Seven

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Per il mio sesto compleanno presi in mano per la prima volta un fucile.

Sapevo perfettamente cosa fosse, e come usarlo, ma come regalo mi era stato concesso solo il privilegio di toccarlo.

A nove anni avevo sparato per la prima volta ad un tronco, e avevo sentito l'adrenalina scorrermi nel sangue come droga.

Avevo alzato lo sguardo verso mio padre e lui aveva quell'espressione di orgoglio che i genitori rivolgono ai propri figli.

Io amavo mio padre, e quel ricordo è ancora uno dei miei preferiti.

A diciassette anni avevo scoperto che i licantropi esistevano e che, a quanto pareva, la mia scuola ne fosse zeppa.

In più avevo scoperto che mio padre aveva sempre saputo della loro esistenza.

In quel momento mi accorsi che forse non avevo mai conosciuto l'uomo che mi sedeva davanti in quel momento.

"Tesoro, che ti prende? Non hai mangiato nulla."

Misi la forchetta sul tovagliolo, alzando di nuovo lo sguardo verso il genitore da cui avevo preso tutto.

"Sono solo stanca, papà." Mentii, studiando attentamente le sue mosse.

Aggrottò la fronte, e poi prese il tovagliolo per pulirsi i baffi grigi.

"Ti sei fatta degli amici a scuola?"

Era calmo, ancora non si era accorto che io avessi scoperto che aveva preso una delle sue armi dalla cassa.

"Stiles Stilinski." Dissi, incrociando le dita e appoggiandoci sopra la testa.

Mio padre alzò un sopracciglio, facendosi più attento "Il figlio dello sceriffo?"

"Si, lui."

Mio padre storse il naso, per poi alzare le spalle "Se è come suo padre direi che non mi dispiace."

"È un bravo ragazzo." Dissi, continuando a tenere gli occhi su mio padre "Mi ha raccontato molte cose su Beacon Hills."

L'uomo accennò un sorriso, tagliando un pezzo di carte "Tipo?"

"Lui ha parlato di strane cacce, di strani cacciatori." Dissi, inclinando leggermente la testa "Tu nei sai qualcosa, papà?"

Mio padre si bloccò, le mani ancora a mezz'aria. Alzò lo sguardo.

"Cosa stai dicendo, Virginia?"

Mi lasciai svicolare contro lo schienale, incrociando le braccia al petto "Non lo so, papà, tu non dovresti dirmi nulla?"

Mio padre sospirò, e vidi una vena sul suo collo pulsare. Si alzò, e lo vidi camminare fino al mio fianco.

Si abbassò, raggiungendo con il suo viso l'altezza del mio. Era serio, serio come non mai.

"Virginia, io ho smesso con la caccia, e sai anche il perché."

Tenni lo sguardo alto: non avevo mai avuto paura di sfidarlo, e quella non sarebbe stata un'eccezione.

"Siamo sicuri che quello fosse un reale lupo, papà?"

Mio padre sgranò gli occhi, allontanandosi da me e imponendo la sua altezza.

"Non dire mai più questo genere di cose, V."

Mi alzai a mia voltai, e notai che comunque lui mi superava di circa venti centimetri.

"Sennò? Cosa mi fai, papà?"

Sapevo che mio padre stava per scoppiare, lo vedevo dai suoi occhi, ma io non sarei scappata. Non avrei fatto come lui.

"Smettila." Disse, semplicemente, e la rabbia gli scorreva nel corpo più del sangue.

Feci per parlare, per gettargli in faccia delle armi e della cassa ma, proprio in quel momento, il mio telefono, ormai abbandonato sulla tavola, prese a suonare.

Vidi dal display che era Stiles; ci eravamo dato appuntamento per andare a scuola insieme.

"È Stiles." Dissi, premendo il telefono e la borsa "Vado."

"V, aspetta." Cercò di fermarmi mio padre, ma io ero già corsa fuori casa verso la jeep di Stiles.

Vidi Stiles lanciare uno sguardo a mio padre, e non se lo fece ripetere due volte quando gli dissi di partire.

Non avevo voglia di parlare, soprattutto perché quella mattina avevo avuto la conferma che mio padre mi aveva mentito.

Sapeva qualcosa di quel mondo, e io lo odiavo.

L'unica persona del quale mi ero fidata per diciassette anni mi aveva sempre mentito.

"V, va tutto bene?"

Girai il viso verso Stiles e, in quel momento, sentii una lacrima scendermi lungo la guancia.

La raccolsi con il dorso della mano, tornando subito a guardare la strada "Sto bene."

Sapevo che Stiles non mi stava credendo.

"Se vuoi parlare, puoi farlo."  Disse, per l'appunto.

Sospirai, cercando di contenere tutto il dolore dentro il mio corpo: era pressoché impossibile.

"Sai, è brutto quando scopri che tuo padre ti ha mentito per tutta la vita." Confessai, sentendo un peso togliersi dallo stomaco "Viene fuori che lui è un cacciatore di licantropi quando pensavo fosse un semplice appassionato di caccia al cervo."

"Lo ha fatto per proteggerti, V." Disse, e sentivo che anche lui stava dicendo quelle parole per lo stesso identico motivo "Vedrai che vi chiarirete."

Lo guardai, ma vidi che lui teneva lo sguardo sulla strada.

"Lo stai dicendo solo per farmi stare meglio, vero?"

Lo vidi prendersi il labbro inferiore fra i denti, per poi sospirare.

"A volte le bugie sono necessarie, V, a volte possono salvare delle vite." Disse, e capii che anche lui non ne nascondeva pochi "Tutti ne abbiamo."

Abbassai lo sguardo, guardandomi le unghie tinte di nero, ormai screpolate.

Stiles aveva ragione.

Anche io avevo un segreto che non avrei mai potuto rivelargli, e lo stavo facendo per il bene di mio padre.

Stavo forse sbagliando?

Guardai il ragazzo: la sua espressione era rilassata ma sapevo che c'era qualcosa che lo turbava. Era bello, ed era misterioso. Stiles era una delle poche persone per cui valeva la pena mettersi in gioco, perché sapevi che non ti avrebbe mai deluso.

Avevo forse diritto di sapere?

"Stiles, io-"

Un forte scontro fece roteare la macchina in mezzo alla strada, mentre il fiato mi si fermava in gola.

Il vortice durò circa due secondi ma, quando finì, mi sembrava fossero passati anni.

Guardai Stiles, che mi stava già guardando, anche lui era sconvolto.

"Stai bene?"

Annuii, respirando a pieni polmoni "Cosa è stato?"

Stiles tornò a guardare la strada, a percorrere con lo sguardo le case che la delimitavano.

Era spaventato, e la cosa poteva solo indicare la gravità della situazione.

"Scott."

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