pullman c'era solo una signora anziana assorta nella lettura di una rivista. Controllò ancora una volta che l'attrezzatura fotografica fosse ben riposta nella borsa e utilizzò quei minuti di attesa per verificare gli orari di partenza dei traghetti da Battery Park. Secondo i suoi calcoli, avrebbero potuto imbarcarsi su quello che partiva alle undici in modo da avere tutto il tempo per completare il percorso. Finalmente arrivò il bus che stava aspettando, attese che la vecchia signora salisse, con una certa difficoltà, e poi la seguì accomodandosi in un posto libero vicino al finestrino. In mezz'ora sarebbe arrivato da Megan; il pensiero di vederla gli fece ritornare un po' di quell'ansia che era scomparsa negli ultimi minuti. Dopo aver chiamato il padre avvisandolo della sua intenzione di uscire, Megan si era vestita scegliendo degli abiti comodi; non aveva idea di dove volesse portarla Kevin così aveva optato per scarpe da ginnastica Nike, jeans e blusa in cotone bianco con un elastico allo scollo che le permetteva di tenerla scesa, in modo di lasciare scoperte le spalle. Nella tracollina di Michael Kors, regalatele dalla madre l'anno precedente, oltre al piccolo portafogli teneva le chiavi di casa, il cellulare e gli occhiali da sole. Il cellulare avvisò dell'arrivo di un messaggio. "Sono sotto" la avvertiva Kevin. Prese l'ascensore curiosa di sapere cosa l'aspettava, e con una certa emozione. Kevin la attendeva davanti all'ingresso, faceva su e giù con le mani in tasca e la borsa fotografica a tracolla. Appena la vide, si illuminò in viso. "Hai intenzione di farmi una lezione di fotografia?" gli chiese indicando con la mano la borsa che teneva a tracolla. "Sembra che non te ne separi quasi mai." Kevin rispose con allegria. "Oh no, nessuna lezione. Stamattina facciamo i turisti, la macchinetta fotografica ci serve per non dare nell'occhio. Poi, incidentalmente, ci toccherà anche utilizzarla e scattare qualche foto, così saremo più credibili. Con questa bella giornata, le foto verranno bene." Megan non capiva ancora le intenzioni di Kevin, ma si rassegnò di buon grado al suo fare misterioso e per il momento non fece ulteriori domande. "Dobbiamo prendere la linea 1 del metro" disse Kevin dirigendosi verso la vicina fermata. "Non andiamo mica a scuola, eh Kevin...quella la prendo tutte le mattine." Kevin la tranquillizzò. "Non ti preoccupare, ti porto in un posto più carino, arriviamo fino al capolinea." Megan realizzò che la M1 terminava a Battery Park. "Guardiamo il panorama della baia da Battery Park?" gli chiese, ormai curiosa. "No, qualcosa di meglio", le rispose lui, "prendiamo il traghetto per Liberty Island". Dopo venticinque minuti uscirono dalla metro e si trovarono davanti all'ampia distesa della baia di New York .La giornata si era fatta ancora più calda e luminosa, e le poche nuvole erano ormai scomparse all'orizzonte. Sul lato destro si allungava la Battery Promenade, con i suoi lampioni a gas bruniti, le panchine che erano affollate di turisti e l'affaccio sull'acqua, mentre poco più in là si allungavano i Giardini della Rimembranza, anch'essi pieni di turisti e semplici cittadini in cerca di svago in quella bella giornata festiva. Dopo pochi minuti, fatta la fila al botteghino, Megan e Kevin salirono a bordo del traghetto che nel frattempo si era riempito di turisti di ogni nazionalità. Si ritrovarono accanto ad un nutrito gruppo di spagnoli, che facevano fatica a contenere l'entusiasmo di due bambini di quattro o cinque anni eccitati da quella che doveva apparire ai loro occhi una vera e propria crociera. Megan aveva infilato gli occhiali da sole e adesso i due ragazzi si erano ricavati un piccolo spazio sul ponte del traghetto, appoggiati ad una ringhiera a dritta della nave. Un modesto alito di vento rendeva ancora più gradevole i raggi di sole che Megan sentiva arrivare sulla pelle del viso. Era eccitata e rilassata allo stesso tempo. Kevin le era a fianco e aveva estratto la Nikon dalla custodia mentre il traghetto aveva mollato gli ormeggi e aveva lentamente cominciato il suo viaggio. Cominciò a scattare alcune foto allo skyline di New York che si allontanava da loro, mentre davanti si stagliava Staten Island. Sulla destra, in lontananza, la Statua della Libertà che si ergeva su Liberty Island e che avrebbero raggiunto successivamente. "Sono anni che non facevo questa cosa, ci crederesti?" disse Megan. "E' bellissimo, invidio questi turisti che stanno guardando questo spettacolo per la prima volta!" Kevin le sorrise e annuì, cogliendo l'occasione per scattarle una serie di primi piani. "Per fortuna il mare è calmo, si possono scattare foto senza grandi problemi", le disse. Proprio in quel momento venne urtato da uno dei bambini spagnoli e quindi si avvicinò, più di quanto avesse intenzione, a Megan. La circondò con le braccia reggendosi alla balaustra di acciaio e si ritrovarono stretti uno contro l'altro. "Dai, scatta tu qualcosa" le disse Kevin passandole la fotocamera. Una volta presa la Nikon da Megan, Kevin le appoggiò entrambi le mani sulle spalle per tenerla ferma. Megan sentì il corpo del ragazzo appoggiato alla sua schiena, poi con la mano destra lui le accarezzò i capelli che brillavano al sole. Megan era rilassata e non fece nulla per sottrarsi alle attenzioni di Kevin, anzi ne fu consapevolmente contenta. Lo lasciò fare, in quel momento non sapeva cos'altro attendersi da lui e da se stessa. Continuò a scattare qualche foto al panorama mentre Kevin la teneva stretta. Una delle signore spagnole disse qualcosa a Kevin che lui non capì, anche se fece finta del contrario. Per non fare brutta figura le fece cenno di si con la testa. Megan invece capì benissimo, perchè grazie a Consuelo aveva imparato qualche parola di spagnolo. Si mise a ridere, imbarazzata. "Che c'è?" le fece Kevin, curioso. "Mi sa che non hai capito cos'ha detto la signora.... ?" "In effetti non ci ho capito niente. Quindi? Cos'ha detto? Dai, che lo voglio sapere, dimmi un pò." "Ha detto.... "iniziò Megan ridendo e coprendosi il volto con le mani - "che siamo una bella coppia!" Kevin diventò rosso per l'imbarazzo e l'emozione, e la strinse ancora più forte. Il cuore gli batteva in petto a più non posso. "Forse ha ragione" le sussurrò all'orecchio, e subito dopo le posò delicatamente le labbra sul collo. Un milione di brividi attraversò il corpo di Megan. Senza girarsi, continuando a guardare l'orizzonte, cercò la mano di Kevin sulla sua spalla e vi adagiò la testa, reclinandola leggermente sul lato destro. Kevin le baciò ancora il collo, annusando il suo buon profumo e rimanendo stordito dal calore che emanava dal suo corpo. "Sei scorretto, non si fa così" gli disse Megan; il tono di voce era calmo, dolce. Kevin capì che non era contrariata, e il cuore gli diede un'altra accelerata in petto."Mai fidarsi dell'altro sesso, mai. Megan..." fece lui, emozionato. Lei si girò lentamente e lo guardò negli occhi. "Si, Kevin...". Le loro bocche, vicinissime, si unirono naturalmente in un bacio dapprima esitante poi, dopo essersi scostate leggermente, tornarono ad unirsi con passione. "Sei bellissima" le disse lui, accarezzandole una guancia. Megan si sporse in avanti per baciarlo ancora, e ancora.
Tornarono con fatica alla realtà solamente quando tutt'intorno a loro si levarono gridolini e voci eccitate. Il traghetto ormai era in prossimità della Statua della Libertà, e ridusse la velocità per dare modo ai turisti di ammirare il celebre monumento. I novantatre metri complessivi della statua svettavano sulla loro destra contro il cielo azzurro. "Tenetevi, o antiche terre, la vostra vana pompa - grida essa con le silenti labbra - Datemi i vostri stanchi, i vostri poveri, le vostre masse infreddolite desiderose di respirare liberi, i rifiuti miserabili delle vostre coste affollate. Mandatemi loro, i senzatetto, gli scossi dalle tempeste e io solleverò la mia fiaccola accanto alla porta dorata.» Kevin finì di declamare il famoso sonetto di Emma Lazarus inciso nella pietra grigiorosa del basamento. Megan era piacevolmente colpita dal fatto che lo ricordasse a memoria. "Che bravo!" commentò con entusiasmo. "Non me lo sono preparato, se è quello che pensi" ribatté lui, sulla difensiva. "Non lo pensavo proprio, invece... è proprio da te, sapere a memoria questa cosa. Sei così..... tenero, inconsueto. Lo apprezzo molto." In quel momento erano alla minima distanza dalla Statua, così Kevin afferrò la Nikon e scattò una lunga serie di foto mentre il monumento scivolava lentamente davanti a loro. Megan estrasse il cellulare dalla borsetta e, avvicinatasi a Kevin, scattò un paio di selfie con lo sfondo della statua. "Ottima idea" fece lui, baciandola nuovamente. Rimasero lì, abbracciati, ad ammirare Liberty Island che scorreva dietro di loro e la Statua che rimpiccioliva lentamente mentre il traghetto invertiva la rotta per riportarli, felici, a Battery Park.
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Tutto il futuro davanti
JugendliteraturUna ragazza newyorkese in un romanzo di formazione che la porterà a scoprire la vera natura di sè. YouTube: https://youtu.be/2781Gu8x7ak