Era una mattina immobile quella che Louis scelse per andarsene.
Un sottile velo di foschia dava al paesaggio una aria surreale e ferma.
Ma, tutto sommato, a Londra non si poteva pretendere nulla di meglio.
Probabilmente, nel pomeriggio i raggi del sole avrebbero sciolto quella fastidiosa nebbia, regalando qualche ora di bel tempo.
O forse avrebbe piovuto.
Non si potevano fare previsioni, non a Londra.Quando Harry controllò il telefono, mentre sgranocchiava pigramente qualche biscotto per colazione, trovò una miriade di notifiche che invadevano il display.
Ormai si era abituato a tutto ciò: era l'effetto collaterale dell'essere un personaggio pubblico, qualcosa di perfettamente normale.
Richieste di collaborazioni, messaggi delle fans, la sua famiglia che non vedeva da secoli.Fece una doccia, canticchiando allegramente "Hey Angel", anche se quelle parole non avevano nulla di allegro.
La sua voce rimbombava soavemente fra le pareti celesti del l'enorme bagno.
Venti metri quadrati, piuttosto spoglio, ma Harry ne andava molto fiero.
Adorava la sua nuova villa, gli enormi spazi che aveva a disposizione.
Amava il suo giardino, l'acero giapponese sotto cui si rifugiava a scrivere versi d'amore, le sue aiuole di narcisi, in assoluto i suoi fiori preferiti.Si vestì faticosamente, dopo aver esaminato da cima a fondo il suo armadio che gli pareva sempre troppo vuoto.
Decise che sarebbe andato a fare shopping, quel pomeriggio.
E anche questo era perfettamente normale.
Pensava di prendere qualche nuova camicia che gli desse un'aria seria, senza fenicotteri o glitter.Solo quando riprese in mano il cellulare per scrivere a Gemma, sua sorella, notò quell'unica chiamata persa da parte di Johannah Deakin.
Ecco, questo non era normale.Johannah Deakin non gli telefonava da anni.
O forse non l'aveva nemmeno mai fatto.
E Harry aveva un groppo alla gola ancor prima di richiamarla.Compose in fretta il suo numero e attese.
Pochi istanti dopo, sentì la voce calda e morbida della donna che considerava la sua seconda madre.'Pronto?'
Harry colse subito qualcosa di strano nel suo tono di voce, come se stesse trattenendo un singhiozzo, o una risata.
-Harry, tesoro, ciao...Come stai?-Dalla cornetta provenne un gemito soffocato.
-Sto bene Jo, grazie mille. E come vanno le tue...cure?
L'amava teneramente, e non sopportava il dannato cancro che la stava distruggendo, che le aveva da tempo strappato il sorriso dolce e sincero, lo stesso del suo unico figlio maschio.
Grazie a Lottie, con cui Harry aveva mantenuto una grande amicizia, sapeva che non le rimaneva molto tempo.
Ma Johannah era una donna forte, un uragano, e non si sarebbe lasciata spazzare via facilmente, lo sapeva.-Harry...-Dalla cornetta arrivò un singhiozzo.
Non era normale nemmeno questo, perché Johannah non piangeva, Johannah era indistruttibile, imperturbabile.-Johannah, che succede?
Silenzio.
Un silenzio tombale che pesava come un'incudine.-Johannah?
-Harry?-Questa volta era la voce di Lottie, accompagnata da singhiozzi continui, ritmici in sottofondo, una melodia armonica e struggente.-Lottie, puoi dirmi che sta succedendo?
Trascorsero ancora una manciata di secondi immobili.
-Si tratta di Louis.-Harry aveva sempre apprezzato i modi diretti, concisi che aveva Lottie, ma in quel momento avrebbe solo desiderato qualcuno con più tatto.
Era passato del tempo, ma sentire il suo nome gli provocava una stretta al cuore.-Cos'è successo a Louis, Lottie?- Voleva risultare impassibile, ma il suo era un sussurro flebile e preoccupato.
-È mancato, Harry.
Il suo cuore si accartocciò su se stesso, per poi incenerirsi in un istante.
Essere bruciato vivo sarebbe stato meno insopportabile.Il ragazzo lasciò cadere il telefono dalle mani, senza più aver la forza di stringerlo.
E lui stesso si abbandonò a terra, completamente privo di energia.
All'improvviso, le sue gambe tremavano tanto da non aver più la forza di sorreggerlo.Louis non c'era più.
E che senso aveva tutto?
La vista del ragazzo era annebbiata di lacrime che non volevano uscire.
Gli bloccavano la gola, il respiro, il petto.
Harry era immobile come il paesaggio fuori dalla finestra.Immobile e freddo.
Respirò profondamente, cercando invano di mantenere la calma, di non morire sul colpo.
Inspira.
Espira.Inspira.
Espira.Chiuse gli occhi stringendo i pugni.
Poi urlò.
Urlò che non sapeva cosa dire, cosa fare, sarebbe corso a riprenderselo, se avesse potuto, avrebbe sacrificato il suo corpo per mantenere in vita la dolce anima di Louis Tomlinson.
Urlò ancora e non riusciva a esprimere ciò che gli premeva sul cuore, i polmoni, lo stomaco.
Una specie di forza di gravità che lo schiacciava sul pavimento e lo rendeva impotente, inutile.Louis era morto.
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Boobear. || Larry Stylinson
Fanfiction//In revisione// Dove Louis muore e lascia a Harry delle lettere. "Vorrei solo sentire ancora la tua voce, per un ultima volta." |Il i luoghi, il carattere dei personaggi, gli avvenimenti, sono totalmente inventati, ogni riferimento a persone e a fa...